Tortura in Israele
(letto da Francesco Masala) – Il titolo del libro è Tortura in Israele, senza punti interrogativi.
È stato scritto da due organizzazioni (B’Tselem e HaMoked) per la difesa dei diritti umani, che in quella terra dimenticata da Dio significa difesa dei diritti umani dei palestinesi.
Editore Zambon, costa 12 euro, 115 pagine di testimonianze, più di cento prigionieri palestinesi hanno rilasciato dichiarazioni giurate a un avvocato di HaMoked su tutto quello che hanno subito in carcere.
È doloroso, istruttivo, necessario leggere le testimonianze dei prigionieri e delle torture da loro subite, ad opera dell’esercito più morale del mondo, come si autodefinisce.
Qualcuno dirà che le testimonianze sono pilotate, che quei palestinesi si sono messi d’accordo. Lo dicevano anche per le vittime di Bolzaneto e della scuola Diaz, lo dicevano per chi lasciava i campi di concentramento, per chi raccontava di Garage Olimpo.
Alla fine del libro c’è una lettera che arriva dal ministero della (in)giustizia israeliano, da leggere per capire la banalità del male, piena di però, di ma, si sentono offesi perché B’Tselem e HaMoked non di sono messi d’accordo con loro prima della pubblicazione del libro.
Cesare Beccaria si rivolterebbe nella tomba se sapesse che dopo di 250 anni dalla pubblicazione del suo libro “Dei delitti e delle pene” in un paese “civile”, nel terzo millennio, si pratica tranquillamente e scientificamente la tortura, e che quasi tutti gli altri paesi sostengono, vezzeggiano, giustificano, coccolano quel paese che si chiama Israele, un faro di democrazia, dicono.
Cesare Beccaria direbbe che democrazia e tortura non possono coesistere, ma solo perché non capirebbe la raffinatezza delle strategie politiche, che si ispirano alla neolingua svelata in “1984”. Ma lui era uomo dell’Illuminismo, non conosceva gli abissi delle magnifiche sorti e progressive.
Buona lettura.