venerdì 26 aprile - Damiano Mazzotti

Storia semplificata dell’innovazione

"Dove nascono le grandi idee. Storia naturale dell'innovazione" è un saggio che sintetizza le profonde e inevitabili radici culturali dell'innovazione (Steven Johnson, quinta edizione del 2020, Bur Rizzoli, 291 pagine, euro 11).

I veri amanti della natura sanno che più la vita ingrandisce, più rallenta. "L'esistenza di una mosca dura poche ore o pochi giorni; quella di un elefante si protrae per mezzo secolo". Anche le piante seguono la legge di Kleiber e distribuiscono il fabbisogno energetico interno obbedendo "alla legge dell'elevamento alla potenza negativa di un quarto" (p. 13). La cosa più buffa è che anche le città rispettano questa legge: "Se dal punto di vista energetico un elefante è solo un topo sovradimensionato, allora una città è un elefante sovradimensionato" (p. 14).

Ma la scoperta più grande fu quella di Geoffrey West, che riguardava la creatività e l'innovazione, con un elevamento alla potenza positivo di un quarto (non negativo). Quindi "Una città dieci volte più grande di un'altra non era dieci volte più innovativa: era diciassette volte più innovativa" (p. 14). Comunque una scoperta grandiosa a livello contabile come la partita doppia, non ha una vera paternità, forse perchè fu molto utlizzata nelle città capitali del commercio italiano nel primo Rinascimento (p. 60).

Se prendiamo in esame una visione breve e media dell'innovazione, la competizione sembra avere un ruolo fondamentale, ma quando si considera "l'innovazione dalla prospettiva in campo lungo, nella storia delle buone idee la competizione appare meno cruciale di quanto si pensi di solito. Analizzare l'innovazione al livello degli individui e delle organizzazioni (come avviene nei manuali) distorce la prospettiva, presentando un quadro che sopravvaluta il ruolo della ricerca protetta da brevetto e la competizione... Al contrario l'approccio in campo lungo ci permette di vedere che la trasparenza e la libertà di circolazione delle informazioni potrebbero, in ultima istanza, risultare più utili all'innovazione dei meccanismi puramente competitivi" (p. 26).

Inoltre, invece di distinguere tra innovazioni e invenzioni, conviene prendere in esame la formulazione di "buone idee". Questo è un "punto di osservazione inter-disciplinare". La libera circolazione delle idee va favorita: "Può darsi che le buone idee non aspirino alla libertà, ma di sicuro hanno bisogno di collegarsi, fondersi, ricombinarsi" (p. 27). Se qualcuno "inventa un nuovo marchingegno promettente, non ha bisogno di convincere una commissione di governo del suo valore. Gli basta trovare qualcuno disposto a comprarlo" (p. 205).

Ogni manufatto e ogni servizio può essere arricchito e reinventato, in maniera minima, media o massima. E, "diversamente dal cibo e dal carburante, le idee sono una risorsa intrinsecamente riproducibile. Bisogna costruire dighe per impedire che seguano il loro corso" (p. 230). Le buone idee possono costare pochissimo e possono produrre moltissimo.

Steven Johnson è uno scrittore e un giornalista che si occupa di cultura, idee, tecnologia e scienze. Collabora con "The New York Times", "The Wall street Journal", "Wired" e "Time". Tra i suoi libri segnalo questo: "La moglie di Darwin. L'arte di prendere decisioni lungimiranti" (Il Margine, Trento, 2021).

Nota finale - Il mercato ricerca avidamente la novità e l'innovazione. Joseph Schumpeter formulò la famosa teoria della "distruzione creativa" (nota a pagina 205). E, purtroppo, circa il "95 per cento della tecnologia medica donata ai paesi in via di sviluppo si guasta entro i primi cinque anni di utilizzo" (p. 31).

 




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