martedì 17 ottobre 2017 - Sabina Greco

Senzatetto | Quel ch’è dato a noi vedere è che a Sapri ci si veste bene

E' sorprendente: non cambia, è sempre lei, la stessa storia.
Cambia il volto, cambia il nome, magari anche il genere, cambia il luogo, ma la storia è sempre quella. Siamo a Sapri.
Siamo al parco della stazione ferroviaria, sulla panchina.
Siamo quelli senza tetto, disgraziati e pur barboni.
Volle Dio, che quel giorno gramo, si trovò a passare - per la centunesima volta, il suo ufficio è lì di fronte - il rappresentante sindacale, uno fra mille, un pezzo grosso, par da queste parti. Suo malgrado, quel giorno infausto, si vide strappato alla regia sorte da quell’altro, suo amico, che perentorio lo invitò a sedere lì fra noi, sì sconosciuti (si fa per dire!).
Non rifiuta.
Che può fare?
Sta al gioco, è così che vuol la parte.
S’indigna.
Non si può, che disgrazia!
Bisogna intervenire.
Chiama questo, chiama quello, anche il sindaco è in elenco. Sono qui con quattro amici, serve tetto al più presto!
 
Come faccio? Non ne abbiamo. Che so io che cosa fare.
Signor Sindaco, così non va.
Qui bisogna far qualcosa!
Serve lui, sì tanto amato, quel bel tavolo assai ambito d’una pia concertazione.
E' stato bello, or son felice, state bene, che mo’ facciamo - ci saluta ormai amici.
Come il vento è già sparito, chi l’ha visto più d’allora, qui fra noi su sta panchina. Pure il sindaco, un tal Gentile, dicon giovane e pien d’azione, quel ch’è dato a noi vedere, è senza fallo, che si veste bene. Nessun altro abbiamo visto, di coloro fedel compagni, sempre intenti a trainarlo quell’ingombro d’un carrozzone di partito in vetta al mondo… cosa vuoi, è convenzione, che sempre il tavolo è occupato proprio lì dove si mangia bene.
In quanto azione in quel di Sapri per dare un tetto a quelli senza, fu davvero un tale blitz, da far invidia a quei tedeschi che, in fatto d’incursioni in stile lampo a quel tempo, hanno fatto già la storia. Siamo sempre ancora al parco. La panchina è ancora lei. Siamo quelli senza tetto, disgraziati e pur barboni. Come sopra già citato: cambia il volto, cambia il nome, magari anche il genere, cambia il luogo, ma la storia è sempre quella.
 
Non è questo, in fin dei conti, il vero fatto che sorprende. Quel che a noi in cuor sconcerta è la voce che si eleva, in ogni angolo e per le strade, delle genti qui del posto che la sanno ben più lunga la vera storia di una cittadina assai ridente in quel d’un Golfo di Policastro Bussentino: qui nessuno farà mai niente fino a quando non lo diventerete un tal problema!
Diventare un tal problema!
E' o’vero?!
E quale cuore mai abbisogna, siamo pronti ad interrogarci, almeno dalle nostre parti, che quell’Altro, suo eguale, diventi un tal problema per esser preso in considerazione?
Quale cuore mai attende che ancora l’Altro, sempre eguale, diventi un tal problema per esser degno di attenzione?
Qual’è mai quello stesso cuore che forza l’Altro, ancora eguale, a diventare un tal problema in cambio d’un interessamento, d’un riguardo o d’una premura?
Dobbiamo cuocerci il cervello, oltre alla pasta a fuoco lento, di sostanze stupefacenti pure qui assai in voga (hashish, marijuana, eroina, cocaina oppure crack per chi l’aggrada)?
Dobbiamo, forse, intossicarci anche il fegato oltre al dì, con quell’acque, ch’è pur vero, che vanno a ruba letteralmente, vuoi la birra e il vino o la vodka e pure il whisky?
O magari è più efficace, all’occorrenza anche più sentito,
se devastiamo e razziamo giardini pubblici e già privati
se spacchiamo teste oltre ai soli vetri
se urliamo e berciamo, imbrattiamo e facciamo in modo di far saltare pur qualche testa
o magari, quelle stesse teste, ve le mozziamo direttamente, giacché il fuoco, almeno quello, largheggia fuori e pure dentro?
A voi la scelta!



Lasciare un commento