venerdì 5 dicembre 2014 - Phastidio

Venezuela, il capitalismo corre in soccorso

Per la serie il bieco capitalismo colpisce ancora, pare che il Venezuela stia trattando con la malvagia entità nota come Goldman Sachs per ottenere liquidità attraverso la cessione di propri crediti verso altri paesi fratelli, a cui sinora ha offerto generosi sussidi sulle forniture di petrolio.

Lo schema funzionerebbe in questo modo: il Venezuela cederebbe a Goldman la cartolarizzazione dei pagherò su forniture di petrolio alla Repubblica Dominicana. Secondo fonti vicine all’operazione, il Venezuela cederebbe il proprio credito (che appartiene alla compagnia petrolifera statale Petroleos de Venezuela, PdVSA) di 4 miliardi a Goldman con uno sconto del 41%, incassando quindi 1,7 miliardi di dollari. La Repubblica Dominicana emetterebbe a sua volta una obbligazione da 1,7 miliardi di dollari (con cedola che dovrebbe essere intorno all’11%), che venderebbe a Goldman, e col ricavato si ricomprerebbe il debito col Venezuela, migliorando il proprio profilo temporale di debito e riducendone il costo. Ovviamente, Goldman si accolla il rischio che la Repubblica Dominicana possa non onorare tale obbligazione, essendo afflitta da un debito pubblico intorno al 200% del Pil. Ma tutto ha un prezzo, nella vita.

Secondo alcune voci di mercato, Goldman starebbe negoziando operazione simile anche per rilevare l’analogo credito che la società petrolifera venezuelana avrebbe con la Giamaica, pari a 3 miliardi di dollari a valore nominale, erogati nell’ambito del programma PetroCaribe, in base al quale Caracas fornisce (forniva) petrolio ai paesi della regione a condizioni agevolate, con la possibilità di finanziare sino al 50% del valore del petrolio fornito con un prestito sino a 25 anni, al tasso annuo di 1-2%, oppure di pagare tale fornitura a mezzo di baratto, ad esempio con prodotti agricoli. Riguardo i quali, indagini interne alla PdVSA mostrerebbero che tali prodotti arriverebbero ad essere valorizzati, ai fini del baratto, sino al 100% in più rispetto ai mercati mondiali. Quando c’è la fratellanza socialista, c’è tutto. Anche una enorme cresta sul nobile baratto.

Confusi? Diciamola in sintesi e semplicità: il Venezuela ha bisogno di soldi, o meglio di dollari. Un bisogno disperato. Il crollo del prezzo del greggio sta stringendo il cappio attorno al collo del paese, e la disperazione è tale e tanta che la PdVSA punta a portare a casa, con queste operazioni, le briciole di un debito che è pari a 50 miliardi di dollari, considerando solo l’indebitamento finanziario e non anche quello con fornitori e contractor.

"Che fare?", avrebbe detto il buon Lenin. Per ora pare si torni col cappello in mano dai compagni cinesi, quelli che tanti progressisti idealisti vedono come la nuova onlus del socialismo planetario. Anche qui, vale la regola: tutto ha un prezzo. Che è la variante di sintesi del non meno celebre “articolo quinto, chi mette i soldi sul tavolo ha vinto”. Ma questa pervasività della finanza strutturata è certamente notevole. Speriamo solo di non subire le abituali ramanzine da un adorabile signore di bianco vestito e che risiede in un microscopico stato nel cuore della penisola italiana. Perché il denaro sarà pure lo sterco del demonio ma sarebbe utile evitare che lo diventasse anche il principio di responsabilità, individuale e collettiva. Inclusa quella delle nazioni e di chi le governa.

 

Foto: Gabriel Delgado/Flickr




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