lunedì 14 aprile - Fabio Iuliano

Terrorismo: tre palestinesi a processo all’Aquila, "un’ingiustizia targata Italia"

Mercoledì 16 aprile, alla vigilia della "Giornata del prigioniero palestinese", si terrà a L’Aquila la seconda udienza del processo "italiano" in Corte d'Assise d'Appello contro Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, accusati di terrorismo per il loro presunto sostegno alla resistenza palestinese in Cisgiordania, contro l'occupazione militare israeliana.

A suggerire il virgolettato sono i comitati spontanei sorti a difesa delle istanze palestinesi: "Chi ha assistito alla prima udienza", spiegano in una nota, "ha avuto contezza di un processo sommario, degno di uno stato sionista, e non, come l’Italia continua a definirsi, di uno 'Stato di diritto, democratico e sovrano'”.

Le dichiarazioni dei comitati spontanei e dello Slai Cobas

Lo Slai Cobas per il sindacato di classe ha rilasciato una dichiarazione, esprimendo il proprio fermo dissenso verso il processo in corso. "Siamo davanti a un processo contro la resistenza e l'esercizio del diritto all’autodeterminazione dei popoli, riconosciuto anche dal diritto internazionale", affermano. "Il sistema giudiziario italiano sta cercando di condannare sotto l’accusa di 'terrorismo' ciò che invece è una lotta legittima contro l’occupazione e la violenza imperialista e coloniale", aggiungono, denunciando la crescente aggressività delle forze israeliane nei confronti della popolazione palestinese.

Il comunicato prosegue evidenziando come il processo sia stato già condannato sin dall'inizio, poiché ai palestinesi vengono negati gli strumenti per difendersi in aula. Vengono inoltre criticate le prove utilizzate, ossia i verbali degli interrogatori dello Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano accusato da Amnesty International e altre organizzazioni di utilizzare sistematicamente la tortura. Lo Slai Cobas sottolinea che la difesa dei tre imputati non ha potuto contestare queste "prove", e che la Corte dell'Aquila ha deciso di affidare la ricostruzione dei fatti esclusivamente alla Digos dell’Aquila, negando la possibilità di far intervenire testimoni o consulenti essenziali.

Inoltre, viene denunciata la scelta dell’interprete, una traduttrice egiziana, che avrebbe ostacolato il diritto di Anan Yaeesh di esprimersi liberamente. "Quando Anan ha chiesto di far leggere al suo avvocato la traduzione italiana della sua dichiarazione spontanea, gli è stato risposto che non serviva e che bastava metterla agli atti", afferma lo Slai Cobas, aggiungendo che il palestinese è stato interrotto dalla Corte durante la lettura e che le sue parole sono state travisate dalla traduzione.

Il sindacato denuncia anche la direttiva della Digos che ha imposto il divieto di bandiere palestinesi all’interno del tribunale, e la frequenza ravvicinata delle udienze, che secondo loro ha lo scopo di logorare e scoraggiare la solidarietà.

La denuncia delle violenze in Palestina e il sostegno alla resistenza

"Ma la vera vittima di questo processo è la verità, e quindi la giustizia", continua lo Slai Cobas. Il sindacato critica duramente il fatto che in un tribunale italiano non si possa parlare della Palestina, mentre la stampa italiana e i mezzi di comunicazione mainstream continuano a legittimare le azioni violente e genocidarie di Israele. Vengono riportate scene di violenza contro la popolazione palestinese, tra cui quelle che coinvolgono giornalisti e paramedici, tra cui Ahmed Mansour, un giornalista di Palestine Today ucciso durante un raid israeliano.

Lo Slai Cobas si interroga anche sulla legittimità di Israele come stato democratico e denuncia la complicità del governo italiano con le azioni di Israele. In particolare, il sindacato mette in discussione l'ammissibilità delle prove ottenute tramite crimini di guerra, giustificata dalla Corte di Assise dell'Aquila attraverso il principio della "reciproca fiducia tra Stati".

Il sindacato fa appello a tutti i lavoratori, in particolare ai giornalisti italiani, affinché denuncino questi crimini e condannino la repressione della resistenza palestinese. "Raccontare la verità è il primo passo verso la libertà", concludono.

Lo Slai Cobas ha inoltre annunciato la sua partecipazione alla manifestazione nazionale a Milano il 12 aprile contro il genocidio in Palestina e la complicità del governo italiano. L’invito è rivolto anche a chiunque voglia unirsi al presidio che si terrà alla prossima udienza, mercoledì 16 aprile, a partire dalle ore 9:30, presso il Tribunale dell’Aquila.

"La resistenza non si arresta, la resistenza non si processa!" conclude il comunicato dello Slai Cobas, ribadendo il proprio supporto ai tre palestinesi accusati nel processo.




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