Vieni via con me: lo specchio di un’Italia prigioniera di un sogno

E' giovane, laureato. Ha tra i 15 e i 24 anni, o tra i 25 e i 34 anni. Questa sera ha deciso di guardare "Vieni via con me", il programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano.
E' cresciuto tra Uan, Holly e Benji, Mila e Shiro, e tanti libri di favole.
Oggi ha un Master in Diplomazia e Politica Internazionale, ed ha appena finito di friggere due porzioni di patatine con abbondante ketchup e maionese.
Vive in un Paese che ride per una bestemmia in un reality, piange per una partita di calcio, sogna di cantare e danzare in perizoma in tv.
Ma questa sera NO.
Il programma di Fazio e Saviano sembra sdoganare l'orribile teoria per cui una classe politica debba sempre essere lo specchio della società che rappresenta: "Vieni via con me" sembra voglia raccontare la voce di un Italia che è meglio di chi la rappresenta, della serie ognuno di noi ha un paio di ali, ma solo chi sogna impare a volare.
Sarà che forse lo spettatore medio di questo programma avrà la mitezza e la pacatezza di Fabio Fazio, e non importa che non sappia recitare. Avrà l'intellettualità e la profondità di pensiero di Roberto Saviano, e non importa che sia uno di quelli che abbia fatto tanti soldi.
Forse qualcuno le aveva mentito raccontandole di Amici, Grande Fratello e puttanate varie. A dire il vero, oggi leggere quell' "Io c'ero" ha avuto il sapore dolce di un cucchiaino di zucchero, in una bocca perennemente impastata ed amara.