lunedì 16 agosto 2021 - Domenico Bilotti

Tra diritto e filosofia politica mediterranea: una battaglia civile e sociale

Sviluppare le coordinate etico-culturali del pensiero mediterraneo nella sua dirompente attualità odierna non può non tangere anche la storia delle sue istituzioni giuridiche e le fondamenta esistenziali di un agire e vivere che ha fatto della sedimentazione delle differenze la più alta forma di identità. 

Un nucleo di studiosi da tempo in dialogo sul tema ha dato vita a un dibattito a più voci che ora trova sbocco per i tipi di Jouvence nel pregiato volume "Utopia e critica nel Mediterraneo", curato da Antonio Cecere e Laura Paulizzi. I due studiosi di scuola romano-parigina lo chiariscono nell'introduzione al testo: non si è fatta archivistica ma confronto serrato; non cronaca minuta ma spirito d'analisi; non retorica su sovranità e Sud del mondo ma costrutto che offre al politico la declinazione critica della laicità anche dentro (o talvolta contro) i dogmi rivelati dei monoteismi e delle loro teologie politiche. Passando in rassegna i contributi, l'obiettivo par raggiunto come pochi. Erudito l'iniziale saggio esplicativo del Cecere, munito viepiù di seduttiva consequenzialità logica. L'A. non solo illustra tema caro ai suoi studi recenti (la costruzione del logos collettivo come cartografia del conflitto contro il potere), ma si concede incursioni su aspettative e tensioni del nuovo costituzionalismo egiziano alle prese con una forte infiltrazione sistematica dei corpi militari di Stato: e come non pensare a Zaki e a Regeni, alla natura parassitaria delle corporazioni, alle lotte aperte per la democraticizzazione dal basso oggi in atto nel Mediterraneo arabo-islamico occidentale? La tunisina Khadija Ben Hassine non potrebbe fargli meglio eco: attivista e intellettuale del pensiero politico, studia la partecipazione femminile non come nuance e appendice, ma come sezione di un discorso aperto per il rovesciamento dell'agire patriarcale confessionista. Da questo punto di vista il controcanto di Halima Ouanada è denso come meglio non si potrebbe; l'Autrice si muove con pertinenza nei solchi già ben scavati in una recente monografia per i tipi di Harmattan, ma ci fornisce qui in gran spolvero un femminismo giuridico, filosofico e politico che non è il vettore contingente e opportunistico tante volte visto in giro, ma lente preferenziale per discussioni e percorsi di più largo raggio. Adocchiamo allora una volta ancora le ragionate bibliografie critiche che il mondo universitario mediterraneo va regalandoci dalla Turchia alla Tunisia (passando per l'Italia!): queste studiose plasticamente dimostrano in tutte loro stesse la cardinalità dell'elaborazione critica di genere per percorsi condivisi dentro la battaglia contro l'esclusivismo decisionale cui ci ha abituato il colonialismo autoctono dei potentati nazionalisti europei. Meravigliosamente schietto ma anche altamente scientifico il pur discorsivo saggio della storica del diritto Fania Oz-Salzberger, laica socialista, ebrea umanista progressiva, che non a caso sin dagli scritti giovanili aveva meritato le attenzioni di Berlin, e di molti altri giuristi e filosofi dediti allo studio del prisma libertario insito nel discorso antiautoritario sulle situazioni giuridiche attive e sui diritti fondamentali. Con rara e disciplinata precisione si segnalano inoltre i lavori nel volume scritti da Magrì e Paulizzi, quest'ultima col Cecere alfiere della curatela e da tempo impegnata alla feconda intersezione tra diritti sociali, questione di genere e laicità, nonché filologia critica del pensiero mediterraneo del XIX e del XX secolo. Leggiamo questo volume come opportuno prontuario bivalente: da un lato scatta fotografie in movimento nel Mediterraneo di riforme costituzionali, dall'altro, novello Gauguin, è ancora e per sempre "Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?".




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