lunedì 5 marzo 2012 - Giovanni Greto

Terez Montcalm, ’Here’s to You’

Terez Montcalm, ‘Here’s to you. Songs for Shirley Horn’. (Incipit Records/Egea).

Terez Montcalm, voce , chitarra; Gil Goldstein, piano; Rufus Reid, contrabbasso; Ernie Wats, sax tenore ; Roy Hargrove, tromba

Terez Montcalm è una cantante canadese, orgogliosa Quebecoise. Discende infatti dal generale francese Montcalm che morì difendendo il Quebec contro gli inglesi. Ha iniziato a incidere non giovanissima e non indirizzandosi decisamente verso il jazz. Giunta in età matura, forte del buon gradimento di due album precedenti, ‘Voodoo’ e ‘Connection’, in cui si coglievano influenze Rock, Funk e Jazz, Terez ha deciso di registrare un disco per rendere omaggio alla sua cantante preferita, Shirley Horn (1934-2005), dalla voce suadente da contralto fumoso, scoperta da Miles Davis. L’album dura quasi come un concerto ed è sostanzialmente una lunga teoria di ballad, che può apparire, al primo ascolto, monotona nella sua lentezza. Brano dopo brano, si scoprono invece infinite sfumature, grazie alla bravura del trio basico, cui in alcuni episodi si aggiungono due sensibili fiatisti dal suono corposo o sommesso a seconda della necessità del momento, come il veterano Ernie Watts al sassofono tenore e il più giovane Roy Hargrove, che usa la sordina in sottofondo quando protagonista è la voce umana e suona a tromba libera negli assolo.

Gil Goldstein, noto soprattutto come arrangiatore e direttore musicale, si dimostra pianista talentuoso, con assolo fatti di poche note scelte con acume. A lui va il merito di aver preparato i brani con Terez, indicando ai compagni il tipo di approccio. Ottima la sezione ritmica, composta da un altro veterano, il contrabbassista Rufus Reid e da Steve Williams, che fu per 25 anni il batterista di Shirley Horn, la quale volle sempre suonare con gli stessi musicisti (il bassista era Charles Ables). Williams è bravissimo con le spazzole, con le bacchette e spiazza e risveglia spesso l’ascoltatore attraverso repentine accentazioni sui piatti, alcuni dei quali chiodati, il cui alone sonoro si propaga per più misure, con la sensazione di un leggero anticipo che conferisce un maggior ‘groove’. La sonorità, il timbro degli strumenti sono incantevoli, a dimostrazione delle capacità degli ingegneri del suono per un disco registrato in soli tre giorni, come a Terez non era mai accaduto, in un piccolo e isolato studio del Connecticut, con molte prime ‘takes’, come succede spesso nelle incisioni jazz, basti pensare agli storici LP Blue Note.

Un accenno alla voce di Terez, che viene spesso accostata ad interpreti come Janis Joplin, attraverso le sue stesse parole : “La mia voce sembra quella di una fumatrice da due pacchetti al giorno, mentre in verità non ho mai fumato. Le mie corde vocali sono più spesse della media e quando avevo sei o sette anni mi chiedevano se avessi mal di gola! La mia voce era già roca già a quell’età”. Quanto all’interpretazione, è decisamente originale, anche perché chi potrebbe raggiungere il lirismo della Horn? Piace lo scat genuino in brani come ‘How am i know’, sostenuto da una ritmica che si ricollega alla bossa nova brasiliana. E’ un disco sottovoce, immerso nello swing, non datato, non inutile e che non è da iscriversi al genere dei rifacimenti, cover più o meno simili all’originale, che alla fine risultano noiose e soporifere.




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