giovedì 19 dicembre 2019 - Alberto SIGONA

Serie A: se la Juve si vede in Hdr

Dopo le comprensibili perplessità d'inizio stagione M. Sarri sembra essersi convinto riguardo alla bontà del 4-3-3...

Con Higuain, Dybala e Ronaldo schierati sin dall'inizio la Juventus può essere devastante, e la partita giocata contro l'Udinese prelude scenari succulenti

Sino alla vigilia del match di Coppa dei Campioni disputato a Leverkusen M. Sarri si era limitato a schierare il tridente dei sogni limitatamente a partita in corso, generalmente nell'ultimo quarto di gara, specie quando c'era da recuperare uno svantaggio o da sbloccare un risultato di parità. In quelle sporadiche circostanze gli effetti della contemporanea presenza dei tre tenori Higuain, Dybala e Ronaldo erano quasi sempre stati in linea con le aspettative (vale a dire positivi), ciononostante il tecnico toscano non aveva abiurato la sua, pur discutibile, convinzione, che gli negava l'impiego sin dall'inizio di ogni incontro del trio delle meraviglie, in quanto generante un assetto troppo audace della squadra.

La svolta illuminata è avvenuta proprio nell'ultima sfida di Champions L., inutile ai fini del risultato ma estremamente giovevole per sperimentare in libertà. Un'occasione irripetibile per saggiare, senza i soliti timori che troppo spesso inducono ad atteggiamenti smisuratamente prudenti (di quelli che inibiscono ogni forma di progresso tattico), nuove alternative all'ordinario, nel caso quel tanto anelato 4-3-3 champagne, che, se adoperato ingegnosamente, avrebbe dovuto permettere alla Juventus di spiccare quel volo qualitativo che un po' tutti attendevamo dal giorno dell'arrivo dell'ex trainer di Empoli, Napoli e Chelsea. Un 4-3-3, incentrato sull'HDR (acronimo di Higuain, Dybala e Ronaldo), che avrebbe dovuto consentire ai tre fuoriclasse bianconeri d'esprimersi al meglio delle loro potenzialità (specie CR7, che per sfruttare tutto il suo potenziale micidiale ha bisogno di essere messo in condizione di far male), a tutto beneficio della Signora, che avrebbe visto lievitare in maniera esponenziale la propria impetuosità. Ed il match giocato al cospetto dei tedeschi ha certificato una volta di più, stavolta in maniera inoppugnabile, l'estrema utilità di tale disposizione tattica.

Audaciae columen

La formazione iniziale, a dire il vero, aveva visto ancora una volta un componente della triade accomodarsi in panchina, con Higuain e CR7 a vagare nell'ombra per oltre un'ora. Poi al 22° del secondo tempo avviene il cambio da tutti invocato: esce un evanescente Bernardeschi per far posto allo scalpitante Dybala. Gli effetti dell'avvicendamento non attendono a farsi notare, e già dopo 8 minuti dall'ingresso dell'argentino la Juve passa in vantaggio con C. Ronaldo. Quindi in pieno recupero Higuain confeziona il 2-0 del definitivo successo bianconero. Ma al di là del risultato finale, che ha ampiamente premiato la scelta operata da Sarri, la conseguenza più lampante della mutazione tattica la si è potuta rintracciare nel gioco espresso da Madama nei minuti in cui l'incantevole trio ha convissuto. Prima dell'entrata sul rettangolo di gioco dell'ex attaccante del Palermo la Zebra appariva compassata, abulica e priva d'idee che potessero indirizzare la partita fuori dai binari dell'ovvio, poi, dopo l'uscita di “Berna” i bianconeri si sono letteralmente ridestati dal torpore in cui parevano essersi immersi, esternando un gioco spumeggiante, arioso e naturalmente assai fruttifero. Il successo scaturitone ha persuaso un po' tutti dell'assoluta valenza del trio, e di come sarebbe stato uno spreco imperdonabile rinunciarne, inducendo l'allenatore bianconero ad arrischiarlo sin dal primo istante della sfida successiva.

Un'audacia che è stata largamente premiata contro l'Udinese. Al cospetto dei “cugini cromatici” la formazione piemontese, infatti, ha espresso un gioco a dir poco “avvenente”, a tratti incantevole, coi tre signori lì davanti (soprattutto Cristiano, tornato ai suoi livelli dopo mesi di opacità) ad ammaliare, riportandoci alla mente certi terzetti leggendari. Il 3-1 rifilato ai friulani ha, invero, evocato (coi dovuti distinguo) altri celebri tridenti che hanno fatto la storia di Madama, in primis quello composto da Boniperti, Sivori e Charles, che a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta fece ammattire le difese dello Stivale italico, o quella, decisamente più umana, avente come interpreti attori del calibro di Del Piero, Vialli e Ravanelli, che nel 1996 regalarono alle zebre l'ultimo grande acuto europeo. Rimane da vedere se Sarri intende proseguire sulla via di siffatto modulo ardimentoso (e molto produttivo...) o se la sua intenzione, con buona pace dei buongustai, è quella di esibirlo soltanto in determinate circostanze. Il tempo ci dirà se le scintillanti prove fornite nelle ultime due partite lo avranno convertito ad uno schieramento che potrebbe rivoluzionare le mire espansionistiche della Signora, e che magari potrebbe far scuola anche in ambito internazionale, per una disposizione tattica che in tal caso diverrebbe un autentico modello per vari topo club. Nell'antica Roma avrebbero parlato di audaciae columen, noi contemporanei di esempio di sfrontatezza. Una sfrontatezza vincente. Forse.

La rinascita dell'Inter e la crisi del Napoli

Tutto questo mentre continua l'appassionante testa a testa con l'Inter, squadra che Antonio Conte ha totalmente trasfigurato nel corpo e nell'anima, trasfondendole quello spirito vincente di cui l'ex tecnico bianconero è portatore sano, e che tempo addietro gli permise di rivoltare come un calzino l'essenza interiore di una Juve reduce dalle scosse telluriche prodotte da Calciopoli. Un'Inter che dopo tanti anni di magre sembra pronta a riportarsi in auge, magari in forte anticipo rispetto ai tempi preconizzati. Intanto desta sensazione il Napoli, alle prese con un'inspiegabile involuzione sfociata nell'esonero di C. Ancelotti (sostituito da G. Gattuso), il tecnico che la società campana, appena un anno e mezzo fa, aveva ingaggiato per far ulteriormente emancipare i partenopei, a cui pareva mancasse la classica ultima pennellata per concludere quello che sembrava un capolavoro incompiuto. Sicchè, dopo un torneo un po' sconfortante ci si attendeva un campionato consono alla statura di uno dei mister più medagliati di sempre, ma la realtà è stata ben diversa. Il tanto auspicato cambio di rotta 2019-'20 non si è verificato, e la compagine azzurra ha addirittura peggiorato (pure marcatamente) il proprio rendimento, ed il recente clamoroso ammutinamento della banda capeggiata da L. Insigne (portavoce di una tracotanza inammissibile ed difficilmente assolvibile) è stato il segnale assordante di una malcelata insofferenza nei confronti di una società che ormai da tempo s'era vista sfuggire la situazione di mano, Ancelotti compreso, il quale ha riportato il più grande fallimento della sua gloriosa carriera d'allenatore. Forse Gattuso è proprio l'uomo di polso che ci voleva per riportare il Napoli su binari più sereni, che possano condurre la squadra verso destinazioni meno accidentate, possibilmente più idonee alla recente storia partenopea, quella, per capirci, targata A. De Laurentiis.

 

Lazio e Atalanta: che sorrisi!

Se il Napoli versa in condizioni pietose, di tutt'altra natura è lo stato della Lazio, che dopo il successo in rimonta sul campo dello spavaldo Cagliari di R. Maran - rivelazione assoluta del campionato in corso - si ritrova adiacente alla vetta della graduatoria, per una prima metà di stagione davvero folgorante, estranea ad ogni previsione. Ed a proposito di aspettative sovvertite, è destinata a rimanere nella storia l'impresa compiuta in Ch. League dall'Atalanta di G. Gasperini, che, dopo un avvio rovinoso (figlio del classico scotto del noviziato), di quelli che instillano il dubbio sull'opportunità di partecipare a certe manifestazioni e pongono a rischio l'onorabilità (specialmente quando si subiscono 11 gol in 3 partite realizzandone appena un paio...), è riuscita - udite udite - a staccare il biglietto per gli Ottavi di Finale (ancora c'è chi non ci crede), guadagnandosi il diritto di sfidare il Valencia per tentare di entrare fra le prime 8 d'Europa. Un traguardo eclatante, per nulla preventivabile (e non solo per aver perso malamente i primi 3 incontri), che si erige a manifesto del livello eccezionale raggiunto dal team bergamasco, che a quanto pare non si vuol limitare a stupire in Italia, ma che mira ad esportare il suo gioco frizzante ed efficace in Europa, avvalendosi di una brillantezza ed una forza d'animo quasi mai rintracciate in una matricola. Una matricola che s'atteggia a veterana consumata, e che con questa qualificazione si appresta a scrivere l'ultimo di un'infinità di capitoli da favola che da un lustro a questa parte stanno sbalordendo tutti, eccitando la fantasia di qualsivoglia appassionato, per un team divenuto ormai lo slogan ideale dello sport, nel senso più gioioso del termine.

La VAR e l'esultanza rateizzata

Chiudiamo con una riflessione sulla VAR, una tecnologia, giunta al terzo anno di vita, che avrà reso il calcio più equo e regolare, ma che ha ormai bruciato sull'altare della tanto agognata aequitas l'euforia del gol, poiché ogni azione sfociante in rete segnata è puntualmente vivisezionata alla moviola, coi tifosi costretti a congelare l'esultanza in attesa che l'arbitro convalidi o meno il gol, omologazione che può avvenire anche dopo estenuanti attese e snervanti incertezze, tali da cagionare due diverse esternazioni di gaudio, una prima sub judice ed una seconda “ufficiale”, insomma entusiasmi da esprimere in comode rate, decisamente più blande e meno effervescenti del caro vecchio giubilo concepito in unica soluzione.

 

Foto di Pexels da Pixabay 

 




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