sabato 22 agosto 2015 - Carcere Verità

Violenza in famiglia e Carcere. La donna denuncia: “Quando uscirà sarà più pazzo di prima e ho paura”

Scrivo questo articolo, nella speranza che venga letto soprattutto da quelle persone “comuni”, che quando sentono parlare di carcere e diritti, carcere e percorsi rieducativi, carcere e riforme, liquidano la faccenda dicendo: “In Italia ci sono problemi più urgenti, che pensare ai detenuti”. Col sotto testo di chi crede che chi è in galera non ha alcun diritto di pretendere alcunché.

Pubblico una puntata della trasmissione “Amore criminale”, del 4 Maggio del 2015 (andata in onda in replica due giorni fa sera).

La seconda storia parla di Giovanna, una donna che a differenza di altre, ha avuto la possibilità di intervenire di persona alla trasmissione di Rai3, perché temporaneamente, è sopravvissuta alla violenza dell’ex marito.

Tornerò dopo su quel “temporaneamente”, che ha un ruolo chiave nella vicenda.

Quella di Giovanna è una storia ordinaria, quando si parla di violenze domestiche: una donna normale, un uomo normale, che si uniscono e danno vita ad una nuova famiglia. Ma dentro le mura di casa, la “normalità” si snoda tra violenze fisiche e sessuali, insulti e controlli paranoici, del marito sulla moglie.

Giovanna sopporta questa “normalità” per 30 anni, fino a quando non riesce più a tenersi tutto dentro e comincia confidandosi col parroco. Da lì la storia comincia ad emergere e tutti coloro che gravitano intorno alla vita di Giovanna e Gerardo, il marito, vengono a conoscenza di cosa accade dietro quell’apparente normalità familiare, salvaguardata per così tanto tempo.

Giovanna decide di lasciare la casa coniugale e si rifugia con la figlia in un appartamento, badando a mantenere il marito all’oscuro dell’indirizzo.

Purtroppo la fuga ha breve durata e Gerardo rintraccia moglie e figlia e innesca una persecuzione fatta di appostamenti, insulti, minacce di morte, biglietti minatori e disperate richieste di riconciliazione.

Fino al momento in cui arriva la polizia e la Giustizia: prima lo condannano agli arresti domiciliari e poi, dopo l’infrazione dei domiciliari da parte di Gerardo, lo arrestano.

Gerardo è ora in carcere, condannato a tre anni e qualcosa per un capo di imputazione e ad un anno e qualcosa per un altro.

La puntata volgeva al termine e la mia attenzione cominciava ad affievolirsi, fino a quando ho sentito Giovanna dire queste parole:

“Quando uscirà, io me lo ritroverò più pazzo di prima, più sclerato di prima. Uscirà peggiorato e questo mi fa paura. (…) e di questa paura vivo, che appena uscirà, se a questo non fanno un percorso in carcere, questa è la mia fine”.

Giovanna sta contando i giorni che la separano dalla liberazione del marito, come il condannato conta i giorni che lo separano dall’incontro col boia: una donna morta che cammina. Una donna che è ancora, temporaneamente, viva.

Questa storia è una delle ragioni per cui occorre parlare di carcere, affinché la pena rientri nel compito che i padri costituenti le affidarono: rieducare ai valori migliori della società, chi aveva sbagliato.

Se un giorno questa donna morirà veramente, per mano dell’ex marito a cui si è ribellata, la colpa dell’assassino verrà suddivisa tra tutti quelli che hanno pensato e pensano, che parlare di carcere in Italia, con i problemi che ci sono, sia inutile.

Questo è il video della puntata, per chi ha voglia di scardinare qualche pregiudizio e cominciare a vedere la pena, non solo come il luogo dove scaricare i colpevoli (il carcere), ma anche come l’opportunità di un percorso, che salvaguardi le vittime.




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