giovedì 24 agosto 2017 - Giuseppe Ottaviano

Terremoto Centro Italia: un anno di Governo sotto le macerie della burocrazia

Erano le 3:36 del 24 agosto 2016 quando la terra ha iniziato a tremare: una scossa di magnitudo 6.0 scuote il Centro Italia con epicentro nei pressi del comune di Accumoli in provincia di Rieti, causerà 299 vittime.

La scossa di Accumoli sarà sola la prima di una lunghissima serie: il 26 ottobre una scossa di magnitudo 5.9 colpisce il maceratese con epicentro a Castelsantangelo sul Nera; il 30 ottobre arriva la scossa più forte, magnitudo 6.5 con epicentro Norcia, in provincia di Perugia; il 18 gennaio, con epicentro Capitagliano, nell'aquilano, ne arriva un'altra di magnitudo 5.5. Ma i sismografi, nel Lazio, nelle Marche, in Abruzzo ed in Umbria, non smetteranno mai di registrare altre scosse, migliaia, di minore intensità che hanno preceduto e seguito quelle più rilevanti. Alla fine le vittime saranno 303, centinaia i feriti, senza dimenticare tutti gli sfollati che ancora, dopo un anno, aspettano una sistemazione dignitosa e la possibilità di ricominciare.

In questo lasso di tempo abbiamo provato a seguire le vicende che interessano il Centro Italia attraverso l'esperienza dei volontari che, ogni giorno, cercano di dare il proprio contributo nelle zone colpite dal sisma. Siamo andati sul campo a novembre, al fianco delle Brigate di Solidarietà Attiva Terremoto Centro Italia e abbiamo pubblicato un dossier consultabile sulla home page di Agoravox Italia. Le Brigate non credono nel mero assistenzialismo - che comunque rappresenta un elemento essenziale soprattutto nelle prime fasi dell'emergenza - ma spingono la popolazione all'autodeterminazione attraverso la consapevolezza e la conoscenza dei propri diritti. Organizzando sportelli informativi e assemblee cercano di aggregare i cittadini puntando alla ricostituzione di un tessuto sociale che sia in grado di essere parte attiva nel processo di ricostruzione e riappropriazione del territorio.

Dopo un anno la situazione resta critica in tutti i 113 comuni colpiti dal sisma, le soluzioni adottate dal Governo non soddisfano la popolazione locale che denuncia un grave stato di abbandono. Circa due mesi fa, a dieci mesi dalla prima scossa, le BSA hanno dovuto riaprire la raccolta di beni di prima necessità appellandosi alla solidarietà degli italiani, perché in molti paesi i negozi non hanno ancora riaperto e gli abitanti di alcuni comuni fanno fatica a reperirli e ad acquistarli. Allora non è difficile da comprendere il comunicato inviato alle istituzioni, lo scorso 13 agosto, dalla gente di Castelsantangelo sul Nera con un messaggio molto chiaro: "Noi qui non vi vogliamo".

L'invito è a disertare la manifestazione di commemorazione prevista quest'oggi, per evitare l'ennesima passerella politica sulle spalle della popolazione. 

Sono tante le storie che andrebbero raccontate, partendo dalle soluzioni abitative inesistenti o scadenti. Per questo motivo la popolazione locale ha provato a rialzarsi con le proprie forze.

Altre storie ci raccontano la voglia di ricominciare degli imprenditori locali che si scontra con una farraginosa burocrazia. 

Chi, ad oggi, è riuscito a ripartire lo ha fatto con le proprie forze. 

La popolazione resiste tra mille difficoltà, mentre il Governo dimostra di essere lontano dalle reali necessità dei terremotati.

Facciamo un piccolo esempio, mettendo in evidenza uno dei tanti problemi ancora senza soluzione: la propria casa non è composta solo dalle pareti e dal tetto, ma anche dai propri mobili, dagli arredi e tutti gli effetti personali che contiene. Ora, se la propria casa è inagibile e si è obbligati a spostarsi a chilometri di distanza negli alberghi o negli alloggi collettivi, tutta questa roba che fine fa?

Nell'assoluta indifferenza delle istituzioni si è costretti a pagare di tasca propria ditte private o sperare di ricevere una donazione. E' il caso di Roberto, un terremotato di Amatrice, che ha ricevuto in dono, da privati, un container per raccogliere le proprie cose. Qui nasce un altro problema: dove piazzare quel container senza che sia ritenuto abusivo? Lo stesso problema lo hanno avuto quei cittadini che, a proprie spese, hanno provato a piazzare delle casette o roulotte in prossimità delle proprie case crollate o inagibili per restare vicino alle proprie attività commerciali, per non abbandonare quel che resta della propria vita. 

 




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