giovedì 7 febbraio 2019 - Osvaldo Duilio Rossi

Smart Contracts: una riflessione generale

Qualche parola per spiegare cosa sono gli smart contract, come funzionano e cosa significano per la società di oggi (secondo me).

Cosa sono gli smart contract?

Gli smart contract ("contratti intelligenti") sono algoritmi informatici che associano effetti esatti alla verifica di condizioni particolari: l'algoritmo produce un risultato Z solo se verifica le condizioni X e Y. Perciò i tecnici parlano di immutabilità del risultato: l'equazione Z = X+Y significa un sistema deterministico.

Uno smart contract è un programma auto-eseguibile (c.d. self-executing) che produce automaticamente certi risultati, determinati da certe condizioni, verificate dal programma stesso. Funziona a grandi linee così:

  1. Le parti del contratto pattuiscono quali risultati correlare a quali condizioni (negoziazione e conclusione del negozio giuridico).
  2. Le parti o i loro tecnici traducono il contratto in un algoritmo (professionalità giuridico-informatica).
  3. Le parti eseguono o non eseguono il contratto (condotta pragmatica).
  4. Il programma assegna alle parti un risultato in funzione dei loro comportamenti (processo informatico).

Sì, ma in pratica?

Per es., Laura concede in locazione un appartamento a Marco, a condizione che Marco paghi un canone di € 600 entro il giorno 5 di ogni mese, per 4 anni.

Lo smart contract, da una parte, verifica che il conto corrente di Marco disponga di almeno € 600 (variabile X) e verifica che Marco abbia autorizzato la sua banca a operare con l'algoritmo (variabile Y), quindi preleva periodicamente € 600 dal conto corrente di Marco e li accredita sul conto corrente di Laura (risultato Z); dall'altra parte, verifica che il conto corrente di Laura riceva ogni mese l'importo di € 600 tramite bonifico dal conto corrente di Marco, altrimenti (se per es. Marco ha finito i soldi sul suo conto corrente) segnala a Marco la morosità; e alla terza morosità gli contesta formalmente l'inadempimento (con PEC o RAR); e alla quarta morosità avvia un processo di convalida di sfratto (un effetto complesso da realizzare con uno smart contract, ma fattibile almeno in teoria).

E se Marco avesse qualche problema personale e dovesse o volesse pagare in un altro modo?

Lo smart contract è intelligente! perciò può implementare tante forme alternative di pagamento e può attivare tante modalità di verifica di tante variabili alternative: per es., può verificare se le causali degli accrediti sul conto corrente di Laura riportino un codice particolare, che Laura e Marco hanno scelto di associare al rapporto locatizio, cosicché, se Laura riceve un versamento in contanti sul conto corrente, effettuato allo sportello della banca, lo smart contract associa l'importo di € 600 (variabile X) al codice della causale (variabile Y) e qualifica Marco in bonis (effetto Z).

Insomma, lo smart contract "va in automatico", liberando Marco e Laura dalla routine. E il problema, secondo me, sta proprio qui. Perché, se è vero che lo smart contract garantisce alle parti l'esecuzione cieca e ferrea dell'accordo, con le parti che di fatto rinunciano alla libertà di tradire i patti, è anche vero che le parti perdono la libertà di eseguire spontaneamente l'accordo; perché le conseguenze sono automatizzate su entrambi i fronti. Le parti rispettano i patti solo per evitare le conseguenze negative certe (effetto Z) che dipendono dall'inadempimento (variabili X e Y).

Eh, ma così ignori i semantic contracts!

Già, perché le intelligenze artificiali semantiche consentono allo smart contract di ridurre i rischi di errore interpretativo delle variabili; gli consentono di dare un significato ai comportamenti delle parti e di modificare il risultato, adattandolo a quel significato nuovo; gli consentono di produrre (o di proporre di produrre) un effetto nuovo correlato a variabili nuove, che le parti avevano trascurato di includere nel contratto originario.

Molto bello, ma la sostanza è sempre la stessa: il programma sceglie al posto delle parti; si sotituisce a loro; impone degli effetti sulle loro vite.

Certo, si può contestare che ciò serve a tutelare la buona fede delle parti e le parti in buona fede; e che un contratto smart può implementare qualsiasi variabile e può modulare qualsiasi effetto in tante gradazioni; e soprattutto si può contestare che le parti stesse hanno pattutito quegli effetti. Ma ho l'impressione che subire quegli effetti senza poterli controllare conduca ad un'alienazione più grave di quella che induce a usare gli strumenti smart.

Anche un "contratto antiquato" (promissio boni viri e gentlemen's agreement) vincola le parti a certi effetti, ma le parti hanno sempre la libertà di risolvere in qualsiasi momento quel contratto o di rinunciare ai propri diritti (e questa libertà si potrebbe pure implementare in uno smart contract); ma soprattutto il valore delle parti (boni viri e gentlemen) dipende dal valore della loro volontà di adempiere liberamente al contratto (promissio e agreement).

Il patto sociale si negozia e produce senso sociale anche nell'inadempimento e nel conflitto che lo segue. E su questo tema consentitemi di rimandarvi a un discorso più complesso. Delegare a un algoritmo il compito di produrre senso (cfr. i semantic contracts) nel patto sociale svuota il patto sociale di qualsiasi senso umano.

Decentralizzare o non localizzare?

I sostenitori delle tecnologie smart implementate con la blockchain dicono che questa rivoluzione tutela la libertà degli individui e i sistemi democratici perché decentra e, anzi, delocalizza le autorità garanti. Queste tecnologie diffondono il controllo di autorità tra tutti i nodi della rete, anziché accentrarlo in capo ad un solo nodo o a certi nodi privilegiati: l'algoritmo opera contemporaneamente su tutte le macchine. Si disintermedializza la costruzione del patto: si elimina il potere degli intermediari, restituendolo a tutti i nodi. Peccato però che quel potere si realizza nella tecnologia.

E rileggetevi La questione della tecnica di M. Heidegger. E magari (consentitemi) leggetevi anche Rete, cultura e dissenso di G. Alese e O.D. Rossi.

Delegare alle macchine la nostra libertà di decidere.

Insomma, mi sembra che il successo di questa "intelligenza contrattuale" informatica esprima una forma di pensiero umano sempre più modellato sul pensiero artificiale (e consentitemi l'ultimo rimando a un discorso sulla cultura digitale). Mi sembra che questo "pensiero semplificato" (nella politica, nell'economia, nella giustizia, nella religione...) caratterizzi i tempi correnti in modo preoccupante.

E su questo, lo so, si potrebbe aprire un lungo dibattito...




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