giovedì 22 luglio 2021 - Alberto SIGONA

Tour de France 2021: troppo Poga

Lo sloveno primeggia in scioltezza, facendo apparire gli avversari un branco di principianti inermi. Fra i velocisti si assiste alla clamorosa resurrezione di leone M. Cavendish, tornato a ruggire dopo anni di oblio.

Per il secondo anno di fila il Tour de France incorona lo sloveno Tadej Pogacar. E stavolta, a differenza della scorsa edizione, quando il 1° posto finale arrivò sul filo di lana, quello del 22enne della UAE Emirates è stato un autentico trionfo, di quelli che in passato sono riusciti a conseguire soltanto i grandi maestri del ciclismo. Fortissimo in salita come a cronometro, il suo è stato un Giro di Francia stravinto a redini basse, dominato in scioltezza sin dalle prime timide asperità, arrivando a Parigi, sui Campi Elisi, con un margine talmente esteso da far apparire gli avversari un branco mal assortito di principianti inermi e rammolliti. A 23 anni ancora da compiere (è nato il 21 settembre 1998), “Poga” mostra già le stimmate del predestinato, palesando una vitalità, una “possanza” mentale ed una intelligenza tattica del tutto inconsueta in un ragazzo della sua età, in uno sport, non dimentichiamolo, in cui in genere ci si “realizza” in tempi decisamente più dilatati rispetto ad altre discipline quali il nuoto o il tennis, e lo stesso calcio (basti pensare al neo campione d'Europa G. Donnarumma, che a 16 anni era già un fenomeno, e adesso che ne ha 21 sembra già un veterano). Il presente è già idilliaco ed il futuro non si annuncia da meno, specie se la concorrenza continuerà ad attestarsi su livelli non proprio mirabili. Eh sì, è giusto sottolinearlo, al netto della straripante classe di Tadej, in questa gran boucle i rivali non sono stati di prim'ordine, agevolandone non poco l'apoteosi. Il connazionale P. Roglic è “uscito” dal novero dei contendenti (causa infortunio) quando ancora il Tour era sulla pista di rullaggio; R. Carapaz è apparso ancora impreparato per puntare a certi traguardi sfarzosi, per non parlare del danese J. Vingegaard, rivelazione di codesta gara a tappe; tutti gli altri competitors, da R. Uran ad E. Mas, non hanno certo le sembianze degli spauracchi (tantomeno lo sono Hart ed O' Connor). Saranno le successive annate a chiarirci le idee, ed i prossimi Tour ci diranno di più sul reale valore di “Poga”. Per adesso non ci rimane che prendere atto di quanto avvenuto sulle strade di Francia.

Oltre al bis di Tadej questo Giro francese rimarrà nella storia per una delle più inaudite resurrezioni d'ogni era, che s'inchina soltanto alle palingenesi bibliche. Ci riferiamo, lo avrete intuito, al leone britannico Mark Cavendish, tornato prepotentemente a ruggire dopo 5 anni di silenzio (non s'imponeva al Tour dal 2016), proprio quando ci si chiedeva come mai, nonostante i 36 anni d'età, ed un'astinenza infinita di vittorie, non si decidesse ad andare in pensione, incaponendosi stupidamente a proseguire un'attività agonistica che ormai non dava segnali di vita. Per il corridore della Deceuninck-Quick Step (che a questo Tour ha preso parte per puro caso in luogo dell'infortunato Bennett), sono arrivati addirittura 4 acuti vincenti, come ai bei tempi della “dittatura volante”, come se il tempo improvvisamente avesse deciso di ritornare indietro per rimettere qualcosa a posto, per raddrizzare il corso degli eventi. Con questo poker di successi il velocista britannico, quando tutti lo stavano per considerare un ex corridore, eguaglia in testa ai plurivittoriosi della corsa gialla il cannibale belga E. Merckx, issandosi a quota 34 tappe, riuscendo, proprio sulla linea di confine della carriera, ad ingioiellare con le perle più preziose un cursus honorum già leggendario, raffigurando meglio di ogni altra dissertazione il valore dello sprinter più grande di ogni epoca.

Foto Pixabay




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