sabato 7 luglio 2012 - Ferdinando

Spending review, tagli alla spesa sociale oppure un’occasione per riequilibrare le cose?

La prima domanda da porsi è se la crisi nel paese e in Europa sia vera oppure una invenzione mediatica, un modo come un altro per allarmarci e indebolire la democrazia. Se pensassimo che la crisi non esista, la spending review diventerebbe una strategia per indebolire il pubblico impiego, il welfare state e la pace sociale. Tocca alzare il tiro, denunciare la mistificazione e fare una battaglia a tutto tondo. Quindi, NO all’aumento dell’età pensionabile, NO alla perdita della pensione privilegiata, NO alla perdita delle "supervaltazioni", NO alla chiusura o accorpamento di Enti, NO alla chiusura di ospedali e scuole, NO a Monti e al suo governo di banchieri, NO ai nominati e torniamo al voto.

Viceversa, se pensassimo che tutto sommato il tempo delle vacche grasse è finito, l’occidente, l’Europa e l’Italia dovrebbero cominciare a immaginarsi più poveri e con meno garanzie. Allora il discorso è diverso. La domanda che viene da porsi è la seguente: per quanto tempo dobbiamo combattere contro la crisi? A cascata, come ci facciamo carico di questa crisi? Quali categorie possono pagarla, attutirla meglio? Qual è il limite in cui la pace sociale diventa a rischio? La Grecia ci può insegnare qualcosa? Come militari e poliziotti, cosa siamo disposti a pagare?

E’ evidente che a seconda della risposta che abbiamo dato in premessa, il da farsi è diametralmente opposto. A mio modestissimo parere, siamo messi male. La crisi c’è e non la conosciamo tutta, il rischio di derive populistiche, autoritarie, scontri sociali ed impoverimento generale si annusa nell'aria. Da Torino, passando per Novara con una sosta a Roma, non c’è amico, parente, conoscente, collega che di questi tempi non mi racconta di ristrettezze, perdita di lavoro, cassa integrazione, chiusura di ditte di cui direttamente o tangenzialmente è coinvolto. Un po’ come i tumori, ognuno di noi ha qualche storia da raccontare nelle nostre vicinanze. Paradossalmente, sento questo disagio più al Nord che in Calabria. Lì, il punto di equilibrio è già stato raggiunto. Addirittura, qualcuno pensa ad un ritorno al paese natio ben più contenuto nelle spese del Nord. Se questa sensazione è reale tocca essere pragmatici.

Per alcuni versi questo discorso lo abbiamo già affrontato alcuni anni fa in occasione di una Delibera del COCER AM in cui sostenevamo che i colleghi con più di 40 anni contributivi, tutto sommato, potevano andare a casa. Si trattava di “emendamenti ecosostenibili” in risposta al DL 112 di Brunetta. Contro quell’opzione del Decreto Brunetta si levarono in primis gli SS.MM. a seguire le restanti Sezioni Cocer con le note “pro specificità”. In realtà quella levata di scudi dava l'impressione che non fosse per l’appuntato che faceva servizio nella strada, ma per il colonnello/generale che avrebbe potuto ricoprire qualche incarico presitgioso. Dal 2008, quel Decreto non fu mai applicato ed oggi abbiamo 5/6000 colleghi che si aggiungono agli esuberi a causa di eventuali aumenti di età pensionabile. 

Medesimo discorso è stato quello dello scippo delle risorse del riordino/riallineamento delle carriere dei non direttivi. A fronte di Tremonti che disse “..salvo il saldo, alla finanziaria, fate che volete...”, una sorta di coro all’unisono, composto da Stati Maggiori, Politica e Sezioni Cocer (esclusa l’AM), hanno gridato alla specificità e all’intoccabilità, con il risvolto che sono stati pagati gli automatismi della dirigenza con le risorse dei non direttivi. Miopia, scandalo e nanismo politico all’ennesima potenza. Attenzione a ripetere gli stessi errori. O gridiamo a Monti vattene a casa, oppure suggeriamo dove andare a tagliare, non c’è via di mezzo.

Non si tratta di fare una guerra tra poveri, tantomeno di tagliarsi gli attributi per far dispetto alla moglie, ma di sano pragmatismo volto a ristabilire gli equilibri. Nello specifico, non voglio suggerire a Monti di non accorpare, non chiudere gli enti, o di non allungare il brodo degli esuberi. Devo avere il coraggio invece di dire dove tagliare, dove recuperare i soldi, quali sono gli sprechi. Per esempio, se è vero che siamo in esubero, perché si continuano a fare straordinari (sopra i 100 milioni di euro annui)? Perché si pagano i CFI (circa 200 milioni) anziché stornare l'aggravio di attività con recupero ore, licenza? Perché si continua a dare il premio contro l’esodo dei piloti? Perché non si chiudono i tribunali militari? Nelle missioni all’estero, soprattutto quelle che non sono nei teatri operativi, che la finanziaria del 2010 indicava la riduzione al 50%, a che punto siamo? Soprattutto, se sacrifici ci devono essere, le omogenizzazioni stipendiali sono il privilegio elevato all’ennesima potenza, persino la fondazione ICSA (con ex Capi di SS.MM. - pag.29) ha evidenziato l’anomalia tutta italiana.

L’elenco della spending review possiamo e dobbiamo farlo noi, sempre che la crisi esista. L’elenco dei suggerimenti da tagliare è lungo. Potremmo suggerire di utilizzare le risorse risparmiate per attutire il processo di ristrutturazione ed esodo del personale, una sorta di fondo, paracadute per il futuro. Ieri ho votato contro l'ennesimo Comunicato Stampa del Cocer interforze che dice tutto e niente, non si sporca le mani, e si tiene maliziosamente silente. Populismi, e posizioni volte a dire NO sono utili a coloro che vogliono continuare a vivere di rendita e non mettere in conto che il tempo delle vacche grasse è finito anche per loro.




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