lunedì 1 agosto 2011 - Pere Duchesne

UE: l’ingresso della Croazia e il calo dell’idea europea

Proviamo per un poco a lasciar perdere i Tremonti, i Bersani e tutte le beghe italiane, e apriamo gli occhi su quanto sta avvenendo alla chetichella, senza che i media ne parlino: è ripartito l’iter per l’ammissione della Croazia all’Unione Europea, come sempre senza sentire il parere dei popoli europei. In questi ultimi anni la crisi dell’Unione si è aggravata, proprio quando l’idea di casa comune è quanto mai diffusa soprattutto fra i giovani ed anche i meno giovani, che studiano e lavorano nei vari paesi europei. La crisi è palpabile, aggravata dalle difficoltà economiche e dai paesi in difficoltà che possono trascinare anche gli altri verso il baratro. Non è facile valutare i motivi del calo dell’idea europea, ma credo che molto dipenda dalla burocratizzazione delle strutture comunitarie e dalla percezione negativa che ha delle stesse la gran parte delle popolazioni europee: il lavoro degli eletti a Bruxelles è sconosciuto, ammesso che esista, i media ne parlano raramente, se non per qualche sceneggiata casalinga portata sul palcoscenico europeo. Per restare nel nostro paese, per anni i posti di deputato europeo sono stati appannaggio dei politici di primo piano, decisi a raccogliere le notevoli prebende, continuando a stare in Italia ed occupandosi degli affari locali (ricordate i Craxi e i Martelli e i loro record di assenze?). Poi, negli anni successivi, il Parlamento europeo è servito per sistemare amici fedeli o politici trombati o in momentaneo disarmo: se pensiamo all’ultima elezione e guardiamo i vari Mastella, De Mita e compagnia bella, che speranza possiamo avere per l’Europa? Non credo che gli altri paesi stiano meglio di noi, sotto questo aspetto.

Il punto di rottura mi sembra collocabile al tempo della Commissione presieduta da Prodi (anche lui inviato a Bruxelles per consolazione e per toglierselo dai piedi in Italia), con l’ammissione dei dieci nuovi stati, senza chiedere il parere alle popolazioni dei paesi che costituivano il primo nucleo. Abbiamo lasciato decisioni cruciali ad un pugno di burocrati, magari lusingati di passare alla storia come i creatori della grande Europa, ed erano decisioni per le quali era necessario un referendum: la sovranità popolare è una burletta se affidata a questi personaggi. L’ammissione frettolosa di Romania e di Bulgaria, ad esempio, ha provocato più danni all’idea europea di una crisi economica, e l’ammissione di Malta e Cipro è solo una barzelletta.

Il tutto aggravato dall’Euro che, pur essendo l’unica cosa buona e utile di tutti questi anni, è percepito dalle popolazioni come uno degli elementi che hanno creato problemi: colpa di chi non ha saputo presentarlo per quel che era realmente. Qualcuno ha mai cercato di far capire agli italiani cosa sarebbe la nostra povera lira se ancora esistesse, in questi sconquassi monetari? E i vergognosi rincari dei prezzi in Italia sono anche (o solo) conseguenza dell’insipienza dei governi che hanno introdotto l’euro in Italia, dove il cambio vedeva quasi duemila lire per un euro, senza tener conto dell’impatto su gente non più abituata ai centesimi, e che ha cominciato subito ad infastidirsi per le monetine di rame, senza riportarle al loro valore in lire. Senza contare i due gravi errori commessi da chi ha preso le decisioni pratiche sull’euro: il primo è la mancanza di un biglietto di banca del valore di un euro (come per il dollaro e la sterlina) che ha contribuito a confondere la gente, alle prese con monete di 1 e 2 euro, che equivalgono in pratica ai vecchi biglietti da 2000 e 5000 lire, e che essendo monete, sono percepite come spiccioli. Il secondo errore è la stampa di banconote da 200 e 500 euro, utili per il riciclaggio, o per le transazioni sospette: eppure bastava pensare un momento al dollaro per il quale non esistono banconote maggiori di 100 dollari, o alla sterlina con 50 sterline come maggiore banconota (solo il franco svizzero ha un equivalente dei 500 euro).

La stupidità e l’avidità di vaste categorie tipo commercianti, ristoratori e rivenditori di servizi, hanno portato a pareggiare lira ed euro nel peggiore dei modi, trasformando i prezzi in lire direttamente in euro: le pizze costavano da 4000 a 8000 lire, sono diventate quasi subito 4 e 8 euro, senza nessun controllo da parte del governo (bastava far depositare gli ultimi listini in lire e andarli a controllare dopo un anno).

Il divario fra popolo e rappresentanza europea è diventato così abissale che non si osa nemmeno più chiamare il popolo a dare il proprio parere su una questione vitale e fondamentale come la Costituzione europea.

L’allargamento a 27 stati non è ancora minimamente digerito e si parla di Croazia e di altri stati. Grazie no! I futuri allargamenti, se ci devono essere, devono essere sottoposti a referendum popolare: questo dovrebbe chiedere fermamente la gente, ma sembra che i popoli siano indifferenti a tutto questo, salvo poi a protestare dopo. Ma almeno proviamo a chiedere, prendendo occasione dalla Croazia.

Mi piacerebbe che così fosse: l’Europa invece affonderà sempre più rapidamente, anche e soprattutto per il disinteresse della gente; del resto, come la rappresentanza politica italiana è lo specchio della gente che la elegge, così è anche per la rappresentanza europea. Abbiamo chi ci meritiamo.




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