mercoledì 22 maggio 2013 - UAAR - A ragion veduta

Una Chiesa sempre più politicizzata

Coloro che, in “buona fede”, pensavano che la Chiesa avesse iniziato un percorso di cambiamento stanno probabilmente andando incontro a una cocente delusione. Non che i cambiamenti non ci siano (a livello pastorale, e ancora più di immagine), ma non riguardano certo i temi cari ai laici. Del resto, gli atti concreti del cardinale Bergoglio in Argentina non sono mai andati in questa direzione, anzi. Se la Chiesa cattolica italiana fa politica come e più di prima non deve dunque sorprendere.

Già il governo tecnico di Mario Monti aveva una evidente impronta cattolica nella composizione dei ministeri ed è stato ben accolto dalla conferenza episcopale. Tanto che avevamo parlato di “governo Bagnasco“, notando poi che l’esecutivo Monti era ben disposto verso i desiderata della Chiesa su temi come l’esenzione dell’Imu alle strutture ecclesiastiche o la legge 40. Che ricambiava d’altronde questa simpatia, tanto da approvare la “salita” in politica dello stesso Monti con Scelta Civica.

Con le ultime elezioni di febbraio, è uscito un Parlamento in teoria più sensibile a tematiche laiche e meno vincolato al consenso della Chiesa. Ma l’impossibilità di formare un governo stabile di coalizione ha portato Pd e Pdl a un’intesa sull’esecutivo guidato da Enrico Letta (Pd), nipote del gentiluomo di Sua Santità Gianni Letta (Pdl). Un governo dalla moderata impronta cattolica e anche in questo caso caldeggiato dalla conferenza episcopale, guidato da un giovane ex Dc poi passato al Pd. D’altronde l’interventismo dei vescovi si era già dispiegato poco prima, con la rielezione di Giorgio Napolitano a presidente della Repubblica.

Ormai sappiamo come sia consuetudine da parte della conferenza episcopale dare consigli e commentare la formazione dei governi, nonché il loro andamento, come fosse un vero e proprio “parlamentino” clericale, o una terza e informale camera. E come i media ritengano normale riprendere e amplificare certe dichiarazioni. Stavolta il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, durante la recente assemblea dei vescovi ha lanciato un appello ai politici per andare presto avanti con il governo Letta: “l’ora è talmente urgente che qualunque intoppo o impuntatura, da qualunque parte provenga, resterà scritto nella storia”. Bagnasco inoltre fornisce suggerimenti per le politiche del governo e ribadisce i no della Chiesa. E lancia un monito sulla famiglia: “è un bene universale e demolirla è un crimine, affonda le sue radici nell’essere dell’uomo e della donna e i figli sono soggetto di diritto da cui nessuno può prescindere”. Il porporato tiene a precisare che “la famiglia non può essere umiliata e indebolita da rappresentazioni similari che in modo felpato costituiscono un vulnus progressivo alla sua specifica identità e che non sono necessarie per tutelare diritti individuali in larga misura già garantiti dall’ordinamento”. Un attacco frontale alla possibilità di garantire diritti e riconoscimento alle famiglie non ‘tradizionali’, per esempio alle coppie omosessuali o alle convivenze, mentre nel resto del mondo si approvano matrimoni gay e unioni civili. Esprime anche “raccapriccio per la violenza sulle donne”, ma invece di riconoscere quanto questa fermenti spesso proprio in realtà tradizionali, maschiliste e nelle famiglie, attribuisce il fenomeno al “deserto di valori spirituali e morali così spesso denigrati o derisi come merce vecchia da buttare in soffitta” e se la prende con la “conclamata libertà individuale senza limiti e regole”.

Le ingerenze della Chiesa nella politica, più o meno dirette, sono abituali. Il referendum sui finanziamenti del Comune di Bologna alle scuole private, soprattutto cattoliche, ne è l’esempio recente più lampante, visto che ha fatto scendere in campo in maniera compatta e rumorosa lo schieramento clericale. Con il diretto coinvolgimento delle gerarchie ecclesiastiche, anche da parte del cardinale di Bologna Carlo Caffarra e proprio del cardinale Bagnasco.

Dopo l’attivo sostegno al governo e alla lista Monti, la conseguente disfatta elettorale avrebbe dovuto avviare qualche riflessione. Invece, l’aver contribuito prima a riportare Napolitano al Colle, e poi a dar vita al governo Letta deve aver evidentemente accantonato certe remore. Nessuno chiede che sia chiusa la bocca alla Chiesa: al contrario, è meglio per tutti se conduce la sua azione politica alla luce del sole. Però devono valere le stesse regole che valgono per tutti gli attori politici, a partire dal conflitto di interesse. Concedere oltre sei miliardi all’anno di fondi pubblici a chi è attivamente impegnato a stabilire i destini politici del Paese (tra l’altro, in aperta contrapposizione con le scelte degli elettori) ci sembra sempre più ingiustificato.




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