Tar della Liguria: un sacerdote può essere preside di una scuola pubblica, basta la laurea vaticana in teologia
Dopo la buona notizia dal Tar del Molise, ecco quella brutta proveniente dall’omologo tribunale ligure. Secondo i giudici amministrativi, i docenti di religioni possono diventare presidi in una scuola pubblica. Anche quando sono sacerdoti. E anche quando il loro titolo di studio è una laurea in teologia conseguita presso un’università vaticana.
La vicenda è stata raccontata da Repubblica. Il protagonista è Giovanni Pietraglia, sposato con tre figli, entrato in ruolo nel 2005 come docente di religione. Non pago, in seguito ha cercato di fare un ulteriore salto, diventando preside. Il dirigente scolastico ligure si è opposto: a suo dire, e a dire dello stesso ministero, la laurea in teologia, conseguita peraltro in un ateneo cattolico, non poteva costituire un titolo valido. Ma il Tar ha deciso diversamente: la laurea in “Scienze teologiche” presso la “Facoltà Teologica Settentrionale” equivale a una laurea conseguita all’estero. Anche un sacerdote può accedere all’incarico.
Va detto che, per Petraglia, la vittoria personale è limitata: non ha infatti superato gli scritti. Il precedente è tuttavia di peso: la casta di docenti entrata in ruolo grazie alla corsia preferenziale episcopale per insegnare la loro dottrina ha ora il grimaldello giusto per accrescere la propria influenza nella scuola pubblica. Peraltro sempre meno considerata dai vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni, a beneficio di quella privata. A maggioranza cattolica.
Come noto, gli insegnanti di religione cattolica, benché pagati dallo Stato, sono scelti dai vescovi. Ma una volta entrati in ruolo (la legge, del 2003, fu votata dal centrodestra e dai cattolici del centrosinistra) chiedono ormai di essere trattati come gli altri docenti, che hanno ottenuto una cattedra con un concorso pubblico, magari dopo anni e anni di precariato.
Per l’Uaar anche un prete può partecipare ai concorsi per dirigente scolastico. Deve però dimostrare di essere come gli altri, rispettando le regole che valgono per tutti i cittadini: deve pertanto essere docente di una materia obbligatoria il cui insegnamento non sia impartito in conformità alla dottrina di nessuna chiesa (e quindi senza indossare l’abito, e senza fare proselitismo). Un insegnante di religione cattolica è invece formato e selezionato dai vescovi con il preciso scopo di impartire lezioni conformi alla dottrina della Chiesa.
Non ha i titoli per rappresentare e dirigere una scuola della Repubblica. Non può prendere decisioni per tutti. Sarebbe come se un funzionario di partito potesse insegnare la sua dottrina politica e diventare preside di una scuola dello Stato solo in base alla propria militanza politica: curioso che i metodi dei regimi totalitari che spesso critica vengano di fatto adottati anche dalla Chiesa.
La vicenda della scuola di Adro, “appaltata” alla Lega, scandalizzò l’arco parlamentare e il Presidente Napolitano: ci attenderemmo analogo sdegno per le corsie preferenziali gestite dai vescovi. Abbiamo per già avuto modo di osservare migliaia di volte che, quando è in gioco la Chiesa, i pesi e le misure sono sempre regolarmente due.