mercoledì 24 agosto 2022 - Davide Morelli

Sulla morte e sul lasciare una traccia...

Provo un poco di tristezza nel sentire la voce di un cantante morto o nel vedere un film vecchio i cui attori sono già morti. Mi sveglio nel cuore della notte a volte. Non mi riesce prendere sonno. È il classico microrisveglio.

Allora tanto per passare un poco di tempo accendo per qualche minuto la televisione e mi imbatto in certi film di decenni fa, dove gli attori sono tutti deceduti. La cosa mi immalinconisce. Li vedo nel pieno possesso delle loro facoltà psicofisiche, al culmine del loro splendore estetico. Ai loro tempi erano ricchi, famosi e facevano innamorare l'altro sesso, mentre ora so che sono carne per i vermi. Da un lato penso che siano stati immortalati per sempre, mentre dall'altro penso che tutti siamo destinati a una fine ingloriosa. Eppure quel film, quel filmato d'epoca è testimonianza della loro arte e anche della loro esistenza. In assoluto provo molta tristezza a pensare ad esempio che i filmati di una attrice porno morta possono essere sempre visibili. In questo caso si tratta di mancanza di pietà umana o quantomeno di mancanza di delicatezza. Chi vede certi filmati hard lo considero quasi un necrofilo. La stessa cosa invece non accade per un libro di un autore già morto. Sono più abituato a leggere libri di morti che ad ascoltare canzoni o a vedere film interpretati da attori già morti. Forse è una mia sensazione personale, ma ho la vaga idea che il libro sia un mezzo fatto più per i posteri rispetto a una canzone o ad un film. Forse tutto ciò è dovuto al fatto che il libro prescinde da ogni elemento corporeo del defunto. Oppure sono certe parole scritte di certi autori che considero come immortali. In fondo non c'è bisogno di sedute spiritiche. I morti comunicano sempre con noi. In una epoca digitale come questa chi non ha foto, video o altro dei suoi defunti? Il loop è infinito ormai. Possiamo vederli quando vogliamo. Forse aveva ragione D'Annunzio quando scriveva che i morti hanno il privilegio di non morire più. Lo stesso Dylan Thomas scriveva che dopo la prima morte non ce ne sono altre. In ogni caso i nostri morti saranno sempre attori nella nostra memoria. Certe scene coi nostri morti, protagonisti nella nostra memoria, dureranno per tutta la nostra vita. Ritorniamo però alla tristezza data dall'ascoltare o vedere persone già morte. Forse questo accade perché siamo tutti più abituati ad ascoltare canzoni o vedere film di contemporanei. Molto spesso vediamo film o ascoltiamo canzoni quando sono nuove e vanno di moda, mentre per quanto riguarda i libri possiamo leggere best seller come classici. La tristezza ad esempio assale molti in modo esagerato quando un cantante o un attore muore prematuramente, dopo una vita segnata dagli eccessi. Viene considerata una cosa eccezionale. Le sue opere diventano spesso oggetto di culto, al di sopra di ogni immaginazione. Se uno muore giovane diventa "immortale". A una certa età attori e cantanti invece secondo molti dovrebbero avere il buongusto di ritirarsi dalle scene per non essere la parodia di quel che erano un tempo. Viene quindi considerato di più nel mondo dello spettacolo e anche in quello dell'arte chi si brucia in fretta rispetto a chi vive faticosamente più a lungo. I poeti sono quelli che muoiono più da giovani. Le loro vite sono sregolate o segnate dalla depressione. La realtà insomma viene spesso distorta: che gusto ci sarebbe a vivere altrimenti? I film e le canzoni rispetto ai libri a ogni modo riguardano più l'hic et nunc, senza per questo riferirmi al concetto di riproducibilità tecnica di W. Benjamim perché di fatto anche i libri non sono altro che copie. Molto probabilmente questa mia sensazione di tristezza è dovuta al fatto che il libro è da secoli considerato anche un lascito per i posteri, mentre canzoni e film sono molto più oggetti pensati per la fruibilità dei contemporanei e risentono molto di più del mercato e del commercio.




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