martedì 21 settembre 2010 - Giovanni Graziano Manca

Unicità, originalità e autorialità come fondamento di ogni espressione artistica

Osserva Marvin Harris [M.Harris, Antropologia culturale, Zanichelli 2000] che ‘nella cultura occidentale, un particolare tipo di espressione è definito artistico oppure no da un gruppo ben preciso al quale è conferita l’autorità di formulare un giudizio in questo campo e che controlla i musei, i conservatori, i giornali di critica d’arte e altre organizzazioni e istituzioni, il cui scopo è quello di dedicarsi appunto all’arte intesa come mezzo di sussistenza e come stile di vita’. Secondo l’antropologo americano alla base delle distinzioni tra arte e non arte formulate da quella che comunemente viene definita ‘La critica’ vi sarebbe l’idea secondo cui ‘disegni, storie e manufatti soggetti ad un uso ben preciso e giornaliero’ e gli ‘oggetti che sono prodotti fondamentalmente per scopi pratici o per essere messi in vendita’ non rientrino nel concetto di arte. 

Generalmente, nell’ambito della nostra cultura un’opera d’arte viene considerata tale dalla critica quando è dotata dei requisiti della unicità, originalità e autorialità.

L’unicità dell’opera d’arte è argomento che assume caratteri di sensibile rilevanza. Si consideri infatti che la valutazione critica di qualsiasi manifestazione d’arte così concepita è in buona misura fondata sulla attribuzione di un ruolo centrale non solo alla originalità ma anche alla irripetibilità dell’oggetto dell’espressione artistica. Il Concerto di Capodanno, che dal 1939, il primo giorno di ogni nuovo anno, appunto, si tiene nella sala del Musikverein di Vienna, costituirebbe un esempio eloquente di ‘ripetitività’ artistica in quanto, oltre a comprendere invariabilmente lo stesso repertorio di valzer viennesi, si chiude sempre in modo pressoché identico con l’esecuzione, da parte dell’orchestra dei Wiener Philharmoniker, della Radetzky-Marsch. Ancora, e sempre restando nell’ambito musicale, la quinta sinfonia di Beethoven e il tanto amato dal regista americano Woody Allen secondo movimento della sinfonia mozartiana n.41 ‘Jupiter’, sono opere che, a volerle considerare in astratto, rimangono ‘fissate’ sul pentagramma e assumono il carattere della più assoluta staticità. Entrambe le opere, sotto il profilo formale della scrittura musicale possono ormai essere considerate ‘canonizzate’ perché non più modificabili dai rispettivi autori. Sappiamo d’altro canto che l’intramontabile interesse che questi sublimi capolavori continuano a suscitare nella critica musicale viene tenuto desto da alcuni tratti distintivi che vengono ad essi conferiti dalle differenti esecuzioni di performer diversi. Il valore artistico, in sostanza, è qui legato alla unicità, originalità e autorialità di ognuna delle svariate e tutte ugualmente possibili letture che dell’opera originale vengono date.

Il valore artistico, quello estetico e quello commerciale delle diverse interpretazioni della partitura originale delle composizioni musicali che sono state prese ad esempio subisce delle variazioni in relazione al gusto e al senso estetico dell’ascoltatore che di volta in volta, ‘guidato’ dall’analisi della critica, mostrerà di apprezzare o, al contrario, di non gradire, le peculiarità di una certa esecuzione rispetto a quelle di un’altra.

L’unicità e l’originalità, si è detto, costituiscono gli elementi capitali sui quali è fondato l’insieme delle qualità positive di un’opera d’arte. Il principio vale per tutte le tipologie artistiche e quindi non solo, ad esempio, per quella nuova e originale lettura del Clavicembalo ben temperato di J.S.Bach, ma anche per un componimento poetico, una pittura, una scultura, un’opera di architettura e per il film quale risultato, quest’ultimo, dell’arte cinematografica.

In generale, un’artista definito ‘unico’ dispone della capacità di creare opere che rinnovano e che perciò si pongono in discontinuità rispetto alla tradizione. La nostra cultura, in altri termini, predilige l’innovazione d’avanguardia, la ‘rottura’, l’‘esplorazione’.

La ricerca di nuovi linguaggi, di espressività insondate e di estrinsecazioni ‘poetiche’ inedite ha peraltro, talvolta, dato luogo ad atteggiamenti creativi da parte di alcuni artisti che possono essere definiti estremi e ironico-provocatori (così Del Guercio, che citando Piero Manzoni come esempio di radicalità, nomina, di questo artista, l’opera Merda d’artista in scatola).

La grande importanza attribuita agli elementi dell’unicità e dell’originalità, poi, si compenetra strettamente con quella rivestita dalla ‘autorialità’ di un’opera, dalla molto sentita necessità di individuare e ricondurre la creazione artistica, di qualunque genere essa sia, a un ben determinato autore al fine di disporre degli elementi necessari che consentono di cogliere il significato dell’opera.

Nel caso della musica classica, lo si è visto, si fa riferimento ai soggetti che eseguono la partitura e cioè ai solisti, alle prime parti dei vari strumenti, al direttore d’orchestra, e via dicendo.

Nei cartelloni dei teatri e delle sale da concerto di tutto il mondo come nei booklet contenuti nelle varie edizioni discografiche di una medesima sinfonia od opera lirica, viene data enfasi ai nomi dei vari esecutori che delle stesse, di volta in volta, forniscono letture che possono essere tra loro molto diverse.

Il principio della autorialità, ovviamente, mantiene per intero la propria validità anche quando si parla delle diverse riduzioni cinematografiche di uno stesso romanzo oppure dei differenti allestimenti di una medesima opera teatrale o lirica (tanto per intenderci: nel Rigoletto di Daniele Abbado si riscontreranno, rispetto all’allestimento della stessa opera di recente curato da Marco Bellocchio, un’impianto scenografico, una impostazione delle interpretazioni attoriali e via di seguito, in larga parte differenti). Per tutto ciò che finora si è detto, unicità, originalità e autorialità costituiscono punti di riferimento imprescindibili quando si parla d’arte in senso critico.

Conseguenza di ciò, complici la globalizzazione e la enorme diffusione commerciale del prodotto artistico-estetico, è, dappertutto, la standardizzazione dei canoni mediante i quali viene sancita la valutabilità in senso artistico dell’opera presa in considerazione e il consequenziale apprezzamento in senso economico della medesima.




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