venerdì 10 ottobre 2014 - angelo umana

Una giornata particolare, di Ettore Scola

In film precedenti i due mostri sacri del nostro cinema, Loren e Mastroianni, avevano interpretato commedie all’italiana piene di trovate, rivedendo le quali si sorride un po’ e si constata come il tempo è passato, sembrando esse un po’ naif.

In “Una giornata particolare” del 1977 è diverso il regista, Ettore Scola, che fa dire e fare ai due qualcosa di molto lontano da quelle commedie, un film intimista, due persone di vita e di estrazione diverse che s’incontrano, comunicano e si ritrovano infine più vicine di quanto le convenzioni sociali farebbero pensare. Va detto che i due interpretano fedelmente la parte assegnatagli, pure se in qualche momento viene fuori la loro personale vena istrionica.

Antonietta Tiberi è la schiava di casa, come una volta ce n’erano tante, più di oggi: lo è del marito – dirà “Mio marito con me non parla, ordina, di giorno e … di notte” - e dei sei figli, abituati a trovare tutto pronto, di quelli che danno per scontato che spetta alla mamma sbrigare ogni cosa in casa. Gabriele invece è un uomo solo, abita nell’appartamento che ha la finestra di fronte e si è trasferito in quel popolare e popolato caseggiato da soli due mesi. Lei poco istruita e ligia al regime del tempo, con il marito usciere in un ministero non poteva essere altrimenti, ha in casa un libro autocelebrativo dedicato dal duce alle casalinghe di allora, con le sue foto in posa e le sue frasi famose, tipo “Inconciliabile con la psicologia femminile, il genio è soltanto maschio”. Lui è colto, gentile e fantasioso, alla casalinga non par vero che un uomo così possa esistere: annunciatore alla radio nazionale ne è stato estromesso ufficialmente per le sue “tendenze depravate”, è omosessuale e destinato al confino per sospetto antifascismo.

E’ il 6 maggio 1938, dal caseggiato parte una fiumana di gente vestita di nero o con la divisa delle grandi occasioni: Hitler è venuto in visita ufficiale al duce e Roma è deserta, tutti raccolti dove i due “grandi uomini” celebrano la loro alleanza, parate militari e mostra di uomini e mezzi. Bella la quasi complicità che si crea tra chi resta, nel silenzio. “Galeotto” della conoscenza tra i due è il pappagallo di Antonietta che vola via, proprio sulla finestra di Gabriele. “L’oselin volea volare, l’oselin della comare”: Antonietta aveva proprio bisogno di quel “volo”, una nuova conoscenza che la facesse uscire mentalmente dalle solite quattro mura. Gabriele le rivela di essere “né marito né padre né soldato”, dunque fuori dai canoni comuni di allora; le regala il primo libro che lei comincia subito a leggere, “I tre moschettieri” e la convince che non è l’inquilino del 6° piano ad essere antifascista ma che è il fascismo ad essere anti-inquilino del 6° piano...

Non è casuale che appena sola a casa, quando i suoi se ne sono andati, le capiti tra le mani il fumetto di uno dei suoi ragazzi, “Il libro dei Pigmei” dove una vignetta recita “se delle bestie così piccole debbono fare delle bestialità così grandi…”. All’inizio del film il regista mette cinque minuti buoni di filmati autentici di quel giorno e nel silenzio del caseggiato riecheggiano le frasi tronfie di retorica pronunciate alla radio in occasione di quella visita di Stato: “Fieri della loro marziale bellezza, capo dal genio indiscusso, urbe ammantata di tricolore, virile volontà di pace, magnifica realtà dell’Italia fascista, solenne marziale e vibrante di romano orgoglio”.

Non meno entusiastici, seppure fallaci, sono i commenti del marito di lei al ritorno dal grande ritrovo, “giornata fatidica, indimenticabile, fra venti o trent’anni (rivolto ai figli) potrete dire c’ero anch’io” e “l’alleato ce lo siamo saputi scegliere”. Nel dopocena dirà pure ad Antonietta, con l’aria dell’uomo che può disporre dell’accessorio-moglie, “se nasce il settimo lo chiamiamo Adolfo”, ma lei sembra già voler percorrere altre strade di vita, la giornata particolare con Gabriele le ha fatto intravedere un mondo da esplorare.

 




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