martedì 20 giugno 2023 - Phastidio

Turchia, torna l’ortodossia monetaria?

Dopo la conferma elettorale, Erdogan sembra voler accantonare le sue bizzarre teorie monetarie, non è dato sapere per quanto tempo. Comunque vada, sarà doloroso

Dopo aver portato a casa la rielezione a presidente, che gli consente di entrare nel terzo decennio della sua leadership politica nazionale, Recep Tayyip Erdogan pare aver deciso che è tempo di rimettere un po’ di ordine nella politica monetaria della Turchia. Almeno, così pare evincersi dalle nomine alla guida del ministero delle Finanze e della banca centrale.

RITORNO E SORPRESA

Alle Finanze torna Mehmet Simsek, che già guidò quel dicastero dal 2009 al 2015. Subito dopo divenne vice premier e “zar” economico fino all’abolizione di quel ruolo, a luglio 2018. Di origini curde, già parlamentare nelle file del partito di Erdogan, è stato fixed income strategist per la defunta Merrill Lynch per sette anni, da Londra, a capo della divisione Emea (Europa, Medio Oriente, Africa). In passato ha preso posizione contro la politicizzazione della banca centrale e il populismo economico, criticando proposte dell’allora opposizione per l’aumento del salario minimo. Economista di formazione e politico di professione, in sbrigativa sintesi.

Dopo la sua nomina, Simsek ha detto che il paese non ha alternative al ritorno sul terreno della “razionalità economica”, ma assai opportunamente non ha precisato chi avrebbe determinato l’allontanamento da quel terreno. Ancor più interessante la nomina del nuovo vertice della banca centrale turca: Hafize Gaye Erkan, poco più che quarantenne, fino al 2014 a Goldman Sachs, dove nel 2011 conquistò i galloni di managing director. Una banker (qualcuno direbbe bankster), non una central banker.

Sino al 2021 fu co-amministratrice delegata di First Republic Bank, l’istituto che poche settimane addietro è stato travolto dal rialzo dei tassi e che si è dissestato prestando ai ricchi, e acquisito in emergenza da JPMorgan. Erkan non è economista e non ha esperienza di gestione monetaria: il suo percorso è tutto nel business finanziario commerciale. Oggi è nel board di Marsh McCLellan , società globale di servizi professionali, assicurazioni e risk management ed è CEO di Greystone, società attiva nella finanza immobiliare. Uno strano banchiere centrale, diremmo. Ma se alla categoria è stata affiliata anche Christine Lagarde, c’è margine di manovra anche per la “giovane” Erkan.

FARE LA COSA DOLOROSAMENTE SEMPLICE

La domanda ora è: che farà il nuovo tandem Simsek-Erkan per la politica fiscale e monetaria turca? Perché è chiaro da troppo tempo che la condizione attuale è insostenibile: il paese vive a debito di riserve prestate generosamente da “amici” che vanno dalle petromonarchie del Golfo alla Russia. Tutto per difendere un cambio ormai sopravvalutato in modo patologico, e che comincia a danneggiare l’economia turca con una serie di effetti collaterali tanto nocivi quanto prevedibili.

Che fare, quindi? Sulla carta, una cosa “semplice”: lasciare andare il cambio e alzare aggressivamente i tassi d’interesse, in modo che il tasso reale torni a riflettere i fondamentali del paese. Più facile a dirsi che a farsi, visto che ciò implicherebbe una profonda recessione, solo in parte attenuata da afflussi di capitali, da un certo momento in avanti.

La recessione affonderebbe soprattutto quel settore delle costruzioni su cui Erdogan ha costruito buona parte del “miracolo” economico turco. Tutto molto poco inedito: quando si vuole premere l’acceleratore, si spingono le costruzioni e ci si può pavoneggiare di aver trovato la ricetta della crescita magica. Per dettagli, chiedere alla Cina. Tutto vale sino al risveglio, ovviamente.

Che ne sarà della professione di fede di Erdogan, convinto che inflazione sempre più alta si combatta con tassi sempre più bassi? E che ne sarà delle prese di posizione del Sultano contro “la lobby degli alti tassi d’interesse”, presentata come diretta emanazione del complotto pluto-giudaico-massonico e di quella finanza anglosassone da cui provengono i due massimi esponenti della politica fiscale e monetaria oggi scelti dal Sultano?

E che accadrà al debito pubblico, dati i depositi in lire indicizzati al cambio del dollaro con garanzia statale, ora che la lira sta crollando, avendo perso dalle elezioni circa il 15%? E che succederà alle banche commerciali, che detengono grandi e crescenti quantità di debito pubblico turco, come riserva obbligatoria e vincolo di portafoglio per tenere bassi i rendimenti, quando la banca centrale inizierà a normalizzare i tassi? Si registreranno imponenti minusvalenze che intaccheranno la base patrimoniale degli istituti.

Erdogan ha già mostrato in passato una robusta spregiudicatezza, all’accendersi delle spie di allarme: mettere un “ortodosso” alle Finanze e alla banca centrale, mettere in carniere un po’ di riserve e poi ripartire con le sue bislacche teorie. Ne scrivevo due anni fa, lo schema potrebbe essere rispolverato oggi. Il punto è che oggi la situazione richiederà molto più dolore che in passato, dato il prosciugamento nelle riserve, ormai quasi interamente a credito.

COMUNQUE VADA, SARÀ DURA

A colpo d’occhio, si direbbe che tempi non semplici attendano la Turchia. Sia che prosegua nella follia di prendere riserve a prestito per bruciarle sull’altare della difesa del cambio in conseguenza di una politica monetaria espansiva, sia in caso di riallineamento alla “razionalità”, come direbbe Simsek, o alla realtà, come diremmo noi.

Il cosiddetto esperimento monetario di Erdogan è caro a tutti i venditori di olio di serpente di casa nostra, quelli che teorizzano una banca centrale contro l'”austerità” e a servizio di una crescita robusta, per usare un’espressione di blando eufemismo. Un po’ come negli anni ruggenti della nostra lira, ricordate? Per questo ci pare opportuno seguirlo da vicino.

Ultima considerazione: nel curriculum della neo-governatrice Erkan c’è anche un PhD in “Financial Engineering”, conseguito a Princeton. Si potrebbe dire che alla Turchia in questo momento un ingegnere finanziario per disperati pare molto utile. A patto di restare ortodossi, s’intende. Il 22 giugno è in programma la prima riunione della banca centrale turca dopo le elezioni. Si parte da tassi ufficiali all’8,5%, c’è chi li vede prossimi al 30% entro fine anno. Bon voyage.

Photo by President.azCC BY 4.0, via Wikimedia Commons

 




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