giovedì 9 aprile 2015 - Giovanni Graziano Manca

Stagioni e stelle del cinema sardo. Prima parte

Nelle varie ramificazioni in cui la cultura si articola, la Sardegna ha sempre espresso personalità di primo piano. Per via di quell’incomprimibile necessità che accomuna indistintamente artisti, studiosi e letterati che desiderano esprimere il proprio messaggio beneficiando del massimo delle potenzialità offerte da contesti culturali più ‘evoluti’ rispetto a quello sardo, la nostra isola ha visto spesso partire per lidi più o meno lontani e poi affermarsi in tutta Italia e anche all’estero pensatori, letterati, studiosi delle più diverse discipline e artisti che nel corso della loro esistenza si sono dedicati alle attività creative più disparate: pittori, scultori, musicisti, e così via.

La Sardegna ha lambito a più riprese e in vari modi anche la storia del cinema italiano e internazionale, entrandone del tutto onorevolmente a far parte attraverso l’opera di registi, scrittori di cinema e attori nati in questa terra, ma anche con produzioni che l’isola l’hanno raccontata parzialmente o per intero o anche, ancora più semplicemente, solo mostrata per immagini. Numerosissime sono le opere di cinema che hanno ad oggetto storie e/o tematiche specificamente riguardanti la Sardegna o che abbiano trovato ambientazione fisica all’interno dei set naturali di cui la nostra isola dispone. Non sono poche, inoltre, le opere cinematografiche che hanno descritto e rappresentato, mediante la loro trasposizione sul grande schermo, vicende tratte da opere letterarie scritte da autori sardi.

I FILM. A voler scavare nella grande storia del cinema si apprende che in Sardegna sono stati girati, per intero o solamente in parte, film diretti da registi (ne citiamo, qui, solo alcuni) come Carlo Ludovico Bragaglia, Augusto Genina, Carmine Gallone, Mario Mattoli, Gillo Pontecorvo, Michelangelo Antonioni, Joseph Losey, Derek Jarman, Carlo Lizzani, Francesco Rosi, John Houston, Luigi Zampa, Mario Monicelli, Cristina Comencini, Lina Wertmuller, fino ad arrivare, in tempi molto più recenti, a Rocco Papaleo. Si pensi solamente che nel libro “Dai Lumière a Sonetàula: 109 anni di film, documentari, fiction e inchieste televisive sulla Sardegna” , il critico cinematografico Gianni Olla ha raccolto schede che riguardano ben 550 opere cinematografiche, tra cui un centinaio di film a soggetto, documentari, inchieste televisive e sceneggiati che si caratterizzano per avere una traccia “sarda” comune.

Iniziamo con il dire che dovendo abbozzare una minimale ipotetica cronologia di opere “sarde” di rilievo (parliamo qui di opere ‘di finzione’, ovviamente; una trattazione che avesse ad oggetto anche il cinema documentario sardo, primo tra tutti quello di Fiorenzo Serra, esigerebbe appositi spazi) certo non sarebbe possibile trascurare pellicole come Cenere, Banditi a Orgosolo e Padre Padrone: Cenere (1916) è l’opera prima di Febo Mari, attore teatrale e regista. E’, questo, un film di rilevante interesse storico (è stato restaurato nel 2009 presso la fondazione Cineteca Italiana di Milano), costituendo infatti anche l’unica testimonianza filmica che ci mostra Eleonora Duse nel ruolo di attrice cinematografica. Stella del teatro italiano, la Duse recitò sui palcoscenici di tutto il mondo (morì a Pittsburg nel 1927, proprio durante una delle sue tante tournee teatrali). “In ombra” per espressa volontà della stessa attrice di Vigevano, nel film la Duse diede di Rosalia, personaggio principale del racconto di Grazia Deledda che dà il titolo all’opera, una interpretazione originale che è però possibile collocare solo al di fuori degli schemi rappresentativi consueti per l’epoca in cui essa fu realizzata. Rimase, quella della Duse, una interpretazione incompresa e poco apprezzata. Le tematiche deleddiane, peraltro (il dolore, la inesorabilità e la ineluttabilità del destino, la fragilità della condizione umana), nell’opera di Mari appaiono tutte e tutte si presentano assai ben espresse.

Banditi a Orgosolo (1961) è la prima, come si direbbe oggi, “fiction” girata dal documentarista siciliano Vittorio De Seta. Il film si presenta come un tentativo di analisi antropologicamente mirata su come nasceva e come si sviluppava all’epoca, nelle zone interne dell’isola, il fenomeno del banditismo. Lo stesso De Seta, in precedenza, aveva girato i documentari di ambientazione sarda Un giorno in barbagia (1958) e Pastori a Orgosolo (1958), che mostrano vita quotidiana e rituali delle genti e dei pastori della Barbagia. Il cineasta siciliano ebbe ancora a che fare con la Sardegna allorchè portò in televisione e sul grande schermo un soggetto tratto dal romanzo Un anno a Pietralata dello scrittore siniscolese Albino Bernardini (il film ha per titolo Diario di un maestro e uscì nel 1972).

Palma d’oro a Cannes nel 1977 (in giuria, con le funzioni di presidente, Roberto Rossellini), Nastro d’argento e David di Donatello, Padre padrone (1977) è stato il primo film dei fratelli Taviani ad avere avuto notevole riscontro di pubblico. L’opera, tratta dal romanzo autobiografico dello scrittore di Siligo Gavino Ledda (regista occasionale, quest’ultimo, di un’altro film - anch’esso autobiografico - Ybris , del 1984), diede luogo allo scatenarsi di furiose polemiche per via di alcune scene ‘difficili’ alle quali critica e pubblico dettero forse eccessiva enfasi. Il film si avvale della eccellente interpretazione di Omero Antonutti nel ruolo del padre. Gli esterni del film furono girati all’interno dell’abitato di Cargeghe e nelle campagne di Cargeghe e di Mores. Al centro della narrazione letteraria e cinematografica sono poste le vicende di un giovane pastore sardo che è costretto a lottare disperatamente al fine di affrancare se stesso da una condizione di spaventosa arretratezza culturale rispetto alla quale può solamente prospettare per se stesso un futuro di sofferenza, miseria, ignoranza ed emarginazione. 




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