venerdì 10 giugno 2011 - Giovanni Greto

Vicenza Jazz 2011, tra Uri Caine e Paolo Fresu

New Conversations Vicenza Jazz 2011:

8 maggio, Teatro Comunale: URI CAINE Ensemble, “Mahler Revisited” Uri Caine, pianoforte; Chris Batchelor, tromba; Nicolas Geremus, violino; Chris Speed, clarinetto; Danilo Gallo, contrabbasso; Jim Black, batteria, magical box

14 maggio, Teatro Olimpico: Paolo Fresu, Daniele Di Bonaventura e Coro ‘A
Filetta’: “Mistico Mediterraneo” Paolo Fresu, tromba, flicorno; Daniele Di Bonaventura, bandoneon; Coro ‘A Filetta’: Jean-Claude Acquaviva, seconda; Paul Giansily, terza; Jean-Luc Geronimi, seconda; Josè Filippi, bassu; Jean Sicurani, bassu; Maxime Vuillamier, bassu; Ceccè Acquaviva, bassu

Il festival jazz di Vicenza, giunto alla 16^ edizione, continua, nonostante la crisi economica, a proporre un cartellone degno di nota, al quale annualmente lavora con zelo e passione il direttore artistico Riccardo Brazzale. Nella confortevole saletta del teatro Comunale, acusticamente molto buona, Uri Caine ha riproposto, rinnovandone gli arrangiamenti, alcune composizioni presenti nei suoi due dischi dedicati ad una reinterpretazione del repertorio di Gustav Mahler (1860-1911). La formazione è totalmente diversa sia rispetto a quella di ‘Urlicht-Primal Light’, del 1996, sia rispetto a quella di ‘Gustav Mahler in Toblach’, del 1999, fatta eccezione per il batterista Jim Black che da questo secondo episodio ha preso stabilmente il posto di Joey Baron. Il sestetto suona che è una meraviglia. Tutti seguono la partitura, forse solo per avere un appoggio minimo nell’esposizione tematica o nelle frasi all’unisono. A Caine accade che le parti cadano a terra durante lo svolgersi di un brano, mescolandosi tra loro. Nessun problema. Il cervello aveva già memorizzato tutto e l’improvvisazione come sempre scorre libera, sostenuta dal piacere di suonare e dall’affiatamento. L’unico, come sempre, a non seguire alcuna traccia scritta è il pirotecnico Jim Black. Bravo nei momenti delicati, pronto a cambiare metronomo accelerando o rallentando, seguito alla perfezione dai compagni. Curioso l’uso di piccole scatole magiche, ‘magical box’, con le quali crea delle sognanti melodie all’interno di poderosi assolo al drum set che hanno entusiasmato un pubblico appassionato e, apparentemente, competente. In scaletta, molto materiale dalla Sinfonia n°5 (1901-1907). L’esordio, come in Urlicht, è affidato alla ‘Trauermarsch’, la marcia funebre, piena di accentazioni ritardate, in una trama free spassosa, che nasconde l’humor kletzmer delle radici ebraiche di Caine. Toccante l’Adagetto, il cui ascolto in molti rievoca la pellicola ‘La morte a Venezia’ di Luchino Visconti. Dalla sinfonia n°1 ‘Der Titan’, “il titano”(1884-1888), ascoltiamo il terzo movimento, introdotto da un fraseggio di tamburi senza cordiera.

Caine dà spazio anche ai ‘Kindertotenlieder’, “le canzoni per i bambini defunti”
(1901-1904) e a ‘Des Knaben Wunderhorn’, "il corno meraviglioso del
fanciullo” (1892-1896), un ciclo liederistico ispirato a Mahler dai canti popolari di von Arnim e Brentano. Caine regala anche dei momenti di swing intenso, accompagnato soltanto da Jim Black e Danilo Gallo, sempre attento e preciso nell’assecondare la mutevolezza improvvisativa del leader. Tutti i musicisti appaiono motivati e con un ottimo groove, nonostante, come spesso succede, le prove si siano limitate ad una breve conversazione prima del concerto, a partire dal clarinettista Chris Speed e proseguendo con il trombettista Chris Batchelor e il violinista Nicolas Geremus. Ma ciò che più affascina quando si ascoltano i gruppi di Caine è quel senso di rilassatezza, che pervade la mutevole trama narrativa, la gioia di suonare e di stimolare il concetto e la capacità improvvisativa di ognuno. Il set dura quasi un’ora e mezza, compresi i bis. Il pubblico non vorrebbe lasciare la sala, che vibra ancora dell’intensità del concerto. Meglio, tuttavia, salutarsi, pregustando un appuntamento futuro che ci riserverà, ne siamo certi, ulteriori piacevoli sorprese.
 
Non si sarebbe potuto ascoltare in un ambiente più adatto, il palladiano teatro
Olimpico, nel quale persino il respiro partecipa all’esecuzione, il concerto del coro corso ‘A Filetta’ con Paolo Fresu e Daniele DI Bonaventura. Conosciutisi alcuni anni fa ad Ajaccio, per aver partecipato entrambi – il duo ed il coro, anche se non assieme – ad un evento celebrativo, tra i musicisti ed il coro, come ha detto Fresu ad un certo punto della serata, è scoppiata la scintilla. Il risultato del progetto è confluito nel CD ‘Mistico Mediterraneo’, pubblicato da poco dalla ECM records, e consiste in una serie di canzoni composte da Jean Claude Acquaviva, il leader del coro, da Di Bonaventura e da altri autori contemporanei, i quali si sono ispirati alla tradizione del canto corso, molto affine con quello sardo nel modo di sviluppare le voci attraverso melismi ed ornamenti. Ogni piccola frase, della tromba, del flicorno, del bandoneon, delle voci, veniva per così dire assaporata dalla platea, esprimendo poesia, malinconia, ma anche forza ed ottimismo nella ricerca, per ciascuno diversa, della felicità, ossia di quel qualcosa per cui vale la pena vivere, in modo tale da arrivare alla fine dei nostri giorni senza provare alcun rimpianto. Tecnicamente il coro esegue delle parti fisse, su cui gli strumenti si inseriscono in punta di piedi, attenti a non rompere la magia di un incantesimo, in un interplay arricchito dalle singole sensibilità. Nella serata sono stati eseguiti tutti i brani contenuti nel disco, ad
eccezione di ‘Gradualis’ e con l’aggiunta di tre inediti, tra i quali il primo bis ‘Meditate’, che, ha spiegato Acquaviva, si ispira alle parole di Primo Levi, quando lo scrittore invita ognuno di noi a conoscere e capire gli episodi dolorosi del passato, perché quanto successo, non debba più ripetersi.
 
Ottima la riproposizione dal vivo dei due unici brani, entrambi di Di Bonaventura, esclusivamente strumentali: ‘Corale’, con Fresu che applica la sordina alla tromba ricordando la delicatezza di Miles Davis e ‘Sanctus’,una melodia struggente, introdotta dal bandoneon ed esposta con note lentissime tenute dalla tromba, creando brividi a fior di pelle. Il brano più trascinante, forse per questo motivo rieseguito come secondo ed ultimo bis, è ‘Gloria’, scritto da Bruno Coulais, compositore parigino di musiche per film, inserito, come ‘La folie du Cardinal’, eseguito dal solo coro, nella colonna sonora del film ‘Le libertin’(2000) di Gabriel Aghion. Il brano più misterioso è invece ‘Le lac’, composto ancora da Coulais per il film ‘Himalaya’del 1999 e basato su un mantra tibetano, ripetuto in un crescendo emozionante e panico delle voci.
Applausi scroscianti per un concerto che ha sfiorato i 90 minuti. I musicisti,
visibilmente felici, ringraziano, abbandonano il palcoscenico, ma conversano con piacere con quanti li raggiungono nel backstage.



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