lunedì 1 maggio 2017 - Aldo Giannuli

Venezuela fra incudine e martello. Ultimi aggiornamenti

Sempre con gratitudine ed interesse, vi propongo questo pezzo dell’amico e attento osservatore Angelo Zaccaria, che ci aggiorna sull’evolversi degli eventi di questi giorni in Venezuela. A.G.

 

Come si poteva immaginare, la decisione del Tribunale Supremo venezuelano, di avocare a sé le funzioni del Parlamento, ha ulteriormente inasprito il conflitto in Venezuela. Senza rifare il riassunto di questo ultimo passaggio e di quelli non meno importanti che lo han preceduto, rimando agli ultimi articoli pubblicati. Veniamo ad oggi. Dalla giornata del 19 Aprile, che ha visto le due grandi mobilitazioni contrapposte a favore e contro il governo, in poi, si susseguono scontri e tensioni.

Il 25 Aprile in conferenza stampa la Procuratrice Generale della Repubblica Luisa Ortega Diaz, ha offerto un primo bilancio ufficiale : 26 morti, quasi 1300 fermati, 62 arresti, oltre 430 feriti. Dopo tre giorni però i morti sarebbero ascesi a 29. Inoltre fonti dell’opposizione parlano di un numero di arresti molto più alto.

Le vittime mortali appartengono a entrambi gli schieramenti e c’è anche un poliziotto. Allo stato attuale è impossibile una ricostruzione precisa di tutti gli eventi. La maggior parte dei decessi però non è avvenuta all’intero delle manifestazioni, ma ai margini o nei paraggi di esse, grazie anche all’azione di piccoli gruppi armati o ceccini non meglio identificati. Una addirittura è rimasta vittima di una bottiglia di acqua congelata lanciata dall’alto di un edificio contro una manifestazione chavista.

Non sono mancati nemmeno episodi di assalto e saccheggio a negozi, anche se per ora relativamente non troppo diffusi. Né sono mancati nuovi episodi di assalto a strutture sanitarie pubbliche, ed in particolare contro un ospedale per maternità e infanzia a Caracas, si suppone da parte di gruppi antichavisti o criminali comuni contrattati ad hoc. Episodi simili si eran già verificati per la prima volta nella primavera del 2013, durante l’ondata di scontri seguita alla elezione alla presidenza di Nicolas Maduro e relative accuse di brogli.

Sulla repressione da parte degli apparati governativi: dai video circolanti appare essere consistita soprattutto in estesi lanci di lacrimogeni e utilizzo di proiettili di gomma, senza in generale arrivare troppo al contatto diretto fra i reparti antisommossa ed i manifestanti. Questo senza negare che alcune di queste vittime siano dovute alla azione diretta della polizia, come nel caso del ventenne colpito da lacrimogeno a Caracas. In ogni caso, e tenendo conto della violenza degli scontri, sinora ho la sensazione si tratti di livelli repressivi inferiori agli standard latinoamericani storici in situazioni simili….almeno per ora. Poi noi italiani non dovremmo mai dimenticare tutto quanto accaduto a Genova durante il G8 del 2001. Questo lo dico non per sminuire l’azione repressiva in corso, ma per cercare di inquadrarla in modo più obiettivo.

Inutile stare ora ad aggiungere altri fatti, tanto il resoconto verrebbe rapidamente superato dagli eventi: nei prossimi giorni son previste altre marce e blocchi, e per il primo maggio una nuova giornata di mobilitazioni contrapposte, pro e anti-Maduro, cosa non nuova per il primo maggio in Venezuela, ma che in questo clima assume un senso differente.

Dove vuole andare a parare l’opposizione?
Come saggiamente dice il mio amico D., buon conoscitore diretto del contesto, assistiamo ad una ripresa del fallito copione golpista dell’aprile 2002 contro Chavez, seppure in condizioni differenti e con un governo indebolito, sia per ragioni esterne che per i propri errori e deviazioni.

Lo si evince dal fatto che nell’opposizione si giochi la partita su un doppio registro. Da un lato con prese di posizione e mobilitazioni pacifiche dove si vestono i panni dei paladini della democrazia, della Costituzione e dei diritti umani contro il ”dittatore Maduro”. Dall’altro con l’uso della violenza sia di piazza che armata: assalti a istituzioni pubbliche, piccoli gruppi armati operanti in genere ai margini o nei pressi delle varie mobilitazioni. Ricordiamo che il paramilitarismo antichavista non ha mai cessato di operare in Venezuela, già dagli esordi del chavismo al potere, e con un saldo di oltre 300 vittime, anche se non ho cifre aggiornate, fra la militanza bolivariana, soprattutto nei contesti rurali ma non solo. Non posso escludere che, come ripete l’opposizione, operino anche gruppi armati affini al governo, ma in un contesto del genere è quasi normale, anche se mi pare che il livello di violenza di questi altri gruppi, non sia paragonabile a quello delle squadracce di destra.

Il ”doppio registro” messo in atto dall’antichavismo, ha il chiaro intento di inasprire il clima e influenzare a proprio vantaggio posizioni ed equilibri fra e dentro i vari fattori di potere, forze armate in primis, alle quali non a caso vengono rivolti appelli quasi quotidiani a ”difendere la democrazia”.

Il rinnovato profumo di golpe, si evince anche dalla crescente preparazione della ”svolta” in Venezuela da parte del sistema mediatico globale. A meno che non si creda che il canale tv CNN in spagnolo, dedichi ore ed ore al giorno al Venezuela, perché han davvero a cuore le sorti della democrazia nel mondo. Che non sia così lo prova il fatto che CNN si guardi bene dal promuovere simili campagne martellanti contro altri paesi, in un continente dove le storiche brutalità del potere verso gli oppositori sono arcinote: basti pensare a Colombia o Messico.

In altre parole: i temi della democrazia e dei diritti umani non da oggi vengon manovrati sia dai poteri statali che da quelli mediatici, come strumenti di propaganda di guerra nello scontro geopolitico globale. Ovvio che la vicenda venezuelana faccia parte anche di questo scontro: si vedano i rapporti dei governi bolivariani con Cuba, Russia, Cina, Iran etc.., oppure il recentissimo annuncio del governo venezuelano di volere uscire dall’Organizzazione degli Stati Americani.

Ma il vero nodo è un altro e cioè che di questo passo l’opposizione rischia seriamente di tornare al potere senza nemmeno doverlo fare il golpe.

E qui arriviamo a dove vuole andare a parare il governo di Maduro. La mia impressione è che in caso di inasprimento ulteriore del clima e delle violenze, il governo potrebbe anche arrivare a sospendere sine die qualunque appuntamento elettorale, incluse le elezioni presidenziali previste per il 2019. Per ora si è ”limitato” a sospendere il referendum revocatorio, rinviare le elezioni dei governatori previste per dicembre 2016, neutralizzare in azione congiunta col Tribunale Supremo le prerogative del Parlamento dominato dalla opposizione.

Mi pare che però il governo in fondo sia consapevole che prima o poi ad elezioni di rinnovo dei vari organi i potere, si arriverà, e quindi stia puntando soprattutto sulla opzione di rimandarle il più possibile, in modo da arrivarci nelle condizioni più favorevoli. A questo mi fa pensare il decreto di inabilitazione amministrativa per la bellezza di 15 anni, emesso da un organo statale di controllo ai danni del governatore dello stato Miranda Enrique Capriles Radonski, e che una volta terminato il mandato di governatore impedirà a Capriles di candidarsi per qualunque carica elettiva.

Capriles non è un leader della opposizione qualsiasi: è stato due volte candidato alla presidenza, e nell’Aprile 2013 per poco oltre 200.000 voti di scarto, non ha sconfitto Maduro. Levare di mezzo lui dalla contesa significa non solo eliminare dalle prossime presidenziali un contendente che ha già dimostrato di poter competere, ma attizzare divisioni e fratture nel fronte dei partiti antichavisti, notoriamente composito e variegato.

Non entro nemmeno nel merito delle irregolarità amministrative contestate a Capriles. Mi limito ad osservare che lo stesso furore inabilitante o repressivo, non è stato messo in atto nei confronti dei protagonisti di episodi di corruzione in area governativa. Basti solo pensare alle gigantesche truffe avvenute nel settore della vendita di dollari a tassi agevolati da parte del governo, delle quali han parlato anche ex ministri di Chavez ora critici verso Maduro.

Non voglio qui ripetere quanto scritto a riguardo in altre occasioni. So bene che le ”forzature” di Maduro sono anche la risposta ad una opposizione che gioca sporco. Oltre quanto scritto sopra si pensi anche alle varie forme di boicottaggio e sabotaggio economico. Per non parlare del contesto regionale, dai brogli elettorali sistematici in Messico, ai golpe istituzionali in Honduras, Paraguay e Brasile.

Ma resto convinto che queste forzature di Maduro alla fine legittimino la opposizione regalandole l’aureola di angeli della democrazia. Inoltre non aggrediscono i veri nodi della crisi di consenso del chavismo: inefficienza eonomica, alta inflazione, scarsità di beni di primaria necessità, corruzione nelle alte sfere del potere, sia civile che militare.

Inoltre, va bene che settori importanti della opposizione son golpisti, si veda anche l’ultima richiesta di far subito elezioni presidenziali, previste in realtà non prima del Dicembre 2018. Ma anche se il governo al contrario blocca le elezioni ai vari livelli, o ne forza troppo le condizioni di svolgimento a proprio favore, siamo di fronte ad un autogolpe istituzionale. Che almeno Maduro abbia il coraggio di dire, visto che si appella alla eredità di Chavez più volte al giorno, che se si consolida una opzione del genere si fa qualcosa che con Chavez c’entra poco o nulla. A scanso di ripetersi, Chavez criticava i limiti della democrazia rappresentativa, ma competeva in quella arena, vinceva, e poi su questa base cercava di costruire forme più avanzate e partecipative, sia di democrazia che di economia.

Se invece prima o poi ad elezioni si arriverà, in assenza di svolte governative che rimotivino il blocco sociale bolivariano riducendo il rischio di fughe nella astensione, come scritto sopra l’opposizione può tornare al potere senza golpe né bianchi, né blandi e nemmeno di velluto.

Un ultimo punto molto importante, che stavolta non riguarda il simpatico paese caraibico, ma noi del nord.

Esiste il serio rischio che, in un panorama così confuso e di fronte agli aspetti più discutibili della azione di Maduro e del vertice chavista, nei movimenti di base italiani, gruppi internazionalisti, studenti, centri sociali etc., l’attenzione sul Venezuela, mai sinora troppo alta, cali ancora di più. Ad impedire questo rischia, pur senza volerlo, di contribuire assai poco la tattica comunicativa utilizzata dai gruppi ufficiali della solidarietà bolivariana in Italia, spesso in vario modo legati all’ambasciata venezuelana di Roma o ai consolati. Una tattica comunicativa troppo improntata alla propaganda ed alla descrizione acritica del Venezuela come paradiso del socialismo del secolo ventuno.

Una tattica comunicativa a mio avviso poco adatta ad un ambiente politico e culturale come quello dei movimenti di base italiani.

Ma detto questo, non puntare oggi gli occhi sul Venezuela sarebbe un errore gravissimo. Qui non é in gioco solo Maduro ed una burocrazia civile o militare al potere. Qui sono in gioco qualche cosa come centinaia di migliaia di persone, taluni in Venezuela dicono suppergiu’ un milione e mezzo, ed in parte preminente donne, che in Venezuela formano la base attiva e militante del chavismo, presenti nei quartieri delle periferie urbane come nelle zone rurali e nelle comunità indigene. Queste persone, nelle loro componenti piu’ attive e militanti spesso non lesinano critiche allo stesso governo, e sono queste componenti piu’ militanti ad essere già da anni nel mirino del paramilitarismo di destra attivo in Venezuela, sia di quello autoctono che di derivazione colombiana.

Se già ora con il chavismo al governo é così, lascio immaginare cosa possa accadere in caso di golpe di destra, intervento militare esterno, o scalata al potere di una opposizione inclusiva delle sue componenti più impregnate di odio fascistoide, classista e razzista. Il tutto in uno dei paesi dove la circolazione illegale di armi e la criminalità sono ai vertici mondiali: secondo dati ufficiali 21.000 morti violente nel solo 2016, delle quali oltre 4500 durante operazioni di polizia…..Un paese dove ci vorrebbe poco a cammuffare l’assassinio selettivo di militanti dentro presunte operazioni anticrimine …La Colombia é vicina al Venezuela, in tutti i sensi.

Il mio amico M., un altro che la sa lunga, dice che secondo lui in Venezuela finirà con un golpe, e sarà peggio del Cile, perché in Cile prima del golpe del 1973, morti nelle manifestazioni sostanzialmente non ce ne furono, mentre già in questi giorni in Venezuela ogni giorno muore qualcuno.

A queste persone, a questi movimenti, collettivi, militanti bolivariani, giovani, donne, che ieri amavano Chavez, ed oggi forse amano un poco meno Maduro, ma continuano a sostenerlo anche se spesso con cento mugugni, deve ora più di prima andare la nostra attenzione, vicinanza, appoggio, solidarietà.

Angelo Zaccaria, 27 Aprile 2017




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