lunedì 29 luglio 2019 - Emilia Urso Anfuso

Umani disumani? Sono sempre esistiti ma ora possiamo contarli...

La disumanità esiste, e i suoi effetti sono sotto gli occhi di tutti ogni giorno attraverso varie forme.

Prendiamo il caso dell’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega, ucciso a Roma mentre prestava servizio, novello sposo che lascia disperata una giovane moglie.

Tra lo sgomento generale, le commoventi manifestazioni di vicinanza e di cordoglio da parte di tutte le forze dell’ordine, che sono arrivate a sostare con le macchine di servizio, e con le sirene spiegate, davanti alla sede centrale dell’Arma dei Carabinieri, ecco arrivare lei, l’intrusa, il granello nell’ingranaggio.

Identikit: professoressa di 51 anni di Novara, utente di Facebook. Scrive un commento. Uno di quelli che nemmeno nei peggiori film trash è consentito inserire. Ecco lo screenshot del post in questione, a futura memoria e affinché la gogna pubblica torni a valere qualcosa, come un tempo:

Commesso il fattaccio, divenuto virale il post, la tizia prova persino a scusarsi - evidentemente per timore di perdere il posto - peggiorando la situazione: «Ho commesso un errore gravissimo, me ne sono resa conto. Ho scritto una cazzata».

No, professoressa, non ha “scritto una cazzata” ha commesso un’infamia. Punto. Un post del genere, o meglio degenere, scritto da chi dovrebbe educare i giovani, non solo sulle materie del proprio corso, ma alla vita, alla civile convivenza, fa schifo.

Una persona così, che non è in grado di comprendere la gravità del pensiero che formula e che, addirittura, decide di rendere pubblico, non può insegnare, non può lavorare nel mondo dell'educazione.

Non sono troppo rigida, è una fetta di umanità a chiedere troppo facilmente clemenza per le proprie azioni e i propri pensieri che, oggi, non si trattengono più nella mente ma si rendono pubblici attraverso i social network.

Che modello può essere per i suoi allievi? La vergogna dovrà prevalere su qualsiasi decisione sarà presa, nei confronti di costei, dal MIUR.

Insegnare, educare, essere educati e umani: un compito troppo alto, troppo difficile a quanto pare, in una società ormai impazzita, inselvatichita, disumanizzata. I motivi di questa trasformazione, spiegatemi, quali sarebbero? Ogni essere umano ha da raccontare di aver subito eventi avversi, ogni singolo individuo può narrare una vita il cui percorso è fatto di ostacoli, ma a nessuno – e ribadisco nessuno – è concesso di diventare disumani per tali ragioni se queste dovessero essere le motivazioni a discolpa. Non sono, e non saranno mai, una scusante.

Nemmeno chi accende PC e tastiera sotto l’effetto di alcol o droghe per poi scrivere nefandezze di ogni sorta contro il prossimo può ottenere perdono. Auspico che la tecnologia informatica possa offrire, a breve, la soluzione almeno a questo problema, peraltro diffuso, che si evince da certi post o commenti. Basterebbe installare un etilometro dentro al quale soffiare se si vuol accendere il PC e avviare la connessione al web. O un test per appurare se si sia fatto uso di sostanze stupefacenti.

Tornando al caso in questione, non trovo alcun tipo di scusante per comportamenti di questo tipo. Semplicemente perché non ne esistono.

I social sono divenuti ciò che chi li ha creati forse immaginava: contenitori di carne umana tritata. E di umani che, ogni giorno, ci sputano dentro la propria rabbia, le vite fallite, le corna, le ingiustizie, le delusioni. Non possiamo parlare di civiltà e di progresso se questo è l’uso che serti umani fanno di mezzi eccellenti.

Mi viene quindi in mente un solo pensiero: non sono i problemi personali e sociali o la crisi economicaad aver modificato una fetta di umanità, corrompendola al punto da disumanizzarsi.

Costoro erano già così, e provengono da famiglie che li hanno educati alla miseria dell’animo, del cuore e della mente.

Semplicemente, prendendo a prestito una famosa frase di Umberto Eco, ora possiamo persino contarli.




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