venerdì 10 novembre 2017 - Aldo Giannuli

Venezuela: aggiornamenti dopo le elezioni di ottobre 2017

l Venezuela è un po’ scomparso dai media italiani dopo la fiammata dei mesi scorsi. Come sempre dunque sono contento di ospitare i contributi di Angelo Zaccaria sul tema. Buona lettura! A.G.

 

di Angelo Zaccaria

Le elezioni dei governatori tenutesi il 15 Ottobre 2017, si sono risolte con un successo per il governo di Maduro: son risultati eletti 18 governatori del PSUV su 23. Uno di questi, quello dell’importante stato di Bolivar è stato eletto di stretta misura e fra polemiche su possibili frodi e brogli.

Il voto popolare avrebbe visto circa il 45,16% dei consensi andare ai candidati e partiti anti-chavisti, ed il 52,69% andare al blocco governativo. La percentuale di astensione dal voto è stata di circa il 39%. Cerchiamo di ragionare procedendo per punti.

Il dato più significativo è che l’opposizione ha pagato le proprie scelte degli ultimi mesi.

Avere dato da parte di sue importanti componenti, una lettura schiettamente golpista del successo ottenuto alle elezioni parlamentari del Dicembre 2015; avere scatenato per settimane la guerriglia urbana, il paramilitarismo omicida e le devastazioni, col chiaro intento di provocare un pronunciamento contro Maduro dentro le forze armate; avere fatto tutto questo senza essere nemmeno riusciti nel proprio intento, cosa per la quale del resto io per primo mi rallegro, non poteva che avere contraccolpi sul piano della demotivazione del proprio elettorato.

L’opposizione ha quindi pagato il costo per essere stata percepita, ed a ragione, da una parte significativa della popolazione, come una alternativa non credibile allo stato di cose presente. Questo aspetto emerso nelle recenti elezioni, di per sé è positivo.

Passiamo agli aspetti meno positivi. Altri in Venezuela molto meglio di come potrei fare io, hanno analizzato dentro queste elezioni le irregolarità e le procedure orientate ad avvantaggiare il governo, a partire dal balletto sulla data per votare, prima rinviata di un anno, ed alla fine fissata nel momento più gradito e comodo per il PSUV.

Penso sia credibile che tutto questo abbia in qualche modo influito sui risultati, soprattutto in situazioni sul filo come quelle dello stato Bolivar. Credo però anche che sia innegabile che il PSUV mantenga una propria base di appoggio nel paese, un paese che resta diviso sostanzialmente in tre blocchi tutti minoritari: un terzo abbondante che si astiene o resta a guardare che succede, il resto che seppure con alterne vicende si divide fra i due blocchi in competizione per il potere.
Tutto questo vuol dire che per il governo tutto va bene? Io direi mica tanto.

La situazione economica e sociale nella quale versa il paese rimane preoccupante. Alcune stime valutano che nel corrente anno 2017, l’inflazione toccherà il 1000%. I periodici aumenti del salario minimo decisi dal governo, in mancanza di una capacità di controllo dei prezzi, non hanno sinora migliorato la situazione.

Ma soprattutto si consolida un assetto che vede sempre più in ombra ed ai margini quel carattere “libertario” e partecipativo, fondato sul tentativo di costruire nuove forme orizzontali ed inclusive di democrazia, che aveva caratterizzato il chavismo sotto Hugo Chavez. Si rafforza invece lo strapotere del governo, la centralizzazione delle decisioni e la restrizione degli spazi di agibilità politica, anche all’interno dello stesso blocco bolivariano.

I fatti a sostegno di questa interpretazione sono tanti. Ai cinque governatori eletti dalla opposizione il 15 Ottobre, per potersi insediare è stato imposto il giuramento di fedeltà alla Assemblea Nazionale Costituente (ANC), eletta a fine Luglio con procedure orientate a dare vantaggio al blocco governativo, e che di fronte al prevedibile boicottaggio del voto da parte della opposizione, risulta ora essere un blocco monocolore Madurista, con i suoi conseguenti, inquietanti e ripetuti voti alla unanimità. L’unico governatore, eletto nell’importante stato di Zulia, che si è rifiutato di sottoporsi al giuramento, è stato dichiarato decaduto dalla stessa ANC e si andrà in dicembre a nuove elezioni.

Ma basterebbe il fatto stesso che un organo come l’ANC, che si vuole sovraordinato a qualunque altro ed in grado di occuparsi e di deliberare praticamente su tutto, altro non sia che un organo monocolore composto da supporters del governo, una sorta di congresso permanente di un nuovo partito unico non dichiarato, basterebbe questo per rendere evidente che siamo di fronte a una post-democrazia autoritaria, per dirla in termini gentili, dove il meccanismo elettorale diventa un simulacro sempre più vuoto, da manovrare alla bisogna al fine di legittimare il blocco di potere.

In altri termini, per opportunismo tattico si mantiene una parvenza democratica e quindi pluripartitica, non si scioglie formalmente l’Assemblea Nazionale controllata dalla opposizione ma la si priva di qualunque potere, e quindi si fa di tutto per promuovere i prossimi appuntamenti elettorali con tempi e modi che garantiscano la (quasi) certa vittoria del partito di governo.

E qui sta la vera forza di Maduro: la deriva centralista ed autoritaria, lo svuotamento ed addomesticamento del meccanismo elettorale, non è forse un tratto comune di tante democrazie nel mondo, incluse quelle che tanto si ergono a giudici del Venezuela?

In America Latina potremmo fare gli esempi del Messico o della Colombia, da queste parti gli esempi della Francia, della Spagna, della stessa Italia, e perché no, della Turchia.

La vera forza di Maduro quindi non è quella di essere una alternativa al degrado della democrazia nel mondo nell’epoca della egemonia del potere finanziario globale, ma al contrario di essere perfettamente organico ed interno a questa tendenza, anzi di radicalizzarla. Anche il fatto che egli, grazie all’aumento dell’astensionismo di massa, e alla manipolazione del meccanismo elettorale, governi con l’appoggio di una limitata minoranza del corpo elettorale, altro non è che la tendenza dilagante fra le democrazie realizzate nel pianeta, Italia in primis….Si vedano le recenti elezioni sicule.

Ultimo episodio a conferma del panorama di cui sopra. L’attuale ambasciatore in Italia del Venezuela, richiamato in Venezuela per sovrintendere al processo elettorale della ANC, della quale era stato nominato pure vicepresidente, si è azzardato ad osservare che quest’ultima dovrebbe dedicarsi di più ad affrontare i gravi problemi economici del paese. Risultato, il povero Isaias Rodrìguez è stato immediatamente defenestrato dalla vicepresidenza della ANC, e rispedito in Italia a fare l’ambasciatore.

Giova ricordare che non stiamo parlando dell’ultimo venuto ma di quello che, all’epoca presidente del Tribunale Supremo, ha dato un contributo rilevante al fallimento del golpe contro Hugo Chavez nell’Aprile del 2002, denunciando pubblicamente che Chavez non aveva rinunciato alla presidenza ma era vittima di un golpe e in stato di sequestro.

Si aggiungano infine le recenti denunce su sospette operazioni giudiziarie che paiono orientate a togliere di mezzo candidati alle prossime elezioni municipali del 10 Dicembre, di sinistra e bolivariani ma non Maduristi, con capacità competitiva nei confronti dei candidati ufficiali del PSUV.

Taluni a sinistra nel mondo, Italia inclusa, credono che Maduro vada lo stesso sostenuto, perché rappresenta una spina nel fianco dell’imperialismo, e per le politiche progressive che il suo governo porta avanti, paragonando la ANC alla Comune di Parigi o al Soviet di Pietrogrado, e mettendo quindi fra parentesi la persistente egemonia in Venezuela del settore economico privato, il puntuale pagamento del debito estero, la riproposizione di un modello estrattivista come attestato dal megaprogetto sullo sfruttamento minerario della Fascia dell’Orinoco; le zone economiche speciali in deroga a normative lavorative ed ambientali. Per non parlare della gigantesca corruzione, sulla quale vengono lanciate operazioni repressive che però prendono di mira soprattutto impresari e funzionari di livello medio o basso, lasciando abbastanza fuori i vertici politici-governativi, e soprattutto quelli militari. O addirittura come riportato sopra, se ne lanciano altre col sospetto scopo di eliminare i concorrenti a sinistra del governo di Maduro.

Io resto sempre della idea che sia possibile, doveroso e giusto esprimere appoggio e solidarietà ai movimenti di base e di lotta bolivariani in Venezuela; denunciare le trame golpiste della opposizione venezuelana e dei suoi supporters regionali ed occidentali; opporsi fermamente a qualunque minaccia di intervento militare esterno contro il Venezuela, comunque mascherato, senza che questo significhi bloccare qualunque riflessione o dibattito critico sul governo di Maduro e sulle sue scelte di questi anni.

Mi sembra invece che chi propone la logica binaria e manichea del “O stai con Maduro o stai con Trump, la Nato ed i fascisti venezuelani”, lo fa perché a parole sposa il “Socialismo del Siglo XXI”, ma nella mente e nel cuore ha ancora quello del siglo XX.

Angelo Zaccaria
Milano, 8 novembre 2017




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