martedì 12 novembre 2019 - YouTrend

Spagna: chi è uscito vincitore da queste elezioni?

Il PSOE ottiene una percentuale quasi identica a quella del 28 aprile e cercherà ora un governo di coalizione con Podemos. Ma avrà i numeri?

di Alessio Vernetti e Salvatore Borghese

Per la quarta volta in quattro anni in Spagna si sono tenute le elezioni politiche, e per la quarta volta consecutiva nessun partito è riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta dei voti e dei seggi del Congresso. Tuttavia, la tornata di ieri non è stata una fotocopia del voto dello scorso 28 aprile, sia perché alcuni partiti sono cresciuti e altri sono crollati, sia perché sono mutati gli approcci che i partiti hanno nei confronti di un possibile governo di coalizione.

 

A chi vanno i 450 deputati?

Qual è dunque la distribuzione definitiva dei seggi nel nuovo Congresso, la Camera bassa del Parlamento spagnolo che esprime – a differenza del Senato – la fiducia al governo? Il PSOE si prende 120 seggi, perdendone 3 ma restando la prima forza politica del Paese iberico. Il Partito Popolare, invece, recupera 22 scranni dopo il tonfo storico del 28 aprile e si porta ora a quota 88. Chi fa registrare la crescita più marcata è però Vox, la formazione nazionalista di destra che passa da 24 a 52 seggi e diventa il terzo partito.

Per quanto riguarda Podemos, una perdita di 7 seggi porta la forza politica di Iglesias a quota 35 seggi. Ma il calo più netto lo fa registrare Ciudadanos, che non solo più che dimezza i propri voti rispetto al 28 aprile, ma passa da 57 a 10 seggi nel Congresso.

E i partiti regionalisti? In Catalogna la lista Esquerra Républicana de Catalunya-Sobiranistes perde due scranni rispetto alle elezioni di aprile e potrà quindi contare su 13 deputati. L’altra grande formazione catalana, Junts per Catalunya, ne guadagna invece uno, portandosi a quota 8. Guadagnano anche un deputato a testa le formazioni basche del PNV (7 seggi) e EH Bildu (5 seggi).

Más País, la nuova formazione di Íñigo Errejón nata in seguito al distacco da Podemos, elegge solo 2 deputati a Madrid, più un deputato affiliato a Més Compromís nella Comunità Valenciana.

I restanti 9 seggi sono stati assegnati a liste locali che hanno eletto non più di due deputati: Candidatura d’Unitat Popular, Navarra Suma e Coalicion Canaria potranno contare su due parlamentari, mentre il Bloque Nacionalista Galego, il Partido Regionalista de Cantabria e Teruel Existe su uno soltanto.

 

 

Il voto alle liste per provincia

Ma come sono andati i partiti principali nelle singole province? Vox è in crescita in tutto il Paese, ma spicca in particolare a Murcia, dove è primo partito, e in Andalusia. L’avanzata del partito di ultradestra guidato da Santiago Abascal è invece più contenuta in Galizia e in Catalogna.

 

Podemos vede un calo lieve ma generalizzato. La formazione di Pablo Iglesias soffre di più a Madrid per l’emergere di Más País, mentre tocca la sua percentuale più elevata in Aragona.

 

Il PSOE di Pedro Sánchez è rimasto sostanzialmente stabile a livello nazionale: si è rafforzato in Castiglia, ma ha perso voti in Catalogna e nell’ormai ex feudo andaluso.

 

Il Partido Popular cresce ovunque, sotto la guida di Pablo Casado, soprattutto in Castiglia e Leon, a Madrid e in Aragona. Quasi stazionario, invece, nei Paesi Baschi.

 

Ciudadanos, infine, crolla di 9 punti in 6 mesi, cedendo meno solo in Catalogna e nei Paesi Baschi (dove era già debole prima): la mappa quasi tutta nera testimonia la drastica flessione.

 

Quale governo?

Quali partiti potrebbero appoggiare il nuovo governo? Una grande coalizione alla tedesca tra socialisti e popolari disporrebbe di 208 deputati: si tratta però di un’ipotesi che, visti i precedenti storici e la cultura politica prevalente in Spagna, non sembra poter trovare approdo. Inoltre, la somma delle forze di sinistra (PSOE, Podemos e Más País) non arriverebbe a 160 seggi, né quella delle forze di destra (PP, Vox e Ciudadanos).

Come uscire dallo stallo? Bisogna ricordare che in Spagna non è strettamente necessaria la maggioranza assoluta per formare un governo: se non la ottiene alla prima votazione, al premier incaricato basta avere più voti a favore che contro nella seconda votazione di investitura. Un ruolo importante è quindi giocato dalle astensioni: nel 2016, 68 deputati si astennero nei confronti del governo Rajoy, che poté così nascere. Potrebbe ora ripetersi un simile scenario? Se ci fosse un accordo tra PSOE, Podemos e MP e tutti i partiti regionalisti si astenessero (o votassero a favore), si potrebbe far partire un governo di sinistra: i voti contrari di PP, Vox e C’s sarebbero infatti 150. Ma per mettere d’accordo Sánchez e Iglesias e ottenere l’astensione dei regionalisti la strada è tutta in salita.




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