martedì 26 maggio 2015 - Ferdinando

Sindacato unico, un’unica voce che si assuma le responsabilità

Ennesima intervista fiume di Renzi in tv: tra i tanti elogi che dedica a se stesso, si ritiene sorpreso delle posizioni del Sindacato che non perde occasione per fare il bastian contrario del Governo nonostante le sue mirabili riforme. A tal proposito auspica il giorno in cui il Sindacato sia unico e non frammentato come lo è oggi.

Apriti cielo, queste affermazioni hanno fatto scattare tutte le sigle sindacali in un unico coro di sdegno e grido al “totalitarismo”. Un po’ come quando si tenta di toccare i politici sui vitalizi, privilegi, bonus: non importa di che colore sono; alzano contemporaneamente gli scudi e trovano le parole per difendersi e scivolare l’accusa in altri ambiti. Il famoso “ben altrismo” italiano che identifica sempre un problema più grosso da risolvere prima di quello che si sta discutendo.

Per l’amor di Dio, ci sta una difesa d’ufficio, però all’esterno prima o poi tocca dare parvenza di terzietà. Come si fa a sostenere nel 2015 le ragioni di oltre 110 anni di storia sindacale (per dire il vero, la rottura del Sindacato avvenne nel 1948, mentre in origine era unico). In un mondo globalizzato nell’economia, nelle imprese, allargato nei confini territoriali, sociali, il sindacato fino a quando conta di rimanere isolato, ancorato ad un modello che non è più in grado di gestire la complessità di tutela lavorativa e sociale, cosa aspetta ad adeguarsi? Peraltro, in Germania e in America è già così.

Camusso, Barbagallo e Furlan rivendicano all’unisono la pluralità sindacale in un coro simultaneo come non si è mai visto per nessuna categoria. Su ogni battaglia hanno sempre fatto dei distinguo, delle sfumature, persino firmato accordi separati con buona gioia del Governo e della Confindustria, oggi improvvisamente ritrovano l’unità, fenomenali (!?). E’ singolare quanto significativa questa rinvenuta coralità.

Probabilmente, il loro NO all’unisono è la risposta che ci vorrebbe sempre affinchè il sindacato riconquisti il suo ruolo originario e di parte sociale. In questi ultimi anni le differenziazioni delle sigle hanno fatto il gioco della controparte, hanno lasciato forti dubbi ai lavoratori; è stata smascherata la loro terzietà nei confronti della politica e della Confindustria. A proposito, come mai il Governo deve avere sola voce, la Confindustria è quella più rappresentativa mentre il Sindacato è sempre variopinto? Nel frattempo, in questi anni abbiamo perso tutte le conquiste e la colpa non è di nessuno.

Sono convinto che sia tempo che il Sindacato torni alle origini: sia unico, capace di trovare al suo interno meccanismi per rappresentare in modo democratico e trasparente tutte le posizioni, uscendo dalla logica della lobby parcellizzata, per essere “parte sociale” con un’unica voce. Quando questa voce non si riesce a comporre il Segretario dovrebbe porre la fiducia né più, né meno di quanto fa il Governo. Pensare di continuare con i balletti figli degli anni novanta con sigle che vanno in piazza ed altre che firmano i contratti, non fa bene a nessuno, non è sinonimo di pluralismo, democrazia, ma di debolezza di una componente sociale. I sindacati suddivisi in sigle con evidenti riferimenti politici pronti ad alzare i toni con un Governo e a mettere il freno con un altro hanno perso credibilità: è tempo di cambiare prima di implodere.

SI al sindacato unico, NO all’assunzione di rappresentatività sociale anche per i non aderenti al sindacato, SI ad una maggiore trasparenza nelle dinamiche di carriera, incarichi, funzioni dei dirigenti sindacali. Siamo in un altro mondo, il lavoro non è più quello di cinquanta anni fa, si è frammentato, globalizzato, ha perso quel valore sociale di riferimento, siamo in una modernità liquida senza contenitore e con mille contenuti, il proliferarsi di messaggi disorienta, crea caos, disaffezione, isolamento. Tocca ripartire da zero, dalle origini, dall’assunzione di responsabilità; non abbiamo bisogno della scelta che accontenta tutti e non produce effetti, piuttosto di pragmatismo che già prevede di scontentare una parte, fermo restando che ne beneficerà la maggioranza oppure porterà benefici futuri.

I sindacati così come li percepiamo oggi sono suddivisi tra sigle e al loro interno ci sono correnti, non parliamo dei bilanci e delle elezioni dei dirigenti e segretari: ai non addetti ai lavori risultano incomprensibili. Come lavoratori dobbiamo chiedere una voce unica, un leader unico, né più né meno di quando difendono se stessi, tutti con le stesse parole e lo stesso ritornello, senza distinguo e vicinanze politiche. 




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