mercoledì 25 gennaio 2017 - Marina Serafini

Titani

E' l'una di notte e fa freddo. In questi giorni le temperature sono calate in tutto il paese, e quando cammino per strada, nonostante i numerosi strati di lana, il cappello e la sciarpa lunghissima, avvolta e riavvolta intorno al collo fino a coprirmi la bocca, l'aria che respiro arriva a gelarmi la testa: sento come una lama posizionata nel cranio, dentro la fronte.

Rifletto sul fastidio che provoca il freddo, e so già che non sto pensando al disagio climatico. Leggo sul web le notizie e i relativi commenti, leggo i post di bloggers che seguo, vedo immagini devastanti di un pianeta che non rispetta se stesso: nel piccolo e nel grande. I migranti; i muri difensivi che offendono chi li erige e chi rimane dall'altra parte; omicidi di varia natura; attentati; guerre tra clan...

Odio e violenza allagati dall'acqua di ghiacciai che si sciolgono con una rapidità spaventosa; specie animali che si estinguono a causa dell'ignoranza, dell'egoismo infantile e degli abusi di questi viventi che hanno perduto la bussola.

Ma ha senso definire viventi coloro che distruggono ciò che ne garantisce l'esistenza? 
Sembra un paradosso, come le scale di Escher, che salgono e scendono al contempo, in maniera impossibile. Cancelliamo il respiro del mondo inseguendo illusioni vanesie di potenza e maestà: il potere, la gloria, l'onore... "Che le generazioni future parlino ancora di me, nel bene o nel male!"

Li abbiamo chiamati eroi, imperatori, assassini, li abbiamo dichiarati pazzi o superbi, magnifici e infami, li abbiamo comunque ammirati: i mostri del bene e del male. Li abbiamo messi lì, in alto, distaccati dal reale, in una improbabile storia che sa di leggenda e di forzatura studiata, e poi li abbiamo amati e temuti, e abbiamo insegnato a chi ci ha seguito a farlo a sua volta, in un modo o in un altro. Erano dei, erano re. Erano tiranni. Ma li abbiamo ammirati e serviti, nel timore che in noi suscitavano. 

Abbiamo peccato, insegnando a chiunque che l'autorità è la forza, e che il dolore, quello è solo un effetto secondario, necessario e discutibile. Roba da donne.

Il freddo fa male, allo spirito e al corpo. E da sempre è in agguato e ci morde. Siamo tanti e bastano piccoli gesti da parte di ognuno per scaldare un pò l'aria, quel poco che riesce a generare un sorriso. Bisognerebbe iniziare a guardare chi abbiamo davanti e domandarci se, in fondo, con quel suo silenzio rappreso, non stia dicendoci proprio qualcosa. Dov'è finita la volontà di osservare?

Corriamo, da un'azione ad un'altra, in gara con la morte e con la velocità ossessiva del fare. 

Serve una tregua col mondo, una breve cesura fuori dal tempo per poterlo davvero incontrare, e lasciare che in esso si imprima infine il respiro di una persona che vive. Non vediamo noi stessi con gli altri e quindi non vediamo più nulla.

Non possiamo capire che il freddo è generato e diffuso anche da noi.

Abbiamo perso il contatto col mare e col cielo, non tocchiamo la terra e non respiriamo la luce: corriamo e facciamo, sterilizziamo il pensiero e lasciamo ingannare le nostre persone da canali artefatti, già pronti, costruiti apposta per noi.

Ci è stato insegnato a ubbidire e a bere nutrimento già pronto. Se pensi sei matto, se chiedi sei strano, se soffri sei solo un pò fragile... Magari sei gay! Impariamo a descrivere il mondo secondo espressioni forzate che, poi, ci restano dentro e manomettono la nostra visione dell'altro.

Non è un femminicidio: hanno ucciso una donna! Non è un omofobico, ma un uomo che ha differenti orientamenti sessuali. Non sono strana: sono una persona con la sua naturalissima peculiarità. Non è solo: è solamente se stesso, e incontra gli altri dall'interno della propria persona...

Un pò mi dispiace ma non me ne scuso comunque: volevo comporre una festa, avevo intenzione di aggiungere una pagina allegra a questo mio piccolo spazio aperto sul mondo, ma non ce la faccio, non questa notte. Fa freddo, e questo freddo mi sta gelando i pensieri...




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