Un boss in salotto, banale e poco divertente

L’idea di partenza è buona, sebbene ovvia e non proprio nuova, ma Luca Miniero non riesce a svilupparla appieno ed Un boss in salotto non riesce a divertire o far pensare, fallendo i suoi obiettivi. E questo nonostante la presenza di un cast potenzialmente funzionante sia dal punto di vista comico che da quello attoriale.

Michele e Cristina vivono nel profondo nord con i loro figli. Lei punta al successo della famiglia, a sfondare nell’alta società. ogni suo gesto è mirato ad entrare nelle grazie della famiglia del datore di lavoro di suo marito, industriale che è praticamente il padrone del paesino. Marito e figli sono di lei succubi.

Poi però dal profndo sud arriva Ciro, il fratello che Cristina ha provato a cancellare dalla sua vita. Ladruncolo, ora accusato di essere un boss mafioso, ha scelto la casa della sorella per gli arresti domiciliari.

Lei, che ha raccontato alla famiglia che il fratello era morto, vede a rischio tutto quello che ha costruito e cerca di nascondere la presenza di Ciro. Ma familiari (e soprattutto cittadini) accoglieranno il presunto camorrista in maniera inattesa.

Il giochino è semplice. La vita perfetta e costruita con tanta fatica viene distrutta da un’apparizione del passato. Crisi e lacrime, poi però la sorpresa di vedere che sorprendentemente tutto comincia a funzionare per il meglio. Il ribaltamento della situazione attesa.

Come detto l’idea è buona e spingerebbe alla riflessione su quali sono le aspettative, quale la realtà. Su paure e clientelismi, truffe, paese allo sbando ed un sacco di altra roba.

Solo che il film non funziona ed anche la riflessione si arena in partenza.

E poco funziona anche la parte comica, nonostante le presenze forti di Paola Cortellesi e Rocco Papaleo. Sotto i suoi standard anche Luca Argentero, così finisce che la figura migliore la fa Angela Finocchiaro, relegata in un ruolo decisamente secondario ma riuscito.

Insomma una storia potenzialmente funzionale ma film buttato lì con poca attenzione…