martedì 28 novembre 2017 - Phastidio

Web Tax | Tassateli tutti, dio riconoscerà i suoi

Su l’Economia del Corriere della Sera, questa settimana trovate un’intervista di Antonella Baccaro a Massimo Mucchetti, esponente Pd e presidente della Commissione Industria, Commercio ed artigianato del Senato, che è un po’ il co-papà (con Francesco Boccia) della Web Tax all’italiana, la rivoluzionaria imposizione che dovrà spezzare le gambe ai Signori della Rete ed al loro elusivo e-commerce, e dissetare di risorse fiscali il disidratato popolo italiano. L’intervista non appare aggiornata, nel senso che non fa cenno al rinvio al 2019 dell’entrata in vigore della legge né all’estensione del tributo alle transazioni in cui acquirente è un consumatore. Ma resta un’eccellente testimonianza antropologica di come ragiona un gabelliere socialista italiano.

Come saprete, il tributo è fissato al 6% del fatturato (non degli utili) per operazioni di contenuto “digitale”. L’idea originaria era quella di applicarla a transazioni tra imprese (B2B), ma a furor di popolo e di Boccia pare verrà estesa anche a quelle da imprese a consumatori (B2C). Si basa sul concetto di sostituto d’imposta, con rivalsa, nel senso che è l’acquirente a dover versare l’imposta, e poi rivalersi sul venditore. Se, leggendo queste parole, vi è sorta spontanea la domanda “e se il venditore non vuole indennizzare il compratore?”, sappiate che siamo con voi. Senza contare che esiste un problema di doppia imposizione per le aziende non residenti in Italia, che rischia di essere sfidato con successo nelle sedi comunitarie. Ma passiamo oltre.

Per evitare che imprese italiane con stabile organizzazione nel nostro paese paghino due volte, è previsto un credito d’imposta a loro vantaggio. Domanda: e per le imprese italiane incapienti? Per contrastare questa eventualità, le nostre imprese potranno compensare praticamente con tutto: imposte sui redditi e, in caso di eccedenze, anche con debito Irap, ritenute effettuate su compensi a terzi, contributi previdenziali e premi Inail. Possiamo comprendere la vastità dell’ambito compensabile, viste le somme in ballo e l’altissimo rischio di incapienza. Ma, come sapete, tutto si basa sul desiderio di costringere gli Over The Top a confessare la stabile organizzazione nel nostro paese, con un bel faro sparato in faccia. Anche qui sarebbe interessante capire che accadrà quando gli OTT avranno confessato la stabile organizzazione, torneranno quindi a tassazione dei profitti e non del fatturato, e faranno sparire i primi giocando sui prezzi di trasferimento, ma anche qui siamo troppo pedanti.

Sarà il ministero dell’Economia a definire le attività che ricadranno nell’ambito di applicazione della Web Tax. Qui i dubbi sono relativi al rischio di violazione dell’articolo 23 della Costituzione, che assoggetta e condiziona l’imposizione tributaria alla legge, non ai decreti ministeriali. Ma transeat pure questo. Parliamo invece dell’estensione della tassa alle operazioni B2C, quelle in cui il compratore è un privato e non un’azienda. Escluso che in questo caso il sostituto d’imposta sia il privato, pare che il nostro legislatore si orienti sulle banche, in quanto intermediario del denaro utilizzato per l’acquisto.

Ma che significa, in concreto? Che Il consumatore dovrà necessariamente pagare l’acquisto con bonifico? E chi identificherà se la transazione è relativa ad un servizio digitale? E chi usa PayPal o Bitcoin? E chi usa carte di credito, si vedrà trattenere il 6% da ogni acquisto e dovrà poi comprovare di non aver pagato per un servizio digitale ma per un abito o una borsa? O forse verrà realizzata un’imponente mappatura merceologica, con codici che identificano la transazione che ricade nell’ambito di applicazione della Web Tax? E se il residente pagasse attraverso banca estera? Ah, saperlo, di nuovo.

Torniamo all’intervista a Mucchetti, però. In essa, l’ex vicedirettore del Corriere esprime un punto che è una sorta di “presupposto d’imposta” su cui il vostro umile titolare si sente di concordare:

«[…] gli Over the top (Ott) non esportano come la Volkswagen ma lavorano in luoghi virtuali, dicono loro, una materia prima: i dati personali raccolti in loco, per rendere i loro servizi. I dati sono il petrolio del Terzo millennio ma le varie Google, a differenza dei petrolieri non li pagano. Certo, remunerare i detentori dei dati è oggi tecnicamente impossibile, ma il loro valore può essere difeso e remunerato attraverso le imposte del Paese di estrazione»

Questo è un principio del tutto corretto. Gli OTT creano valore aggiunto mediante algoritmo ma partono da una materia prima, i dati personali (sui quali viene sviluppata la profilazione del consumatore), che andrebbe remunerata. Subito dopo aver enunciato questo nobile precetto, Mucchetti cade tuttavia in “lieve” contraddizione:

Dunque solo le imprese come Google non potrebbero compensare l’imposta. C’è pericolo che si rifacciano sui consumatori finali?
«No: stiamo parlando di rapporti tra imprese. E comunque mi parrebbe un’obiezione curiosa dopo tante teorizzazioni liberiste sul trasferimento dell’imposizione fiscale dalle imprese e dalle persone alle cose»

Ora, premesso che, come detto, l’intervista è obsoleta perché parliamo anche di rapporti tra imprese e consumatori e non solo tra imprese, Mucchetti liquida la criticità in questo modo: “Cari tutti, io credo che non ci sarà traslazione del tributo sui consumatori finali (perché io so’ io, e più non dimandate), ma se anche ciò avvenisse, che problema ci sarebbe? I libbberisti non dicono sempre che meglio tassare i consumi anziché i redditi?” Non è meraviglioso, tutto ciò? A parte che questo suggerimento non viene dai libbberisti ma anche dai progressisti, prima si dice che bisogna difendere il valore economico dei dati personali dei poveri cittadini, che sarebbero “indennizzati” dalla Web Tax, e poi, di fronte alla quasi certezza che saranno esattamente loro a pagare, anziché quei cattivoni degli Over The Top, si giunge ad un robusta scrollata di spalle.

 

Ricorda un po’ i proclami medievali, prima delle battaglie campali contro gli infedeli eretici nascosti tra i correligionari degli attaccanti: “uccideteli tutti: Dio riconoscerà i suoi”. Ecco, qui Mucchetti richiama esattamente quel principio: “tassateli tutti, il Dio-Stato riconoscerà i suoi”. Quante probabilità ha la Web Tax della Repubblica Democratica Popolare italiana di vedere la luce? Poche, molto poche. Forse meglio sperare nell’azione Ocse o, in caso di inerzia di quest’ultima, della Commissione Ue, come già promesso da Margrethe Vestager. Come spesso accade, serve guardare all’Europa per sperare di evitare nuovi salassi ai contribuenti. Ma questo non ditelo ai masanielli di casa nostra. In caso di effettiva entrata in vigore, consolatevi: voi pagherete di più, ma almeno avremo dato una lezione alle multinazzzionali cattive, che affamano il mondo. Lo stesso principio, se fate mente locale, che vi è stato detto ai tempi della Tobin Tax: “sconfiggeremo la spekulazzione che affama il pianeta, vi sentirete orgoglioni di partecipare a questa battaglia di civiltà!”. E infatti, sappiamo come è finita.




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