martedì 28 gennaio - Ezio Boero

Trump promette un’età dell’oro per i lavoratori (che non si organizzano sindacalmente)

La “rivoluzione reazionaria” di Trump inizia con la firma di una valanga di ordini esecutivi, le direttive a completa discrezione del Presidente degli Stati Uniti. Tra quelle già emanate, ce ne sono alcune che riguardano il mondo del lavoro.

L'espulsione degli immigrati “sans papiers” (direbbero i francesi), la cui attuazione pratica sarà violenta a causa del grandissimo numero di persone che saranno coinvolte, adulti e bambini, sarebbe drammatica per loro ma anche, come sottolineano molti giornali, problematica per il padronato. Non solo per le fabbrichette sperdute nelle periferie ma anche per le industrie e le aziende agricole, entrambe di grandi dimensioni, che sfruttano il lavoro in nero di persone pagate con pochi dollari all'ora, cacciate se osano lamentarsi, nascoste nel caso di sopralluoghi dei pochi addetti al controllo delle leggi in materia di lavoro. Spesso quei lavoratori sono bambini: negli Stati Uniti si stima siano almeno mezzo milione i non adulti al lavoro, nero, e uno dei prevedibili provvedimenti della “nuova” amministrazione Trump sarà, a seguito di quanto già praticato negli Stati governati dal Repubblicani, la cancellazione di molte delle norme restrittive del lavoro infantile.

Questa fattispecie di lavoro nero e senza diritti dovrebbe essere contrastata, in ogni luogo e anche a livello mondiale, non solo, come spesso appare sui media, perché sarebbe un jattura per la produzione di beni e servizi ed alzerebbe il costo del lavoro, e neanche per l'ovvia considerazione che lede la concorrenza leale tra le imprese, danneggiando quelle corrette che impiegano dipendenti a cui applicano i contratti collettivi. Ma perché lede gravemente i princìpi di umanità (e anche la stessa Costituzione degli Stati Uniti).

Trump sta cominciando ad affrontare anche il lavoro finora “garantito”. A partire dai dipendenti pubblici. Per lui, per Musk, per tutti i canonici della libertà di impresa la contemporanea presenza di uno Stato sociale (seppur molto parziale, come quello statunitense) e di migliaia di addetti al suo servizio (non per niente l'impiegato pubblico negli USA si chiama public servant) è intollerabile. Com'è scritto nel vangelo reazionario da applicare nel primo anno di presidenza, il “Project 2025 - Trump Presidential Transition Project”, redatto dalla Heritage Foundation, di cui uno degli ideatori, Russell Vought, è stato nominato da Trump a guidare l’Ufficio di Gestione e Bilancio (OMB). Vought, già direttore dell’OMB durante il primo mandato di Trump, riproporrà i tagli ai programmi federali di previdenza sociale, Medicare, Medicaid e di assistenza nutrizionale, rovinando (ulteriormente) la vita di poveri ed anziani.

A proposito del succitato vangelo si può notare la grande differenza, anche in termini religiosi, tra la miglior storia sindacale degli USA e la peggior politica odierna. Da un lato, le varie tendenze manifestatesi nella storia del sindacalismo Usa si richiamarono spesso al cristianesimo per rendere più assertive le loro posizioni, come testimoniano frasi come quella, di fine Ottocento, di uno dei primi sindacati, i Knights of Labor di Chicago, contro il lavoro minorile: ”Quando Gesù disse “Lasciate che i pargoli vengano a me” non aveva una fabbrica dove intendeva metterli a lavorare per 40 centesimi al giorno”

Dall'altro, c'è oggi l'utilizzo della tradizione giudaico-cristiana nell'introduzione del “Project 2025” delle pagine dedicate al lavoro, che, così vi è scritto, “risale alla Genesi, che ha sempre riconosciuto il lavoro fruttuoso come parte integrante della dignità umana", purché, lo si afferma nel seguito, non si associ in Sindacati indipendenti dal padronato. Mentre, con la riproposizione del Team Act, cassato dal presidente Clinton, si prevede un sistema di "sindacati gialli" con funzione consultiva che avrebbero un posto, senza diritto di voto, nei consigli di amministrazione. Ciò nel settore privato. In quello pubblico l'adesione al Sindacato sarebbe invece vietata.

Per Trump & soci il pubblico dipendente è una vergogna da sradicare. In primo luogo perché gode di un posto fisso, ma soprattutto perché è iscritto al Sindacato: negli USA, a fronte di un 6% di tesserati nell'impiego privato, un terzo dei dipendenti pubblici, federali, statali e delle contee, è sindacalizzato. Non solo: fa anche scioperi, anche se in molti Stati ciò sarebbe vietato. Insegnanti e addetti alla sanità sono stati gli iniziatori del recente ciclo di lotte del lavoro.

Il primo passo in materia è già stato compiuto: oltre all'ordine esecutivo che blocca le assunzioni nel pubblico impiego federale, un altro prevede il licenziamento di qualche migliaio di impiegati con funzioni direttive nei Ministeri per sostituirli con fedelissimi di Trump. Si tratta di un'applicazione, assai allargata rispetto a quello che avviene negli USA al cambio di presidenza, dello spoils system (un termine bellico che significa il bottino concesso ai vincitori): la sostituzione con persone di propria fiducia di quelle nominate dalla precedente amministrazione. Finora applicata solo ai massimi vertici amministrativi e nemmeno a tutti, con una prassi che intendeva salvaguardare l'imparzialità della pubblica amministrazione rispetto all'alternarsi dei governi, ora è previsto che riguarderà intere dirigenze.

Vari Sindacati hanno fortemente criticato una decisione che vuole intimidire dli impiegati, sottomettendoli ad un controllo non di merito ma partitico, mentre il sindacato National Treasury Employees Union, che rappresenta 150.000 lavoratori di varie Amministrazioni federali, ha già fatto causa contro l'ordine esecutivo di Trump.

Altrettante critiche ha raccolto la creazione del DOGE (Department of Government Efficiency), il cui compito sarà di verificare le spese federali e proporre tagli massicci dell'amministrazione che dovrebbero avvenire in parallelo ai tagli delle spese sociali. La logica è quella “meno welfare, meno dipendenti statali, più risorse da destinare ai tagli delle tasse (per i ricchi)”. Il DOGE è stato confezionato a pennello per la figura di Egon Musk con lo scopo di sopprimere o fortemente ridimensionare il ruolo della burocrazia di Washington ma, essendo un comitato consultivo, dovrebbe prevedere una presenza non solo della maggioranza del Partito Repubblicano. Ciò che Trump ha già rifiutato.

Non ancora operativo, il DOGE ha già fatto il primo taglio. Il miliardario Vivek Ramaswamy, che doveva condividere il lavoro con Musk, si è già defilato, per lanciarsi nelle prossime elezioni per il rinnovo del governatore dell'Ohio, e, soprattutto per non dover fare il vice di Musk. Secondo il Washington Post (riportato in un articolo di Viviana Mazza sul Corriere della Sera del 25 gennaio) la disputa tra i due, che condividono lo stesso obiettivo di distruggere lo Stato sociale, è stata tra Musk, che preferisce ridurre le spese con un uso sotterraneo della tecnologia, che non comporta il rischio di continui confronti pubblici con fastidiosi oppositori politici o magistrati, e Ramaswamy, che voleva soprattutto ridimensionare o sopprimere pubblicamente le Agenzie federali (su Sicurezza e Salute sul Lavoro, l'Ambiente, diritto di contrattazione sindacale, ecc) per favorire esplicitamente un potere assoluto del Presidente. Nella tenzone tra super ricchi (che ricorda lo scontro dei fumetti disneyani tra Paperone e Flintheart Glomgold, in italiano Cuordipietra Famedoro, guarda caso sudafricano come Musk), Trump ha scelto ancora una volta il suo nuovo amico Musk e le sue immense risorse finanziarie.

E' indubbio che uno dei suoi primi obiettivi della coppia Trump-Musk sarà il NLRB (National Labor Relations Board), l'agenzia federale, istituita negli anni '30 durante il New Deal a tutela della contrattazione collettiva, la quale aveva contestato a Musk dichiarazioni e azioni nelle aziende di sua proprietà per impedire il diritto dei lavoratori di costituire un'organizzazione sindacale. Durante la presidenza Biden, il NLRB, con la presidenza di Jennifer Abruzzo da lui nominata, è stata quasi sempre dalla parte dei lavoratori in molte vertenze, diventando una vera e propria “bestia nera” dei settori più retrivi e antisindacali del padronato, che spendono milioni di dollari per contrastare il sindacato. Il NLRB aveva anche accusato Musk di licenziamenti illegali di persone che avevano osato esprimere il loro pensiero nella sua azienda SpaceX. Musk aveva risposto denunciando il NLRB, come Ente anticostituzionale. Alla causa di Musk si sono subito unite altri grandi imprese e sarà discussa dalla Corte Suprema, che ora ha una maggioranza reazionaria.

Non solo Trump prefigura un' “epoca d'oro” per i lavoratori obbedienti ma si annette pure quello che altri hanno fatto. Come nel caso del contratto dei portuali della costa est degli Stati Uniti, firmato a metà gennaio, con tema principale le garanzie in vista di un'ulteriore automazione nei porti, evitando uno sciopero dipinto dai media come un attentato all'economia. Dopo un incontro col Sindacato a metà dicembre, Trump aveva dichiarato che “ho studiato automazione (sic) e so tutto quello che c’è da sapere su questo. La quantità di denaro risparmiata (con l'automazione) non è affatto vicina all’angoscia, al dolore e al male che provoca ai nostri Longshoremen (i portuali)”. Il “Trump-lavoratore-portuale” è una versione del suo personaggio “pro-lavoratore americano”, quello che ha ricevuto una buona quantità di voti in molti settori del mondo del lavoro. Nel caso specifico, la comparsa di Trump era favorita dal fatto che una parte del padronato portuale (compagnie di navigazione e operatori di terminali) è straniero e che lì il Sindacato ha una storia politicamente conservatrice. E, en passant, ha pure una gestione non sempre limpida dei criteri di assunzione, che è prevalentemente di bianchi, e anche dei legami con la mafia, un accusa rivolta dagli inquirenti al presidente dei Longshoremen, Harold Daggett (il cui figlio è il vice del sindacato), che non è sboccata in condanna per mancanza di prove certe.

Non contento di essersi assunto, ancor prima del suo insediamento e con grande plauso di quel Sindacato, il merito del contratto dei portuali, che in realtà era stato anche favorito dall'intervento della Ministra del Lavoro, Julie Sue, Trump si accaparrato pure quello della ripresa dell'occupazione in Stellantis negli Stati Uniti. Allontanato l'infausto amministratore delegato Carlos Tavares, John Elkann ha partecipato alla coda, preventiva all'insediamento, di riverenti finanzieri e industriali, assicurando a Trump i grandi investimenti produttivi che erano stati bloccati. E permettendo con ciò alla Casa Bianca di diramare il messaggio su X: «Sotto la guida del presidente Trump, Stellantis sta riportando 1.500 posti di lavoro nell'Illinois, riaprendo (lo stabilimento di) Belvidere ed investendo a Detroit, Ohio e nell'Indiana. Il risveglio manifatturiero americano è qui: benvenuti nell'età dell'oro». E' da notare, sia che la riapertura del grande stabilimento di Belvidere, nell'Illinois, era già prevista nel rinnovo del contratto di lavoro firmato dal sindacato United Auto Workers nell'autunno del 2023 ed è stata confermata anche per la minaccia di sciopero di fronte alla violazione delle intese da parte di Tavares, sia che la cosiddetta Golden Age, l'Età dell'oro statunitense della seconda metà dell'Ottocento, pluricitata nelle dichiarazioni di Trump, fu un periodo di grandi ricchezze di una ristrettissima classe di cosiddetti robber barons (baroni predatori), di corruzione politica, di grandissima immigrazione verso gli USA e di continui interventi dell’esercito contro le lotte sindacali.

Nelle loro iniziative a sostegno di Kamala Harris, la maggior parte dei Sindacati statunitensi avevano definito Trump “un pericolo per la democrazia” e un crumiro (a scab), come scritto sulle magliette di United Auto Workers. Ora i lavoratori statunitensi si trovano di fronte al tentativo di riportare indietro la storia del movimento sindacale a prima delle garanzie istituite dal New Deal di Franklin Delano Roosevelt degli anni Trenta del secolo scorso e dovranno unire ancor di più le loro forze ai settori della società civile statunitense che da sempre lottano a difesa dei diritti individuali e collettivi, oggi ancor più minacciati.




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