lunedì 19 ottobre 2020 - Gerardo Lisco

Un libro sugli uomini scritto da una donna per gli uomini

In questi giorni per le Ed. Chiarelettere è possibile acquistare in libreria il pamphlet scritto dalla giornalista Tiziana Ferrario dal titolo “Uomini, è ora di giocare senza falli”. Il doppio senso richiama la critica alla società patriarcale e fallocratica, ma ad una lettura attenta si scopre che non è la solita critica al maschilismo. 

Pur non essendo un nuovo manifesto che incita alla lotta contro il “maschio represso”, il libro presenta una serie di contraddizioni che non emancipano il pensiero dell’autrice da una narrazione maistream egemonizzata dall’ideologia del politicamente corretto. Richiamando a titolo di esempio alcuni passi proverò ad evidenziare quell’approccio mainstream che a volte rende la narrazione banale e in chiara contraddizione con le conclusioni. Il primo caso è la descrizione del “politico maschilista”e di come utilizzi il tema delle “quote rosa” per poter continuare a conservare la propria posizione egemone. Calderoli tempo fa si permise di evidenziare questo aspetto e venne stigmatizzato proprio da quel pensiero che, progressista e femminista, avrebbe dovuto cogliere il senso profondo delle sue dichiarazioni, cosa che fece solo il politologo Gianfranco Pasquino,sottolineando la effettiva mancanza di parità. A differenza di ciò che la Ferrario lascia intendere, l’ideal – tipo della donna funzionale al sistema dominato dal politico maschilista è proprio la Boldrini, eletta parlamentare solo perché candidata in ben cinque collegi. Altro esempio dal quale si evince la solita narrazione mainstream in contraddizioni con la conclusione del discorso che sviluppa l’Autrice sono le pagine dedicate al cantante Achille Lauro citato come esempio di “uomo femminista”. La Ferrario riporta ciò che Lauro ha scritto sul suo profilo Istagram "Oltre il maschile e il femminile. Oltre gli schemi omologanti di una sessualità politicamente corretta. Oltre la divisione binaria, metto solo un filo di rossetto" Per la verità ad essere politicamente corretto è proprio Achille Lauro. La sua esaltazione dell’indistinto, della sessualità fluida e della spersonalizzazione è ciò che chiede il sistema economico neoliberale che vuole individui indistinti,massificati e flessibili facili da controllare e funzionali al mercato. Sarei curioso di conoscere cosa pensa la dott.ssa Ferrario di Donna Haraway e del suo Manifesto cyborg. Altro passaggio dal quale evinco contraddizioni rispetto all’obiettivo che si pone è quando accomuna lo sfruttamento delle donne con il razzismo, l'omofobia ecc. ecc. anche questo è un tema mainstream in linea con le tante correnti di pensiero ormai dominanti. Tale narrazione ha fatto assurgere il concetto di “uomo bianco, eterosessuale e occidentale” a categoria universale da utilizzare per interpretare tutte le società umane indipendentemente dall’essere asiatico, africano ecc.. Mi è sufficiente pensare a film come “Lanterne Rosse” e “Addio mia concubina” per poter affermare il contrario. Faccio fatica a pensare che il sistema sociale descritto in quei film sia stato determinato dall’Occidente. In questa narrazione della Ferrario c’è ancora una volta la pretesa Occidentale di voler egemonizzare il Mondo e per farlo deve imporre alle altre culture i propri “sensi di colpa”. In un altro passo scrive "Viviamo in un mondo pensato dagli uomini, costruito a misura di uomo, nel vero senso dei centimetri, immaginato per soddisfare le esigenze di un maschio alfa bianco". Mi chiedo: davvero le donne raggiunta la giusta emancipazione sessuale non pensano ai centimetri e la relazione tra quei centimetri e il loro organo sessuale? A leggere e ascoltare saggi e interviste non mi risulta. Penso ad alcune pagine scritte da Carla Lonzi a proposito di “donna vaginale e donna clitoridea”. In un altro passo scrive la Ferrario "Le Donne Maschiliste sono insopportabili, perché hanno rinnegato la loro natura, a volte si camuffano da uomini prendendone il peggio, a volte fanno le svenevoli con loro. Sono infide e ingannevoli, possono avere o non avere una famiglia, ma non hanno alcuna tolleranza per chi ce l'ha e deve conciliare i tempi dei figli con quelli del lavoro. Si ritrovano spesso sole, ma non cambiano e non si ricredono". Alla categorie delle donne maschiliste sono da ascrivere le promotrici del movimento #MeToo. Donne che, per dirla con Vecchioni, non sono donne con la gonna ma donne stronze come un uomo che, aggiungo io, hanno saputo utilizzare al meglio le non regole di un sistema sociale privo di etica. Il femminismo della Ferrario è quello della giusta eguaglianza tra uomo e donna utile all'intero sistema sociale. Che sia così lo evinco da passaggi come questi "sono pochi soprattutto in politica, dove invece ci sarebbe un gran bisogno di uomini nuovi che si facessero promotori di leggi e riforme a favore di un ingresso massiccio delle donne nel mondo del lavoro. Il sostegno serio alla famiglia non si fa con sterili convegni anacronistici, ma con un'organizzazione sociale nuova che concili le esigenze di donne e uomini di qualunque età che abbiano figli da crescere o genitori da accudire. Non è una questione di donne, ma un problema pratico di tutti". Il pregio del pamphlet della Ferrario, al netto delle contraddizioni che ho provato ad evidenziare, è racchiuso nelle conclusioni quando propone un patto tra uomini e donne per la costruzione di una società più giusta ed eguale. Ed è questa conclusione che rende il pamphlet stimolante e ricco di spunti di riflessioni utili al confronto. In un sistema economico e sociale nel quale la disuguaglianza è dilagante la questione è la giustizia sociale e non la sola uguaglianza tra generi. L’attuale sistema economico e sociale destruttura i rapporti sociali, li rende fluidi, rendendo tanto la donna quanto l’uomo liberi solo di scegliere in che modo essere economicamente sfruttati e schiavi di nuovi stereotipi. E’ un sistema che chiede tanto agli uomini quanto alle donne di essere performanti, flessibili e adattabili alle esigenze del mercato a costo di sacrificare proprio quei sentimenti alla cui necessità di esternazione l’autrice fa spesso riferimento. Le riflessioni conclusive della Ferrario mi richiamano alla mente un articolo del 2013 della filosofa femminista Nancy Fraser quando scriveva

"Come femminista ho sempre pensato che, combattendo per l’emancipazione delle donne, stavo anche costruendo un mondo migliore – più egualitario, più giusto, più libero. Ultimamente ho cominciato a temere che gli ideali ai quali le femministe hanno aperto la strada vengano utilizzati per scopi molto diversi. Mi preoccupa, in particolare, che la nostra critica del sessismo fornisca oggi giustificazione a nuove forme di disuguaglianza e di sfruttamento. Quasi fosse un crudele scherzo del destino, il movimento per la liberazione delle donne sembra essersi avviluppato in una relazione pericolosa con gli sforzi neoliberisti nel costruire la società del libero mercato. Questo potrebbe spiegare perché una serie di idee femministe, che un tempo facevano parte di una visione del mondo radicale, oggi vengono utilizzate a fini individualistici. In passato, le femministe criticavano una società dove si promuoveva il carrierismo, adesso viene consigliato alle donne di “affidarsi”. Il movimento delle donne una volta aveva come priorità la solidarietà sociale, oggi festeggia le imprenditrici. La prospettiva di allora valorizzava la “cura” e l’interdipendenza umana, ora incoraggia il progresso individuale e la meritocrazia.(…)".

Mi piace pensare che la giornalista Tiziana Ferrario sia esattamente su questa stessa linea.

 




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