martedì 3 giugno 2014 - angelo umana

Tutti i rumori del mare, di Federico Brugia

Tutti i rumori del mare è un testo letterario più che un film, sebbene questo rappresenta bene la vicenda che descrive, un traffico di ragazze ungheresi sole da far prostituire in Occidente. La rappresenta bene perché le immagini trasmettono l’atmosfera giusta del giallo, dell’ambiente criminale, oltreché dei paesaggi grigi e innevati, con un’apertura sul mare italiano solo alla fine. E’ tratto ("liberamente") dal libro scritto dallo stesso regista Federico Brugia con Anna Giordano, La lingua del cane.
 
Il testo è quello riportato dal racconto di sé del protagonista, un assorto e silenzioso Sebastiano Filocamo, grande interpretazione davvero: affidabilissimo e riservato, lui è il maturo personaggio X che s’incarica dei trasferimenti, vive da solo in un albergo abbandonato di Budapest, fuma moltissimo ed ha una moglie e una figlia da qualche parte in Italia, presenze cancellate ma che a istantanee vengono fuori nei ricordi. I suoi passatempi sono un game-boy e tenere in vita sul web le diverse identità che si attribuisce. Metodico si prepara i pasti da solo, stira le sue camicie e si sveglia sempre un minuto prima della sveglia, alle 6:59 (non si può non ripensare all’agente HGW XX/7 di Le vite degli altri o al John May di Still Life o a Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Grasso). 


Questa volta è una ragazza meno che ventenne a essere portata all’estero, Nora, che però – si scopre nel viaggio - non è del tutto sola, un fratello la sta cercando. Fuggì di casa piccolissima, per un incendio ove perse la famiglia (la scena si macchia a volte d’inchiostro liquido nero a rievocarle quei momenti), vagò da sola finché un orfanotrofio non la raccolse e ospitò. Ha riacquistato l’uso della parola solo a 17 anni e reca nella sua borsetta la metà di un foglio strappato dove da bambina aveva disegnato l’incendio della casa.
 


Vale la pena riportare le parole del protagonista che in vari tratti si racconta, è nella sua vita che qualcosa accade più che nel giallo del film. “Forse non esisto, sono un fantasma, un’entità. Non è stata una fuga, parlerei di una scelta, ponderata, a un certo punto della vita, così sono sparito, ho deciso di non esistere ufficialmente, la polizia, il fisco, la previdenza sociale e l’anagrafe... Sfuggo a qualsiasi tipo d’identificazione, di questa totale assenza d’identità beneficiano i miei datori di lavoro. Loro esportano, io trasporto, cose o persone per me fa lo stesso. La mia responsabilità si limita a ciò di cui mi occupo direttamente. So come fare. Non voglio altre responsabilità, per questo ho scelto di nascere e morire quante volte serve, esserci, non esistere. Vivo altre vite, non una mia. Ho scelto di non provare più nulla ma non posso fare a meno di avvertire quando gli altri soffrono”.
 
L’unica persona più simile a un amico di questo signor X è Thomas, giovane appartenente alla banda esportatrice, ha studiato all’estero, avrebbe potuto fare molte altre cose ed invece è un trafficante di ragazze, si droga ed è perso per un’amica dall’aria assente che non gli concede neppure un po’ d’amore, oltre al sesso occasionale. A proposito di lui X dice: “Sento quanto è avvilito per dove lo ha portato la sua vita, da qualche parte deve fargli male. Non funzionerà con la sua amica, niente riempie quello che manca, niente ti restituisce quello che hai perso. Non sono mai riuscito a capire come sia possibile essere così disponibili a farsi travolgere dalla vita, dalle emozioni, Thomas non riesce a farne a meno. Io ho fatto di tutto per evitarle, emozioni, sentimenti, non si possono controllare. E’ un rischio che non posso permettermi”.
 
“La ragazza sembra guardare tutto come fosse la prima volta, ha fame di vita, Nora. Anche tu stai fuggendo, da che cosa?, chissà cosa avresti pensato di trovare alla fine di questo viaggio. Forse non ho vissuto una vita vera ma sono sempre stato capace di inventarmene una finta. Eppure ogni tanto qualcosa ritorna, sono immagini apparentemente slegate, poi sono volti. Un fiume d’immagini diventa un mare di ricordi, ma basta aspettare un attimo e poi sparisce. Io penso il meno possibile. Quando perdi l’identità perdi anche i ricordi. Tutto quello che è stato diventa solo una sequenza di fotografie, sbiadite, distinguibili nell’abisso della neutralità, se sopravvive qualche immagine è quella che più delle altre avresti voluto rimuovere. Spesso sono solo delle vaghe sensazioni. Tutte le camere d’albergo, letti sfatti abbandonati la mattina, mai più ritrovati. Improvvisamente qualcosa ritorna, un fiume d’immagini un mare di ricordi, sempre più precisi ricompongono la logica, e io dove sto andando?, ho creduto d’aver chiuso tutti i conti col passato, per sempre, invece tutto sta tornando, persone luoghi rumori emozioni, le emozioni non si possono controllare”.
 
X ha fatto un percorso mentale: è stata la vicinanza di questa ragazza smarrita e che dovrebbe essere consegnata alla strada a fare che “tutto stia tornando”, il ricordo del volto di sua figlia e di sua moglie che rivediamo nelle fotografie mentali di X. Cercherà di ricontattarle ma l’ultima inquadratura è nella spiaggia di fronte al mare del suo passato, che si chiude con la canzone dolce e malinconica “Grovigli” di Malika Ayane. 

 




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