giovedì 2 aprile 2015 - angelo umana

Vergine Giurata, di Laura Bispuri con Alba Rohrwacher

Vi insegnerò a sparare, a recitar le preghiere, ad amar la patria e la bandiera … era una canzone di Edoardo Bennato: mi viene in mente osservando la crescita di Hana - Alba Rohrwacher, giovane grande attrice e di parti solo impegnative – accanto al coriaceo padre adottivo, in un posto remoto sulle montagne albanesi, di vite povere e lontane dalla grande “civiltà”, coi suoi riti, le credenze e il modo arcaico di vedere la donna. Quella civiltà prevede che la femmina sposi lo sposo assegnatole, che non vada a cavallo, che non spari col fucile, che non fumi, che le donne non siano libere di non essere per forza qualcosa al di fuori dei ruoli di comodo assegnati loro dall’uomo. Altre cose da maschio, oltreché sparare, apprenderà Hana, ma per praticarle dovrà rinunciare – questo prevede l’usanza del posto – alla sua femminilità: giurerà davanti a un consiglio di saggi del villaggio, solo maschi ovviamente, la verginità eterna; nessuna mano mi sfiorerà, come Dio mi ha creato la vita mi conserverà. Si chiamerà Mark.

Mark/Hana è orfana, è stata affidata alla famiglia in cui vivono Lila e i genitori: quasi coetanee, saranno compagne cugine sorelle; Lila è l’unica accanto a cui Hana/Mark ha dormito, sono una la forza dell’altra. Lila fuggirà da casa ed emigrerà in Italia con un uomo che ama, non quello che il padre avrebbe designato. Diversi anni dopo, morto il padre adottivo – forte e duro il canto o preghiera degli uomini alla sepoltura – e successivamente la madre, Hana raggiungerà Lila, del resto l’unica “familiare” rimastale: "tu sei il mio posto", le dirà. Domina nel film il silenzio di questa assoluta protagonista (la cinepresa “soffia sul collo” dei personaggi, ma soprattutto di lei), la sua osservazione e le cose che le si indovinano dentro, il suo spirito di sopportazione, in fondo la forza che viene fuori dal personaggio. Sopporterà, ospite inattesa, di essere mal accolta nel piccolo appartamento da Lila e dalla sua figlia adolescente, moderna, irriverente, piena della forza che il fiore degli anni le dà. Ma sarà la ragazza a legarsi a questo essere strano e silenzioso, il pseudo Mark che di maschio ha solo l’abbigliamento e il lavoro di guardiano notturno in un parcheggio; da lui/lei si farà accompagnare in piscina. La giovane pratica il nuoto sincronizzato (ma “rock acquatico” rende meglio l’idea). Con la frequentazione di quell’ambiente e con le confidenze a Lila, Hana scoprirà il sesso, mai troppo manifesto o esibito nel film, delicato come una regista sa fare, descritto in modo femminile dalle due amiche-sorelle, qualcosa che accade dentro e anche fuori, come essere col vento in cima a una montagna.

 
Film molto duro, come i profili severi delle montagne albanesi, coraggioso, sull’emigrazione, sulla capacità di sopportare certe condizioni di vita negli angoli sperduti del mondo, sulla femminilità negata e poi riscoperta. La quasi clausura che si è imposta Hana - da comprimersi il seno con fasciature strette che le irritano la pelle - contrapposta alla femminilità e la grazia esibite dalla figlia di Lila in piscina o con la libertà della molto femminile Lila che canta in un locale. In una lettera consegnata dalla madre a Hana prima di morire, che le due amiche leggono prima di cantare in quel locale, insieme, una canzone albanese, è scritto: "le parole che una donna non può parlare". Ora la rocciosa Hana è veramente cresciuta, aperta al mondo, matura nel sapere apprezzare la vita riscoperta, lei che diceva "non sono niente fuori da quei monti".
 
Interessanti i piani temporali che si succedono, il prima che si interseca col dopo in una cronologia molto originale che non disturba. Opera prima e primo lungometraggio della regista Laura Bispuri, ispirato liberamente all’omonimo romanzo, Sworn Virgin di Elvira Dones (nata a Durazzo nel ’60, risiede negli USA dopo aver vissuto diversi anni in Svizzera), presentato alla Berlinale: è un’opera d’arte, tutta al femminile.




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