martedì 14 aprile 2015 - Giovanni Graziano Manca

Stagioni e stelle del cinema sardo parte seconda

STELLE DEL CINEMA SARDO. Maria Carta non è stata solamente la più grande delle interpreti della tradizione canora femminile sarda ma anche donna di grande fascino e sensibilità artistica oltre che apprezzata attrice cinematografica. I suoi primi approcci con il mondo dello spettacolo risalgono al 1957, anno in cui le fu assegnato il titolo di miss Sardegna. A scoprirne le straordinarie doti canore fu, a Roma, il maestro Morricone. Le doti recitative della silighese furono invece valorizzate sul palcoscenico dei teatri dai registi Franco Enriquez e Maurizio Scaparro, nel campo cinematografico da cineasti come Francis Ford Coppola, Franco Zeffirelli, Francesco Rosi, Gianfranco Cabiddu, che la fecero recitare in pellicole di notevole spessore artistico rispettivamente nei film Il padrino - Parte II, 1976, Gesù di Nazareth, 1977, Cadaveri eccellenti, 1976, Disamistade, 1989. Maria Carta fu, insomma, donna di spettacolo a tutto tondo e artista versatile, ricercata e “multimediale”, come dimostrano anche le numerose trasmissioni televisive cui partecipò.

E’, al cinema, come sostiene Gianni Olla, l’‘archetipo dell’ingenuità e della bontà sarda’. Sandro Ghiani è un caratterista piuttosto noto soprattutto a coloro che amano il genere cinematografico della commedia più disimpegnata: a partire dagli anni Settanta, infatti, ha recitato, rivestendo ruoli per lo più comici, in decine di lungometraggi (ricordiamo, qui, alcune delle gag irresistibili - con al fianco Lino Banfi nelle vesti di poliziotto - nel film del 1981 Fracchia la belva umana, di Neri Parenti). Personaggio singolarissimo e almeno all’apparenza introverso, Sandro Ghiani è nato a Carbonia nel 1953. Ha affiancato la propria prevalente carriera cinematografica (ha recitato in circa settanta film) a quella di attore televisivo e a quella di attore e regista teatrale. Notevole l’elenco dei registi per i quali ha recitato: Salvatore Samperi, Steno,Carlo Verdone, Carlo Vanzina, Ettore Scola, Marco Risi, Alessandro Benvenuti, i sardi Piero Livi e Antonello Grimaldi, e molti altri.

E’ lo stesso Tiberio Murgia a raccontare in una intervista che ‘Un giorno ricevo una telefonata. Sono Monicelli, presentati tal giorno a tale ora a Cinecittà, mi dice. Questa è la presa finale, ragiono. Ma ci vado e lì chi ti trovo? Una certa Claudia Cardinale, bella come il sole, Sordi, Totò, Mastroianni, Gassman. Che persone! Totò era un signore. Insomma, girammo un film che non sapevo neppure come si chiamava. Facevo la parte del siciliano. Monicelli mi diceva come muovermi, cosa dire tutto in sardo e tutto finiva lì.’ Vi è, nella narrazione dello stesso protagonista, l’incipit di una carriera eccezionale, di un'avventura cinematografica durata mezzo secolo e oltre 150 film, quella, appunto, di Tiberio Murgia, classe 1929, oristanese di nascita, l’attore che qualcuno entusiasticamente ha definito il più grande caratterista del cinema italiano. Altri, più lucidamente e realisticamente, ammettono che la grandezza di Tiberio sta soprattutto nell’aver portato sul grande schermo quel suo genuino e autentico modo di essere, suo malgrado, anche nella vita, “personaggio” un poco disorganizzato e sconclusionato. La sua fortuna fu quella di avere quell’inconfondibile aspetto fisico, quel viso affilato, quella sua particolarissima mimica; il limite principale della sua recitazione fu quello di essere sempre stato legato a interpretazioni della forma tipo del siciliano senza istruzione, testa dura e diffidente e di aver avuto rapporti pressochè esclusivi solo con le forme più leggere della commedia all’italiana. Lo hanno consegnato alla storia del nostro cinema soprattutto le collaborazioni con Mario Monicelli (che lo volle nel cast dei film I soliti ignoti, La grande guerra, La ragazza con la pistola) e Nanni Loy, con il quale girò L’audace colpo dei soliti ignoti. Muore in povertà in una casa di riposo nei dintorni di Roma, nel 2010. A Tiberio Murgia è dedicato il film documentario del critico cinematografico Sergio Naitza L'insolito ignoto - Vita acrobatica di Tiberio Murgia, (Nastro d’argento per il miglior documentario sul cinema) uscito nel 2012.

Foto: Wikimedia

Lo storico del cinema Gian Piero Brunetta definisce Amedeo Nazzari “divo mitico e irraggiungibile”. Nazzari, infatti, tra tutti gli uomini di cinema in attività tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, fu tra coloro che più si distinsero per la notevole capacità di adattamento alle parti diversissime che venne chiamato a ricoprire e che godette delle maggiori simpatie di pubblico durante gli anni del regime fascista. Tuttavia, è ancora Brunetta a sostenerlo, “Ingiustamente Nazzari è stato considerato come l’eroe per eccellenza del cinema fascista. Di fatto, in meno di una decina d’anni ha impersonato, con notevole duttilità, decine di ruoli differenti, da interpretazioni brillanti a figure eroiche, da vicende in cui assumeva il ruolo di perdente nato ad altre in cui doveva essere il portabandiera degli ideali nazionali” . Amedeo Nazzari nasce Salvatore Amedeo Buffa, a Cagliari, nel 1907. Circa 150 i film al suo attivo, dopo avere onorevolmente sperimentato, da giovane, anche il teatro, “con la sua aria severa e impettita, il suo bizzarro accento italo sardo, i suoi modi bruschi e ostentatamente virili che lo caratterizzano fin dal primo momento, quando si accosta al cinema con Ginevra degli Almieri di Guido Brignone” (Di Giammatteo). La filmografia nazzariana è vasta (circa novanta film); ricordiamo la sua partecipazione a lungometraggi come Luciano Serra pilota, per la regia di Goffredo Alessandrini (1938), Il bandito, per la regia di Alberto Lattuada (1946), Il brigante di Tacca del Lupo, (regia di Pietro Germi, 1952), Proibito, (uno dei più conosciuti film di ambientazione sarda, per la regia di Mario Monicelli, 1954), Le notti di Cabiria, per la regia di Federico Fellini (1957).

Gianni Agus, cagliaritano di Villanova (nacque nel capoluogo sardo in Via S.Rocco), classe 1917, iniziò a sperimentare le proprie doti recitative proprio a Cagliari unendosi di volta in volta alle varie compagnie teatrali allora presenti in città. Deciso ad abbracciare l’arte della recitazione anche contro il parere della propria famiglia, una famiglia di estrazione borghese, si trasferisce a Roma nel 1937. Nella capitale frequenta il centro sperimentale di cinematografia, dove ottiene il diploma di attore. Caratterista eccezionale, ebbe sempre ruoli da comprimario o di secondo piano, circostanza che soprattutto agli inizi della sua carriera trovò poco soddisfacente. Tuttavia, da artista di non comune versatilità quale indubitabilmente era, da attore capace e dotato di caratteristiche di professionalità notevoli, seppe costruirsi una carriera artistica di tutto rispetto in campi recitativi diversissimi come la prosa, l’operetta, il varietà, il cinema, la televisione e la radio. Al cinema negli anni Trenta recitò per due mostri sacri della regia come Amleto Palermi e Carmine Gallone. In seguito recitò per Mario Soldati, Mario Mattoli, Carlo Ludovico Bragaglia, Mauro Bolognini, Raffaello Matarazzo, Steno, Luciano Salce, Pietro Germi, Mario Monicelli e tantissimi altri. Si cimentò a fianco di attori come Totò, Macario, Sordi, Dapporto, Rascel, Fabrizi, De Sica, Chiari, Tognazzi e a Teatro, sotto la direzione di registi come Franco Enriquez, Giorgio Strehler e Giancarlo Sepe, interpretò Strindberg, Brecht, Pirandello, Wilde, Gogol, Leher. Lo ricorderemo sempre per la sua inusitata presenza scenica, in televisione, compagno di scena di Peppino De Filippo nei panni di Pappagone e di Paolo Villaggio in quelli di Fantozzi. Tornò a Cagliari alla fine degli anni Ottanta del secolo passato per recitare in “Il matrimonio del signor Mississipi” di Durrenmatt.

Franco Solinas nasce a Cagliari nel 1927, trascorre al seguito della famiglia gli anni dell’adolescenza nell’isola della Maddalena, si spegne a Roma nel 1982. A Roma matura e coltiva interessi letterari, sviluppa una forte passione civile e politica, si laurea in giurisprudenza, aderisce ad organizzazioni partigiane. Poeta, narratore e scrittore di cinema, oggi, in maniera pressoché unanime, viene considerato uno dei massimi sceneggiatori che la settima arte, dal dopoguerra in poi, abbia mai conosciuto. Dopo le iniziali esperienze letterarie, inquadrabili per lo più nell’ambito del neorealismo, con un passaggio che si rivelerà pressoché definitivo Solinas si concentrerà quasi esclusivamente sulla scrittura cinematografica, dedicandosi ai soggetti e alle sceneggiature per film nelle quali trasfonderà tutto il suo impegno e il suo entusiasmo politico e civile. Scrive Gianni Olla che in Solinas “La scrittura letteraria appare come uno sfogo personale, una voglia di tenere dietro alle istanze su cui si era formato in gioventù lo scrittore. Ma ben presto la specializzazione cinematografica cancellerà definitivamente la scrittura letteraria o forse […] Solinas tenterà, con alterni risultati, di introiettarla nella scrittura cinematografica. Non a caso quando la letteratura ricomparirà episodicamente nella carriera di Solinas, avrà delle caratteristiche che sembrano definirla – nonostante una fortissima autonomia creativa – come un pretesto cinematografico o forse, paradossalmente, una rielaborazione di spunti che erano stati ideati per lo schermo.” Lo ricordiamo per avere scritto o collaborato a scrivere opere come Kapò, La battaglia di Algeri e Queimada di Pontecorvo Salvatore Giuliano di Rosi, Le soldatesse di Zurlini, Quien Sabe? di Damiani, L'Amerikano di Costa Gravas e per avere lavorato fianco a fianco con cineasti che veramente ricoprono un posto di rilievo nella storia del cinema: oltre che con i registi citati Solinas lavorò con Luigi Comencini, Mario Camerini, Mario Mattoli, Carmine Gallone, Nicholas Ray, Roberto Rossellini, Francesco Maselli, Joseph Losey e altri.

Nanni Loy è cagliaritano del centro storico, essendo nato nel 1925 in una delle vie del quartiere di Castello. Borghese di nascita (il padre avvocato discende dalla famiglia dei Donà delle Rose, la madre è una Sanjust) si trasferisce a Roma ancora molto giovane. Nella città eterna si laurea in giurisprudenza conseguendo in seguito il diploma di regista al Centro sperimentale di Cinematografia. Lo spettro delle attività che si collocano al centro del suo impegno artistico è piuttosto ampio: Nanni Loy fu non solo attore, regista e scrittore di cinema ma anche uomo di teatro e innovativo autore di spettacoli televisivi passati alla storia (impossibile dimenticare Specchio segreto e Viaggio in seconda classe). Si è detto di lui che avesse in grande considerazione le dinamiche del mercato perche gli offrivano la possibilità di alternare film di minore impegno intellettuale (e di maggiori possibilità commerciali) come L’audace colpo dei soliti ignoti e Amici miei atto terzo, a lungometraggi dove la forte passione civile di Loy poteva tradursi liberamente in opere come Un giorno da Leoni e Le quattro giornate di Napoli, entrambi film sulla resistenza partigiana, Imputato in attesa di giudizio, Scugnizzi.

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IL NUOVO CINEMA SARDO. Negli ultimi decenni il cinema è cambiato molto. Esso, come ogni altra forma di espressione artistica, appare oggi per molti aspetti irretito dal grande vortice delle dinamiche globali. Esso si muove con difficoltà a causa di una crisi generale (non solo economica) che seguita a dilagare in tutti i contesti geografici e a qualsiasi livello. Peraltro, il cinema di casa nostra sembra reagire alle contingenze negative con grande dignità e determinazione, perché dispone di menti creative che sono in grado di concretizzare opere di eccellente livello artistico. I registi sardi operano e si inseriscono bene e con disinvoltura all’interno di un contesto artistico cinematografico senza confini, spesso con opere di ampio respiro che per altri versi recano l’indelebile marchio di una sensibilità artistica marcatamente made in Sardinia. Si tratta di artisti e di autori colti e tecnicamente preparatissimi, di intellettuali a tutto tondo intensamente impegnati a cogliere gli stimoli creativi offerti dal mondo odierno e perfettamente calati nelle realtà che essi rappresentano nelle loro opere. Affievolitosi sensibilmente il fenomeno del divismo, oggi, in un impeto di nostalgia irresistibile si potrebbe forse essere tentati di rimarcare che in Sardegna non nascono più attori che si avvicinino, per abilità e fascino, a quelli delle passate stagioni del cinema. Ma, tanto per dire, è sotto gli occhi di tutti che oggi il cinema appare spesso orientato ad impiegare attori non professionisti, circostanza che consente notevoli guadagni in termini di maggiori realisticità e spontaneità di quanto rappresentato e significativi risparmi di risorse monetarie. Non solo Gianfranco Cabiddu e Antonello Grimaldi, che tra i registi proprio nuovi non sono, essendo noti e apprezzati universalmente fin dagli anni Ottanta del secolo passato, ma certamente anche uomini di cinema che appartengono alla più recente frontiera del cinema sardo come Giovanni Columbu (Arcipelaghi, Su re), Peter Marcias (Dimmi che destino avrò), Salvatore Mereu (Ballo a tre passi, Tajabone, Bellas Mariposas), Enrico Pau (Pesi leggeri, Jimmy della collina), Enrico Pitzianti (Piccola pesca, Tutto torna), Piero Sanna (La destinazione), Paolo Zucca (L’arbitro) insieme ad altre giovani promesse della cinematografia isolana sembrano avere ancora molto da raccontare. 




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