martedì 14 novembre 2017 - Sabina Greco

Senzatetto a Sapri | Un caso di odio sociale da parte dell’autorità

Vuol la sorte che quel dato giorno, d’una trascorsa settimana, ci viene in mente, malauguratamente, di farci pure mediatori recando in dono alla città di Sapri, sì ridente in quel d’un golfo, un po’ di gente già di fuori a spender qui i loro denari. É fuori dubbio che non vi abbiamo ne qualifica, neppure titolo, siamo solo dei senzatetto disgraziati e pur barboni alla deriva in quel d’un parco della stazione qui del posto. Ci diamo da fare, non è una scelta, è la vita che così vuole, in certi casi a dover campare in strada e senza tetto. É ancora lei, la stessa vita, che qualche contatto lo favorisce e ci giunge una richiesta di accoglienza, vitto e alloggio, allettante per un ciel di mare già fuori stagione dato morto. Pensiamo bene, o forse male, di portare la buona novella a quell’uno già conosciuto, un tal Congiusti, figlio certo di buona stirpe, socio del Tintobrace, un ristorante sul lungomare dal pesce di qualità, nonché, vuoi per disgrazia, la nostra inopportuna, pur vice sindaco neo eletto.
Ci presentiamo l’infausto giorno, al ristorante appena detto, erano le 13.00 su per giù, nessun tavolo occupato, per sottoporre al Congiusti la richiesta a noi sì fatta. Anche qui, e inaspettato, ci tocca restare fuori… la portata d’una mente ottusa e impreparata. Giungiamo solo a fare lei, la domanda di apertura – scusa tanto, hai due minuti? - che avanza e si arma ai denti quell’autorità in lui pleonastica: non ho tempo, come ti permetti, c’è l’orario di ricevimento!
Noi sgomenti, non sappiam che dire, non è il vice che stavam cercando, lo sappiamo che, d’ufficio, non siede al ristorante, almeno dalle nostre parti. Lui convinto di doverselo giocare, il ruolo tanto amato, tira dritto per la tangente senza nemmeno ascoltare, niente altro a riferire: sei un maleducato a presentarti, a quest’ora al ristorante, chiama dopo, ma non prometto!
La mascella rasoterra, sol la nostra, passiamo pure per maleducati, noi che addirittura siamo soliti a chiedere il permesso anche in casa nostra, chi ci conosce lo sa bene. Forse è ciò, la gran briga, il Congiusti ignora tutto.
Ad ogni modo, ottemperiamo, ma a chiamarlo non certo cambia il registro e senza neanche voler sapere cosa mai abbiam da dire, il Congiusti pensa bene d’aumentar la posta e di giocarsi anche fiero la minaccia: tu stai parlando con un’autorità, io ti faccio passare i guai in due minuti… così chiudendo la conversazione!
La novella in tasca, convogliata altrove, lontano da Sapri poco accogliente, i denari non sembran servire, c’interroghiamo ancora noialtri, lì sulla solita panchina in quel d’un parco della stazione, cosa muove a odio tal smisurato il Congiusti sì arrogante, da sentirsi poi costretto a maltrattare l’Altro, suo eguale, già in ginocchio, a dover vivere fuori, per le strade, quelle stesse, della sua città. Lui non conosce, lui non fa domande, a lui non interessa, non gli abbiamo mai chiesto nulla, non gli abbiamo mai recato alcun fastidio, ogni spazio da noi occupato è pulito quando lo abbandoniamo, lo notan tutti.
Ma il Congiusti ignora tutto, perché lui non vede, lui non guarda, non lo tange, è troppo lontano dalla natura d’un umano disagio, assai impegnato a reggere la fascia d’un potere stolto e a sortir minacce. Signor vice, nessun rancore in terra nostra, noi La perdoniamo, anche Lei non sa quello che dice!



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