giovedì 18 settembre 2014 - Giuseppe Aragno

Scuola: il governo delle docce scozzesi

Il 23 di febbraio è la ministra Stefania Giannini che apre i cuori alla speranza: “53 miliardi per la scuola sono pochi”. Segue a ruota l’autorevole conferma del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che il giorno seguente precisa: “Il primo punto del programma è il rilancio dell’educazione. Da giugno a settembre realizzeremo un piano straordinario per le infrastrutture scolastiche”.

Un impegno chiaro e ufficiale, che gli guadagna fiducia e consensi. Il 26 febbraio, però, a stretto giro di posta, la postilla di Renzi affidata a Repubblica apre la lunga stagione delle docce scozzesi: “Abbiamo due miliardi per ristrutturare le aule”. Dai 53 miliardi che parevano pochi si passa a un saliscendi di numeri buoni per il banco lotto. L’8 marzo la ministra Giannini dimezza i fondi promessi da Renzi e dichiara impassibile che “per la sicurezza sono pronti interventi per 1 miliardo”.

Il 10 marzo, due giorni dopo, Renzi, stremato dalla quotidiana dose di Twitter, ignora i tagli dichiarati dalla Giannini e, come Cristo coi pani e coi pesci, moltiplica i fondi e confida alla Stampa che si son “trovati 2 miliardi e mezzo per interventi sull’edilizia”. I tempi però si sono allungati: devono bastare per tutto il 2016.

Mentre sorge, inquietante, il dubbio che nel governo la destra non sappia ciò che fa la sinistra, il sottosegretario all’Istruzione, Roberto Reggi, rilascia sconcertanti dichiarazioni: “Tutti i numeri che leggete sull’intervento del governo sull’edilizia scolastica – afferma - sono falsi. Tutti falsi” Proprio così: falsi! “Nessuno sa davvero quante e quali sono le scuole su cui dobbiamo intervenire, né conosce i fondi disponibili. Qui nessuno sa niente” sbotta il viceministro, “Renzi spara razzi nel cielo, quello è il suo talento, ma poi noi arranchiamo dietro. Mancano tutti i dettagli”. Sui razzi si apre così un’incredibile gara. Per Renzi la scuola ha già avuto 3 miliardi e 700 milioni, per la Giannini sono 200 milioni in meno e il 15 giugno, dopo mesi di fuochi d’artificio e razzi a moltissimi stadi, sulla Stampa i numeri ridimensionati gelano quanto sopravvive dell’iniziale entusiasmo: “Piano scuola al via. Pronto un miliardo”, dichiara il governo, senza rinunciare a promesse nate per tirar su il morale e destinate puntualmente a buttarlo giù: “Tra il 2015 e il 2020 arriveranno altri 4 miliardi”. Quello ch’era dato per certo è rimandato così alle calende greche, ma ci consola la luce di un tracciante: “La mia scuola parlerà inglese”, dice a fine marzo la Giannini, che ad aprile, però, narra Repubblica, ruba l’elmetto alla collega della difesa Pinotti, prende il fucile e va in trincea: “Mi batterò contro i tagli agli atenei”. afferma, e svela così che il governo lotta contro governo.

In attesa che uno dei razzi lanciati vada a segno, a luglio si parla di “un premio ai professori”, che, però, “dovranno lavorare di più”. Non c’è tempo per capire che razza di premio sia quello che ti aumenta il lavoro senza contrattare miglioramenti dello stipendio: il primo razzo di Renzi, lanciato a febbraio, è ridotto a un misero bengala, ma c’è infine la buona novella. Il razzo stavolta lo lancia la Stampa: “Partono le ‘scuolebelle’ di Renzi. Da domani arrivano gli imbianchini. Stanziati 150 milioni da usare entro dicembre”. È un anemico bengala: i fondi già utilizzati per i lavoratori socialmente utili, messi alla porta, sono stati usati per reclutarli di nuovo con le vecchie mansioni più il ruolo di imbianchini. Nel silenzio biecamente complice dei media, si scopre che i 53 miliardi di febbraio erano una bufala e non resta che lanciare la campagna per l’elemosina: “Via libera all’8 per mille per rilanciare l’edilizia scolastica” titola la Repubblica, il 24 luglio, pochi giorni prima che Renzi faccia un triste dietrofront e imponga lo “stop alla pensione per 4 mila insegnanti”. La stagione dei razzi è finita? Nemmeno per sogno! Renzi, narrano giocosi giornali e televisioni al servizio del re, presi per il bavero il tecnici del Tesoro, ha promesso: "Troverò io le risorse".

 Agosto batte il record delle docce scozzesi. Si parte con la doccia gelata di Repubblica, che regista l’allarme delle Province: “Scuole senza soldi, riapertura a rischio, […] colpite dai tagli per 9 miliardi: non possiamo garantire sicurezza e riscaldamento delle aule”, ma ci si fa coraggio alla luce d’un razzo del Corsera che, alla vigilia di ferragosto, alimenta i sogni: “Informatica dalla primaria e alla maturità si parlerà inglese”. Caldo, freddo, freddo caldo, si rischia la bronchite: un giorno il missile di Renzi che ci mette la faccia – scuola? “tratto io, sarò giudicato su questo”, che è come dire, finora abbiamo scherzato - un altro la svolta: “Scuola, nuovi concorsi e aumenti”. Nuovi concorsi? Ma no, che avete capito? C’è una grande “svolta sui precari: subito l’assunzione per 100mila professori”. Assunzione? Sì, forse, ma intanto “servirà un miliardo e mezzo”. E come si fa? Niente paura avvisa Renzi, “il 29 agosto presenteremo una riforma complessiva che, a differenza di altre occasioni, intende andare nella direzione dei ragazzi, delle famiglie e del personale docente che è la negletta spina dorsale del nostro sistema educativo”.

Razzi stupefacenti che non fanno male, sicché la moderata Giannini si spinge fino alla “rivoluzione scuola”, ed espone il suo piano: "Meritocrazia e apertura ai privati. Mai più precari e supplenti, aumenti di stipendio ai professori migliori”. Gongolano i giornali tra il 26 e il 27 agosto, quando due razzi di rara potenza annunziano un “piano per riassorbire i precari” che è l’annuncio degli annunci: “precari: subito l’assunzione per 100 mila professori”. In un agosto freddino come non mai, si gioca al rialzo e il Corsera, per non farsi scarseggiare missili e razzi e un buon bengala, titola entusiasmato: “Sono 120 mila i professori a termine”. Crescono i numeri, ma cambiano i termini del reclutamento, si assumeranno precari “ma senza cattedra fissa”. La doccia bollente si fa d’un tratto tiepida e Repubblica, preoccupata, lancia l’allarme: doccia veloce, sennò rimarrete insaponati! Mancano i soldi e le cose stanno così: “Chi lavora di più prenderà più soldi”. Toccherà ai presidi, ma non si sa come si valuterà il lavoro: si tratta di quantità? Conta la qualità? Nessuno sa dirlo e, mentre l’acqua si gela, si torna a parlare di rivoluzione. “Rivoluzione del merito” spiega Repubblica, e il Corriere mette in orbita il razzo dei razzi, scrivendo convinto: “Scuola. Liceali, stage al museo. E alle elementari più maestri per classe. Piano istruzione da 3 miliardi l’anno”. Mentre si cercano disperatamente soldi - la BCE ci avverte: non potrete stamparli - si apprende che per “medie e maturità, gli esami cambiano. Le linee guida della riforma puntano alla semplificazione delle prove alla fine dei cicli”. È una tale esplosione di razzi che persino il presidente del Consiglio, che pure di razzi e bengala è maestro cinese, sente il bisogno di puntualizzare: calma, signori pennivendoli, “troppa carne al fuoco, la scuola slitta”. Così racconta il Corriere il 29 agosto.

La scuola slitta scarroccia, rischia il testacoda. Ma si continua con acqua gelata come fossimo in un manicomio: “Per studenti e prof ora si cercano i fondi” avvisa il Corsera il 29. Gli fa eco La Stampa con la classica doccia scozzese: “Scuola, assunzioni congelate. Problemi con le coperture, rinviata la riforma. Oggi in Cdm nemmeno le linee guida”. Si va verso l’autunno. “Settembre, andiamo. È tempo di migrare”, ricorda il vecchio poeta, ma ci si può consolare, perché come saggi pastori, Renzi e Giannini, “rinnovato hanno verga d’Avellano” e se un razzo cadente avvisa che è tempo di verità - “niente assunzioni. Non basta 1 miliardo per stabilizzare i precari” - un razzo di speranza fa luce nel cielo e fa appello all’ ottimismo: “C’è un anno di tempo per rivoluzionare la scuola italiana, nei prossimi 12 mesi occorre ripensare come l’Italia investe nella buona scuola. Nel bilancio dello Stato metteremo più soldi sulla scuola e assumeremo 150 mila precari. A partire da gennaio i provvedimenti normativi, perché il 2015 sia l’anno in cui si inizia a fare sul serio”.

Faranno sul serio? Chissà. Finora ci hanno preso per i fondelli. 

 

Foto logo: Palazzo Chigi/Flickr




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