lunedì 10 novembre 2014 - Phastidio

Un soldino risparmiato è una svista del governo

Martellante come ogni campagna pubblicitaria che si rispetti, anche nei giorni scorsi il nostro premier ha pensato di farci sentire in colpa per questa nostra incomprensibile (ai suoi esperti occhi) tendenza a risparmiare di fronte ad una fase di incertezza e negatività che non ha eguali nella storia di questo paese.

Parlando durante la visita agli impianti di Piaggio Aerospace, Renzi ha scolpito:

«In Piaggio hanno sempre avuto voglia di futuro mentre in Italia fa paura, si sta con il freno a mano tirato, nonostante la crisi il risparmio aumenta. Siccome c’è la crisi cresce la paura ed i risparmi non sono mai cresciuti in modo così elevato perché il futuro ha smesso di essere un’opportunità, sembra qualcosa da cui difendersi». Così il premier Matteo Renzi in visita a Piaggio Aerospace (Ansa, 7 novembre 2014)

Premesso che, durante una crisi, forse il risparmio aumenta pure, e premesso che aumenti del risparmio sono potenzialmente positivi per il futuro di un paese, qui non è chiaro cosa voglia Renzi, esattamente. Appurato che il risparmio precauzionale è un dato di fatto, servirebbe magari capirne le motivazioni profonde: l’incertezza su tutte, come detto. Ad esempio il Regno Unito, dopo anni passati a stagnare tristemente, dallo scorso anno ha visto un calo piuttosto vistoso del tasso di risparmio, che ne ha spinto la crescita. Sulle motivazioni di quel calo dovrebbero indagare sociologi e psicologi sociali, più che gli economisti.

Nel caso italiano, se Renzi ha deciso che “si deve” tagliare il tasso di risparmio, ricorrendo a modalità fiscalmente punitive, occorre preliminarmente capire che fare da grandi. Vogliamo trasformare parte di quel risparmio in consumi correnti? Oppure vogliamo che quel risparmio prenda la strada di investimenti produttivi? Nel primo caso, forse servirebbe capire che colpevolizzare i cittadini, accusandoli di fatto di essere gufi perché troppo “negativi” sul futuro, è una purissima scemenza, per usare un eufemismo. Nel secondo caso, relativamente alla situazione italiana, bisognerebbe rendersi preliminarmente conto che è difficile incentivare il risparmio privato verso investimenti produttivi ed innovativi se la fiscalità resta così ferocemente discriminante e discriminatoria a tutto vantaggio del debito pubblico. Che, come noto, rappresenta la frontiera più avanzata dell’innovazione tecnologica, giusto?

E’ piuttosto evidente che Renzi, in qualche rimasticatura di questi concetti, ha capito che nel breve periodo a lui serve che si risparmi di meno. Tuttavia, poiché la realtà continua pesantemente ad ostacolarlo, egli ha deciso di usare un’azione a tenaglia: rimbecillire gli italiani di messaggi di ottimismo per indurli a consumare e picchiare duro sulla fiscalità punitiva per chi risparmia, nel tentativo di abbattere il rendimento del risparmio dopo le imposte. Entrambe le strategie sono destinate ad una fine miserrima ma a produrre enormi danni di lungo periodo. Cose che capitano, quando si vuole forzare la mano alla realtà.

Volendo applicare a queste chiacchiere da bar una qualche scientificità, potremmo ricorrere alla teoria dei saldi finanziari: quello pubblico, privato (famiglie ed imprese), e quello dei conti con l’estero. Quindi: se lo stato si sposta verso maggiore risparmio, puntando al pareggio di bilancio, serve un movimento compensativo fatto di calo del surplus privato. Quindi, dal versante delle famiglie, servono più consumi e più debito; da quello delle imprese più investimenti. Ma se le famiglie hanno timore di un futuro fatto di pensioni da fame ed incertezza elevata circa la stabilità lavorativa, scordatevi un aumento dei consumi. Analogamente, se le imprese non hanno domanda per i propri beni, tendono a non investire e trattenere il proprio surplus finanziario. Resta il canale di compensazione rappresentato dall’aumento del surplus commerciale con l’estero ma per quello serve tempo, molto tempo, ed avere dietro un sistema paese che funzioni. Il progetto di Renzi è ambizioso (almeno a livello di slogan) ma la sua capacità di incidere sulla realtà è assai limitata, al momento.

Ultima considerazione, a margine: poi, un giorno, con tutto comodo, il buon Renzi ci spiegherà perché ha creato un bonus così privo di senso, limitato e discriminante, rispetto all’obiettivo di aumentare i consumi. Perché a noi continua a sfuggire il razionale di questo disegno. E dire che il premier è circondato da eminenze grigie, come lo stesso Yoram Gutgeld, quello della “bomba atomica” raccontata al Financial Times. A questo proposito, il 7 novebre sul Corriere c'era un commento (in realtà neutro e “tecnico”) di Mario Sensini sulla perversione della tassazione del Tfr in busta paga, ma il titolo scelto a via Solferino è un gioiellino phastidioso:

"La “bomba atomica” di Gutgeld che vale lo 0,1% del Pil"

E’ bello, quando i nostri grandi giornali fanno un minimo di fact checking. Sarebbe addirittura splendido se ciò non avvenisse per motivazioni legate soprattutto a sbertucciare la concorrenza internazionale, colta in un momento di credulità molto italiana.

Foto: Palazzo Chigi, Flickr.




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