giovedì 17 novembre 2016 - Massimiliano Paoli

Trump, la falsa rivoluzione e la follia americana

La vittoria di Trump viene letta da molti come la “sconfitta” di quel sistema elitario descritto adeguatamente da un memorandum del colosso bancario Citigroup datato ottobre 2005, in cui gli analisti di Citi si riferivano agli Stati Uniti non più come ad una democrazia ma ad una vera e propria “plutonomia”, neologismo facilmente riassumibile in questo modo: il sistema è costruito solo ed esclusivamente per l’1% della popolazione e l’unica minaccia reale al nuovo ordine è una redistribuzione della ricchezza. 

Pronti, via. Il nuovo beniamino degli “oppositori del sistema” ha guarda caso come primo obiettivo l’eliminazione della riforma finanziaria Dodd-Frank, voluta e ottenuta nel luglio del 2010 dall’amministrazione Obama per regolamentare Wall Street e cercare di tutelare i consumatori. Piccolo indovinello: chi è stato il primo a plaudire a questa geniale idea subito dopo l’elezione di Trump? Alan Greenspan, ex direttore della Federal Reserve, ex Brown Brothers Harriman (la banca di nonno Bush che riciclava i soldi del Terzo Reich) ed ex direttore del Council on Foreign Releations (vi siete davvero scordati dei Rockefeller?).

Poteva andare peggio di così? Sì (e non mi riferisco alle primarie rubate dalla Clinton), basta guardare chi ha scelto The Donald come vicepresidente, ovvero Mike Pence. Pence, ex governatore dell’Indiana, è l’archetipo della persona falsamente rassicurante. Alcuni lo descrivono come “sobrio alter ego di Trump”, peccato che dati alla mano, di “sobrio”, il signor Pence, non abbia un bel nulla. Prima di tutto il politico statunitense non crede all’evoluzione, e già qui, partiamo male, ma mettendo momentaneamente da parte le sue cialtronerie da psicosetta, c’è un dato che inquieta (e dovrebbe inquietare chi ben ricorda cos’è stata l’amministrazione di George W. Bush): questo dato è rintracciabile in un’intervista di Pence fatta alla ABC (18 settembre 2016), in cui l’ex governatore senza tanti giri di parole indica Dick Cheney come suo role model. Dick Cheney.

Un po’ di "fantapolitica": sapete che con questo scenario i neoconservatori della “nuova Pearl Harbor” e del massacro iraqeno sono nuovamente ad un passo dalla Presidenza?

Ci vediamo nel 2020, forse.




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