martedì 16 agosto 2016 - Paolo Giardina

“U sceccu”, esemplare unico di uomo

... se il “potere” si concretizza attraverso quel necessario connubio dell’uso della forza, propria degli animali e della ragione che è tipica dell’uomo, essendo cambiati i tempi, il nostro mito, quello che ci assomiglia di più, potrebbe essere ... “u sceccu”.

L’uomo ha sempre cercato di rappresentarsi in qualche divinità.

Gli antichi si “inventarono” dei modelli da imitare, dandogli sembianze umane, per dimostrare la superiorità dell’uomo sugli altri animali.

Anche oggi, c’è chi si “vede” con le sembianze di Alessandro Di Battista, chi di Matteo Renzi, altri di Silvio Berlusconi o di Matteo Salvini, e così via.

Però, a pensarci bene, la rappresentazione è la ricerca immaginaria di un modello perfezione. Un super eroe, che piange per raccattare consensi, è troppo umano, l’altro ha bisogno della scorta per “attraversare” quel mare di popolo in tempesta.

No, non è proprio il massimo.

Allora, se il “potere” si concretizza attraverso quel necessario connubio dell’uso della forza, propria degli animali e della ragione che è tipica dell’uomo, essendo cambiati i tempi, il nostro mito, quello che ci assomiglia di più, potrebbe essere un specie di centauro, con il busto umano, ad esprimere la forza e con la testa di… “sceccu”, per l’aspetto della ragione.

Ora è utile, sin da subito, mettere in chiaro una differenza, “u sceccu” non è l’asino. Dare dell’asino a qualcuno, vuol dire consegnarli la patente di ignorante, in quanto non conosce le regole di base, elementari. Dire di una persona “sceccu” è molto di più, non parliamo di ignoranza a livello primario, ma l’assenza di conoscenza è universitaria.

In altre parole, l’asino è maestro elementare di ignoranza, “u sceccu” è docente universitario.

In Sicilia si dice, “Attacca u sceccu unni voli u patruni”, viene a dire che, bisogna fare sempre quello che vuole chi comanda. L’uomo è “caricato consapevolmente di portare sulle spalle il fardello… della pene nella storia”

Guardando un po’ indietro nel tempo e nello spazio, esistono due costanti.

Gli uomini chiamati a comandare cambiano con una certa frequenza, diciamo ogni venti anni, assumendo sembianze diverse, con la capacità “camaleontica” di adattarsi all’immagine “desiderata” dall’uomo.

Il popolo, amante ideale del comandante o dell’aspirante capo, è sempre uguale a se stesso.

Possiamo dire che il popolo sovrano, indossando i paraocchi, non vede altro che se stesso, e chiaramente “sceccu nasci”, “sceccu campa” e “sceccu mori”.




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