lunedì 13 maggio 2013 - UAAR - A ragion veduta

Tempi cupi per la libertà di scelta

La manifestazione degli antiabortisti che si è svolta ieri a Roma non può essere presa sottogamba. Non tanto perché è stato un successo di partecipazione (a vedere le immagini non sembra lo sia stato), quanto perché costituisce una pessima premessa politica per gli anni a venire. Viviamo infatti in tempi di larghe intese e l’abbiamo ormai capito a nostre spese: i compromessi al ribasso vedono quasi sempre come prima vittima la laicità.

Si sono dati appuntamento ieri a Roma per un corteo che è partito dal Colosseo migliaia tra integralisti cattolici di realtà come Militia Christi, religiosi, laicato cattolico più tradizionalista, movimenti di estrema destra, neofascisti e cattofascisti, bambini e boy scout precettati per l’occasione al seguito delle parrocchie. Con un armamentario di croci corredate di feti e immagini di embrioni. Negli slogan e nei cartelloni dei manifestanti, come l’anno scorso, viene invocata l’abolizione della legge 194 che regola l’interruzione di gravidanza e paragonato l’aborto a un “genocidio”. Anche quest’anno il sindaco di Roma Gianni Alemanno è alla testa alla manifestazione. Alemanno ha di fatto scelto questa occasione come tappa della sua campagna elettorale e ha paragonato l’impiego dell’aborto alla “strage degli innocenti”. “Se si è contro la pena di morte non è possibile non schierarsi contro gli attacchi alla vita innocente che derivano dall’aborto e dall’eutanasia”, ha aggiunto.

Tra i politici presenti, particolarmente indicativo il commento di Maurizio Sacconi, che avverte il governo: “Facciamo una moratoria sui temi etici, perché una rottura su questi argomenti porterebbe alla fine del governo di larghe intese”. L’ipoteca dei clericali no-choice si fa quindi già sentire, sebbene l’esecutivo non sembri affatto intenzionato ad affrontare il tema dei diritti e della laicità. Un pressing preventivo a tutto campo, che comprende anche il no ai matrimoni gay. Proprio alcuni parlamentari del Pdl (tra cui appunto Sacconi) si sono distinti un paio di settimane fa per un imbarazzante sit-in di fronte all’ambasciata francese a Roma, per protestare contro l’approvazione delle nozze per tutti e paventandone la minaccia in Italia.

Se nel centro-destra c’è un coro clericale praticamente unanime, nel centro-sinistra o c’è imbarazzato mutismo o commenti discutibili. Ignazio Marino, sfidante del sindaco Alemanno per il Campidoglio e bersagliato per le sue posizioni laiche anche dal quotidiano dei vescovi Avvenire, ha detto in merito alla sua mancata partecipazione al corteo integralista: “Non sono alla marcia per la vita perché non voglio strumentalizzare politicamente un’iniziativa giusta”. Mentre a Roma si celebrava l’integralismo no-choice con il consenso di alcuni politici e il silenzio di altri, che nulla avevano da obiettare, la questura negava l’autorizzazione alla manifestazione per ricordare Giorgiana Masi, per non disturbare i “pro-life”.

Nonostante la sua immagine “progressista” fin troppo sbandierata dai media, anche il papa si è fatto sentire, benedicendo gli integralisti no-choice. Al termine della messa per la canonizzazione di alcuni beati, prima della recita del Regina Coeli, ha salutato i partecipanti alla marcia per la vita accorsi in piazza San Pietro e ha aggiunto: “Invito a mantenere viva l’attenzione di tutti sul tema così importante del rispetto per la vita umana sin dal momento del suo concepimento”. Ha quindi ricordato la raccolta firme “Uno di noi”, promossa dalla Chiesa cattolica in tutta Europa, indirizzata alle istituzioni comunitarie quale forma di pressione per intaccare l’autonomia delle donne garantendo diritti all’embrione fin dal concepimento. Papa Bergoglio sta tornando ad assumere il ruolo e il tono che aveva in patria quando era a capo della conferenza episcopale argentina. Non ci si può del resto né aspettare né pretendere altro, poiché certe prese di posizioni sono in linea con la dottrina cattolica (attuale). Se non sorprende noi, la circostanza potrebbe però deluderà i tanti, anche laici, che vedono in lui una possibilità di discontinuità e apertura da parte della Chiesa.

Ce n’è abbastanza, a nostro avviso, per nutrire qualche preoccupazione. Soffia un’aria di conformismo istituzionale che non vede affatto di buon occhio ogni cambiamento che possa portare il nostro paese in una direzione più laica, sebbene la società si secolarizzi, e proprio per questo si sviluppino in reazione recrudescenze integraliste. Lo si nota anche dalle reazioni scomposte, da destra e da (parte della) sinistra, nei confronti del referendum bolognese contro i finanziamenti comunali alla scuola privata cattolica. Proprio per questo, però, è indispensabile rendere visibile giorno dopo giorno, azione dopo azione, quanto poco questo atteggiamento sia condiviso dalla società. Piaccia o no alle alte sfere, i cittadini e le cittadine del terzo millennio sanno che la libertà di scelta è un diritto fondamentale. E non intendono affatto rinunciarvi.




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