mercoledì 3 maggio 2023 - Antonio Mazzeo

Tra pillole e pallottole. Matteo Messina Denaro e il suo medico curante

Concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico. Con queste accuse è stato arrestato a Campobello di Mazara il medico pneumologo (in pensione) Alfonso Tumbarello.

 Secondo la Procura della Repubblica di Palermo che indaga sulla rete di fiancheggiatori della borghesia siciliana che ha garantito per trent’anni la latitanza dorata del boss di mafia Matteo Messina Denaro, il dottor Tumbarello sarebbe stato pienamente consapevole dell’identità del paziente “Andrea Bonafede” che assisteva da anni prescrivendogli ricette di farmaci e visite oncologiche per potersi curare da un cancro al colon. E grazie alle prescrizioni sanitarie del medico di base di Campobello di Mazara, il “geometra Andrea Bonafede”, alias Matteo Messina Denaro, era stato operato una prima volta nel 2020 nell’ospedale “Abele Ajello” di Mazara del Vallo e una seconda nel maggio 2021 nella clinica oncologica privata “La Maddalena” di Palermo, la stessa dove il 16 gennaio scorso “l’imprendibile” Diabolik ha concluso la sua latitanza consegnandosi mestamente ai ROS dei Carabinieri.

“Per garantire le cure mediche per il tumore al colon del boss Matteo Messina Denaro, il dottor Tumbarello ha firmato 95 ricette per i farmaci e 42 analisi, per un totale di 137”, scrive il Gip del Tribunale di Palermo, Alfredo Montalto, nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dello pneumologo. “Le cure assicurate personalmente dal Tumbarello hanno garantito al latitante non solo le prestazioni sanitarie necessarie per le gravi patologie sofferte, ma soprattutto, per quel che si rileva, la riservatezza sulla sua reale identità”. E ancora per il Gip di Palermo “il primo intervento chirurgico cui è stato sottoposto Messina Denaro è stato reso possibile grazie alla falsa scheda firmata dal dott. Tumbarello il 5 novembre 2020 a nome di Bonafede Andrea classe 1969, nella quale ha dato atto di aver eseguito personalmente un’accurata anamnesi e valutazione clinica del paziente, che già aveva eseguito una colonscopia sollecitandone il ricovero”. Da qui l’intervento chirurgico del boss all’ “Abele Ajello” il successivo 13 novembre.

Tumbarello ha poi continuato ad assistere il latitante fino alla vigilia del suo “arresto”. “Il Tumbarello ha concorso, senza prendevi parte, nell’associazione mafiosa, assicurando al sodalizio le proprie competenze mediche e i propri poteri derivanti dalla qualità di medico di medicina generale convenzionato con il servizio sanitario nazionale”, conclude il Gip Alfredo Montalto.

La figura del dottor Alfonso Tumbarello era finita sotto i riflettori mediatici subito dopo il controverso “arresto” di Diabolik all’uscita della clinica oncologica palermitana. La sua abitazione e lo studio medico a Campobello di Mazara erano stati perquisiti dai Carabinieri e il nome del medico era stato iscritto nel registro degli indagati. Ai giornalisti Alfonso Tumbarello aveva prontamente dichiarato di “avere la coscienza pulita” e di “essere stato tratto in inganno dal vero Andrea Bonafede”. “Il medico ha raccontato ai conoscenti che durante la pandemia i soggetti fragili come i malati di tumore restavano a casa e quindi lui non ha avuto contatti con Messina Denaro”, ha riportato il Corriere della Sera. “E ha aggiunto che la calvizie del favoreggiatore del boss gli ha fatto pensare che fosse l’effetto della chemioterapia”.

 

I PRANZI AL RISTORANTE DELLO ZIO DI MATTEO

 

 

Alla vigilia dell’arresto, Alfonso Tumbarello è stato intercettato dai cronisti a pranzo da “Zio Giovanni”, la trattoria di Castelvetrano gestita dal fratello di Lorenza Santangelo, madre di Matteo Messina Denaro. “Nel locale c’è un manifesto del bandito Salvatore Giuliano. E l’insalata si chiama Primula Verde”, aggiungeva il Corriere della Sera. Coincidenza vuole che nel lontano 5 luglio 1950 proprio a Castelvetrano fu predisposta dalle forze dell’ordine la sceneggiata del “conflitto a fuoco” in cui avrebbe trovato la morte il latitante eccellente Salvatore Turiddu Giuliano.

Alfonso Tumbarello è un professionista noto e riverito in tutta la provincia di Trapani. Più volte ha tentato l’agone politico-elettorale candidandosi per un seggio all’Assemblea Regionale Siciliana o alla guida del comune di Campobello di Mazara. Alle regionali del 2006 aveva corso per l’Udc raccogliendo nel trapanese 2.697 preferenze; alle elezioni a sindaco del 2011 i voti furono 610, troppo pochi per contrastare la vittoria dell’avversario Cirò Caravà, arrestato subito le elezioni nell’ambito dell’operazione antimafia Campus Belli e deceduto prematuramente dopo una condanna in secondo grado per concorso esterno in associazione mafiosa.

Del medico di base di Campobello di Mazara aveva parlato il 19 ottobre 2012 in un’udienza del processo “Golem III” (Tribunale di Marsala) l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino che con lo pseudonimo di Alessio aveva intrattenuto una corrispondenza epistolare con il superlatitante Matteo Messina Denaro “per conto del Sisde”, l’allora servizio segreto del ministero dell’Interno. “Sono stato io a chiedere al dottore Tumbarello di poter incontrare Salvatore Messina Denaro, fratello di Matteo Messina Denaro, perché era suo assistito”, rivelò Antonio Vaccarino. “Lo contattai perché ritenevo potesse portarsi avanti un’iniziativa, assolutamente legittima: creare un’area di servizio presso l’area Costa Gaia sull’autostrada, che porta in direzione Palermo da Castelvetrano”. Stando al Vaccarino l’incontro con il fratello di Diabolik si sarebbe concretizzato tra il 2001 e il 2004.

Come buona parte dei professionisti eccellenti della provincia di Trapani il dottor Alfonso Tumbarello era massone, “fratello” della Real loggia “Valle di Cusa – Giovanni di Gangi” di Campobello di Mazara, affiliata al Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani. Il 17 gennaio 2023, a seguito delle indagini della Procura di Palermo, il Gran Maestro del G.O.I. Stefano Bisi ha decretato la sospensione del professionista “a tempo indeterminato” da ogni attività massonica. Nonostante le frequentazioni di loggia e il “legame” con il germano del superboss Salvatore Messina Denaro (così come riferito da Antonio Vaccarino ai giudici del Tribunale di Marsala), il Tumbarello avrebbe ottenuto un notevolissimo numero di incarichi di perito da parte dello stesso tribunale di cui è stato Procuratore capo il dottor Paolo Borsellino.

Dai documenti di cui siamo venuti in possesso risulta che nell’anno 2016 Alfonso Tumbarello è stato incaricato 20 volte come “consulente tecnico d’ufficio civile” del Tribunale di Marsala, ricevendo compensi per 4.833 euro; nel 2017 gli incarichi sono stati ben 32 per 8.505 euro; l’anno dopo le perizie sono scese a 15 ma i compensi sono cresciuti a 10.729 euro; nel 2019 le consulenze si sono ridotte a 10 per un totale di 3.699 euro. Si tratta di 77 incarichi per quasi 28.000 euro in quattro anni, a cui si aggiunge anche un piccolo introito quale “esperto in medicina legale” con determina dirigenziale del 15 novembre 2016 del Comune di Mazara del Vallo

I magistrati sono adesso chiamati ad accertare le responsabilità del professionista, verificando contestualmente anche le eventuali relazioni in ambito istituzionale e giudiziario. Ma sarà utile e opportuno ricostruire anche l’intero trascorso medico-sanitario di Matteo Messina Denaro durante la latitanza. Il 5 agosto 2019 pubblicammo un’inchiesta in Stampalibera.it su una sua presunta operazione oculistica in un ospedale di Messina.

IL RICOVERO A MESSINA

La rivelazione sul ricovero del boss - ancora una volta sotto false generalità - era stata fatta nel corso di un’udienza del processo Borsellino quater in svolgimento al tempo presso la Corte d’Appello di Caltanissetta. Autore Spatuzza, l’ex boss di Brancaccio responsabile dell’omicidio di padre Pino Puglisi. Rispondendo all’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato palermitano, Spatuzza si era soffermato sulla provenienza di parte dell’esplosivo utilizzato per la sanguinosa offensiva mafiosa del biennio 1992-93.

“Oltre a quello recuperato in mare, sentii dire che l’esplosivo veniva da Messina o da Catania”, ha dichiarato il collaboratore di giustizia. “Si faceva il conto di quello che noi eravamo in possesso... dell’esplosivo che doveva arrivare da fuori... Era esplosivo con gelatina, confezionato in salsicciotti trasparenti... Quindi quell’esplosivo a me estraneo l’ho collegato a quello che potesse arrivare da Messina o da Catania (...) Su Messina, inerente all’esplosivo, non mi è stato detto... Non ricordo... C’è un particolare da Messina, però, ma credo che era per una problematica di Matteo Messina Denaro... So un particolare, in cui Matteo Messina Denaro ha subito un intervento agli occhi a Messina... In questa vicenda era coinvolto Nino Mangano...

Messina Denaro all’epoca si andò a curare sotto il nome di Giorgio Pizzo, un uomo del nostro gruppo, della famiglia di Brancaccio. Andò a curarsi Messina sotto il controllo di Nino Mangano...”. Gaspare Spatuzza non ha fornito altri elementi utili a determinare la data in cui sarebbe stato effettuato l’intervento al superlatitante trapanese, ma è presumibile che esso si sia verificato in un arco temporale compreso tra la strage di Capaci (23 maggio 1992) e il dicembre 1995, quando con l’operazione antimafia Spartacus finirono in carcere numerosi appartenenti alla cosca di Brancaccio, tra cui proprio l’allora reggente Nino Mangano e quel Giorgio Pizzo che avrebbe prestato il proprio nome e documenti per occultare la vera identità di Messina Denaro. Dopo gli arresti, Gaspare Spatuzza fu promosso a capomandamento in rappresentanza dei fratelli Graviano, con il pieno sostegno, tra gli altri, del superboss latitante.

Spatuzza non è stato l’unico collaboratore a riferire di un’operazione oculistica da parte dell’esponente mafioso trapanese. In un interrogatorio Vincenzo Sinacori, già affiliato al mandamento di Mazara del Vallo, aveva rivelato che durante la latitanza condivisa con Matteo Messina Denaro tra il settembre del 1995 e l’aprile del 1996, questi gli aveva rivelato di soffrire di una malattia agli occhi e di essere intenzionato a recarsi in Spagna per farsi visitare.

Gli inquirenti poterono poi accertare che il boss si era già recato nel gennaio del 1994 presso la clinica “Barraquer” di Barcellona proprio per effettuare una visita oculistica. Il medico che lo ebbe in cura riferì che il paziente si era fatto registrare con il proprio nome e che era affetto da una grave patologia alla retina, ipotizzando che nel frattempo fosse pure diventato cieco ad un occhio.

Il 28 novembre 2019 i Carabinieri effettuarono un blitz al Centro Neurolesi “Bonino Pulejo” di Messina per accertare la vera identità di un paziente proveniente da Castelvetrano dopo una segnalazione anonima in cui si riferiva che lo stesso era giunto alla struttura sanitaria a bordo di una lussuosa macchina sportiva. I controlli appurarono però che non era Matteo Messina Denaro il facoltoso paziente in cura al Neurolesi dopo essere stato colpito da un ictus. “Si è trattata di una fake news”, fu il commento dell’Arma. Tre anni dopo la resa del padrino aggredito dal cancro.

Articolo pubblicato in Le Siciliane – Casablanca, n. 76,  gennaio-febbraio 2023




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