mercoledì 20 marzo 2019 - UAAR - A ragion veduta

Verona, il summit mondiale cristianista: nel mirino donne, gay e laicità

A Verona, dal 29 al 31 marzo, si terrà il World Congress of Families. La kermesse, a dispetto del nome apparentemente pluralista, sarà la calamita di organizzazioni e personalità integraliste note per l’aggressivo lobbying e per l’ostilità ai diritti civili. 

Non solo dall’Italia, ma anche dall’estero, all’insegna di una vera e propria Internazionale cristianista. La sponda nostrana è tenuta da gruppi come Pro Vita, il Comitato Difendiamo i Nostri Figli, CitizenGo, Generazione Famiglia; non mancano presenze dalla Russia, dall’Ungheria, dall’Africa tra scrittori, intellettuali, politici. Tutti insieme contro le istanze delle persone lgbt, la laicità e i diritti riproduttivi delle donne, in un caleidoscopio che spazia tra familismo cristiano, omofobia, teorie del complotto, anti-femminismo, umori di estrema destra o con una riverniciatura alt-right, ideologie identitarie e teocratiche, pulsioni populiste e sovraniste. Forse troppo persino per il Vaticano, che stavolta ne rimane fuori. E dire che l’anno scorso allo stesso convegno, in Moldavia, c’era anche il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato.

Scorrendo i nomi dei relatori e leggendone dichiarazioni e prese di posizione, si fa un salto nel medioevo. Anzi, nel medioevo prossimo venturo che ci stanno apparecchiando. Ne citiamo qualcuno a beneficio d’inventario. Lo statunitense Brian Brown, presidente di questo Congresso mondiale delle famiglie, si è distinto in varie azioni di disturbo contro l’affermazione dei diritti degli omosessuali (dalla Proposition 8 in California fino al bando dell’amministrazione Trump per le persone trans nell’esercito). Il russo Alexey Komov, “ambasciatore” del WCF, è un punto di raccordo tra oligarchi russi sostenitori di Vladimir Putin e il mondo dell’ultradestra europea. E secondo un’inchiesta de L’Espresso questi intrecci coinvolgerebbero anche la “nuova” Lega di Salvini. Dimitrij Smirnov, prelato presidente della Commissione patriarcale per la famiglia e la maternità della Chiesa ortodossa russa, ha paragonato i sostenitori dell’aborto a “cannibali che devono essere spazzati via dalla faccia della terra”. Theresa Okafor, attivista nigeriana fondamentalista, ha fatto allusione a un presunto “complotto” per silenziare i cristiani in Occidente, strumentalizzando gli attentati di Boko Haram. Lucy Akello, parlamentare ugandese, ha giocato un ruolo (nefasto) nel dibattito che rischiava di portare all’approvazione di una legge che avrebbe criminalizzato l’omosessualità.

Per quanto criticabile è una riunione privata di estremisti, si direbbe. Il problema è che questo evento, con tutte le derive ideologiche a corredo, ha ricevuto uno sdoganamento mai visto in tempi recenti da parte delle istituzioni italiane. Il patrocinio del Ministero per la Famiglia e le Disabilità, della Regione Veneto e della Provincia di Verona, mentre il Comune di Verona è l’unico ente pubblico tra gli sponsor. Ben tre ministri, tra i più importanti, di questo governo – Matteo Salvini, Lorenzo Fontana e Marco Bussetti – saranno tra i relatori. A parlare anche la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, il sindaco di Verona Federico Sboarina e il governatore della Regione Veneto Luca Zaia.

Nel corso dell’attuale legislatura proprio certi clericali che sostengono posizioni anti-gay e regressive sui diritti civili, (auto)investiti di una missione divina, hanno occupato posti influenti. Si danno da fare ormai a carte scoperte per rimettere in discussione le fragili riforme laiche approvate nel nostro paese. Il peso della Lega si fa sentire: sono sotto attacco unioni civili, coppie omosessuali e i loro figli, accesso all’interruzione della gravidanza. Mentre rimonta un clima culturale retrivo, all’insegna dei “bei” tempi andati, che esalta il familismo (quello della famiglia “naturale”, ovviamente) e l’identità cristiana. Una reazione che vuole rimettere in posizione subordinata minoranze giudicate perturbatrici dell’ordine sociale, come gay, non credenti, femministe, stranieri. Nel ddl che pretende di riformare l’affido condiviso è possibile ravvisare certi presupposti: è opera del senatore leghista Luigi Pillon, anche lui al convegno veronese.

Mentre succede tutto questo e la società laica è sotto attacco, l’altro alleato (di maggioranza) al governo, il Movimento 5 Stelle, ripete il mantra che certi temi non sono presenti nel “contratto di governo”. Ma questa rassicurazione, senza una reale opposizione in Parlamento a queste controriforme, rischia di diventare insipienza e di lasciare campo libero agli integralisti. La questione del patrocinio al WCF è paradigmatica di queste dinamiche interne all’esecutivo. Sul sito del World Congress of Families campeggia tuttora (almeno fino all’ultima verifica prima di pubblicare l’articolo) anche il logo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Palazzo Chigi però smentisce di aver ricevuto richieste, sostenendo che si tratti di una iniziativa autonoma del Ministero della Famiglia (guarda caso il ministro Lorenzo Fontana è uno dei relatori al convegno). Quasi che la dicitura del Consiglio dei Ministri sia stata usata “a sua insaputa”. Poi sembra che Palazzo Chigi voglia ritirare il patrocinio. Anzi, la grottesca linea difensiva è che tale patrocinio non sia mai esistito. Ma il valzer non è finito: la Presidenza del Consiglio ha chiesto ulteriori approfondimenti, col pretesto di indagare sulla possibile finalità di lucro dell’evento, dato che per l’accesso occorre pagare il biglietto. Cioè il patrocinio al limite sarà annullato per una questione formale, non sostanziale. Mentre uno dei vicepremier, Luigi Di Maio, cerca di svicolare bollando l’evento come un raduno della “destra degli sfigati”, l’altro vicepremier Matteo Salvini rivendica la sua presenza al convegno.

Le realtà femministe, le associazioni per i diritti lgbt e quelle laiche si stanno mobilitando, vista la posta in gioco: anche l’UAAR sta facendo la sua parte. Intanto la petizione di All Out rivolta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al governatore del Veneto Luca Zaia e al presidente della Provincia di Verona Manuel Scalzotto, ha avuto l’effetto di destare attenzione sul caso e di smuovere il governo. Almeno 160 tra docenti e ricercatori dell’Università di Verona hanno firmato un documento per prendere le distanze dalle tesi pseudo-scientifiche rilanciate dal “Congresso”. Come alternativa al congresso integralista, nei giorni dal 29 al 31 marzo saranno organizzati proprio a Verona dibattiti, assemblee e spettacoli. Il 30 marzo ci sarà una grande manifestazione e il 31 un’assemblea pubblica, con diverse personalità impegnate nella difesa dei diritti civili e della libertà delle donne.

A Verona si gioca una partita importante per i diritti e per la laicità in Italia (e all’estero). In prospettiva questo evento può avere pesanti conseguenze: galvanizzerà gruppi e personaggi che stanno portando avanti un’agenda confessionalista, ne consoliderà gli intrecci anche istituzionali, darà loro legittimità, esperienza e strumenti per agire in maniera più intrusiva. Mentre le forze di governo sono spaccate e l’opposizione fa quel (poco) che può in aula ma a parte alcune figure sulla barricata appare fiacca, è la società civile che deve farsi sentire, scendendo in piazza e invadendo pacificamente Verona per mostrare che un’alternativa alla deriva confessionale in Italia è possibile.

 

Valentino Salvatore




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