martedì 28 giugno 2016 - paolodegregorio

Sindaci con pochi poteri

Se si vuole cambiare in profondità il ruolo dei sindaci e far emergere quelli che sommano onestà, capacità, passione civile per la “polis”, bisogna affrontare la questione della attribuzione dei poteri senza i quali anche i migliori degli eletti restano impantanati nei debiti pregressi, nei funzionari corrotti e piazzati da partiti e sindacati, nei dirigenti delle municipalizzate, nei tagli finanziari del governo ai comuni, che rendono sempre più bassa la possibilità di dare servizi ai cittadini.

La prima cosa da fare è la prevenzione: la magistratura della Corte dei Conti deve avere il potere diretto, esecutivo e immediato, di commissariare i comuni che non rispettano il pareggio di bilancio, al fine di dare ai nuovi sindaci una reale possibilità amministrativa, per non passare il tempo della sindacatura a ripianare conti, sprechi e ruberie di cui devono venire fuori i reali responsabili.

Si deve anche considerare il fatto che i sindaci, non disponendo del gettito delle tasse, sono soggetti alle decisioni del governo che dal 2011 al 2015 ha ridotto i fondi dovuti ai comuni del 66% a Milano, del 40% a Roma, del 36% a Torino, del 24% a Napoli, del 70% a Bologna (fonte: il Fatto Quotidiano del 22 giugno), quindi espropriati da decisioni governative, impossibilitati a qualunque programmazione di spesa, costretti ad aumentare i vari tributi comunali, spremendo i cittadini. Se non cambia questo metodo, affidando la totale riscossione delle tasse ai comuni, stabilendo una percentuale fissa, uguale per tutta l’Italia, da consegnare allo stato centrale, i sindaci saranno sempre in balia dei ricatti politici e i territori saranno sempre male amministrati.

Sono consapevole di invocare riforme di difficile attuazione e che ci vuole una maggioranza politica legittimata da un passaggio elettorale, ma vi sono nodi che vanno sciolti se vogliamo che i sindaci a 5 stelle appena eletti non siano stritolati da una burocrazia soffocante e corrotta, da veti e lungaggini provenienti da province e regioni, e da debiti da ripianare. A proposito delle regioni: spesso un governo regionale di colore è diverso da quello dei comuni e ciò degenera in boicottaggio dei programmi urbanistici, ambientali, energetici, al punto da essere necessario che i poteri comunali siano molto più estesi e le regioni abbiano sempre meno importanza nella vita amministrativa italiana, fino alla loro soppressione come si farà per le province. Ai sindaci la popolazione chiede sicurezza e lavoro, ma se non decidiamo (come negli USA) che la polizia (non solo quella urbana) sia comandata dal sindaco, difficilmente si può avere una svolta contro la criminalità.

Quanto al lavoro, solo un reddito di cittadinanza, in cambio di 4 ore di lavoro giornaliere (5 gg a settimana) in lavori socialmente utili, organizzati dal Comune può eliminare quelle sacche di disperazione dovute alla disoccupazione. Ai sindaci bisogna dare molti più poteri e, per quanto riguarda il peso dei debiti pregressi (a Roma la Raggi ha trovato dai 12 ai 16 miliardi di euro da pagare a banche e privati), si deve affiancare al sindaco una figura commissariale che tratti la materia, senza che il nuovo sindaco sia coinvolto nel ripianamento dei debiti fatti dai suoi predecessori che per questo vanno perseguiti. Il contrappeso di cui devono godere i cittadini è il recall, la sfiducia, e cioè la possibilità di revocare il mandato al sindaco, se non rispetta gli impegni presi, su richiesta del 50% più uno dei voti ricevuti. 




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