martedì 16 ottobre 2018 - Aldo Giannuli

Una legge di regolamentazione dei partiti?

 

Nella scorsa legislatura, la Camera approvò il disegno di legge di regolamentazione dei partiti, passandolo al Senato. Favorevoli 268 (i dem e parenti stretti come casiniani, alfaniani…) contrari 36 (Sinistra Italiana e Conservatori Riformisti di Fitto), astenuti 114 (Forze Italia, Lega, democrazia solidare e … sorpresa, M5s che non ha votato contro). Il M5s ha sostenuto una battaglia serrata contro la legge, ritenendola diretta contro di sé, ma si è astenuto dichiarando di non essere contrario in linea di principio ad una regolamentazione per legge dei partiti. Naturalmente non se ne è saputo più niente. Qui riprendiamo il senso politico della questione.

Intanto partiamo da una constatazione: solo pochissimi paesi europei non sottopongono i partiti ad una qualche normativa più o meno stringente.

L’assenza di una regolamentazione per legge dei partiti e la ripresa del modello dell’autodichiarazione del partito politico proprio del regime fascista fu una delle cause di rilievo della degenerazione dei partito in oligarchie antigiuridiche: tesseramenti truccati, brogli congressuali e congressi fatti “a tavolino”, bilanci truccati, espulsioni pretestuose dei dissidenti, lottizzazioni per corrente dei posti di potere furono tutte prassi rese possibili o anche solo facilitate dal ”far west partitico” della Prima Repubblica.

La seconda repubblica ha risolto il problema azzerando il discorso della democrazia interna attraverso la nascita dei “partiti del leader”: congressi karaoke o nessun congresso, statuti inesistenti o impossibili da trovarsi, leadership non elette e mai verificate, gruppi dirigenti informali (cerchi magici, gigli magici, corte di Arcore ecc.) che contano più di quelli formali eccetera.

Dunque, un riordino della materia è necessario e non credo basti più l’autodichia dei partiti che continua a produrre disastri. Il punto è questo: i partiti vengono considerati società private ed al livello giuridicamente meno significativo, quello delle società di fatto, per cui i magistrati trovano facile eccepire il difetto di giurisdizione.




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