mercoledì 5 dicembre 2018 - Giovanni Graziano Manca

Scoperte: recensione del libro di Leonard Bernstein

Personalità tra le più eminenti della musica colta del ventesimo secolo, Leonard Bernstein è stato direttore d’orchestra, pianista e compositore tra l’altro di opere per il teatro famosissime come “On the town”, “West side story”, “Candide”, “The first born”, oltre che di numerosissime composizioni per orchestra, di musica corale religiosa, di musica da camera e per pianoforte solo.

 La sua discografia è sterminata: Bernstein affrontò il repertorio classico incidendo un numero vastissimo di dischi e interpretando la musica di molti autori, da Bach a Copland, Gershwin e Barber, da Cherubini a Debussy, da Haydn a Hindemith e a Penderecki. Tra i maggiori esegeti dell’opera di Gustav Mahler, valorizzò in particolar modo gli autori classici americani, mentre come autore seppe dare una maggiore impronta identitaria alla musica classica USA, da sempre appiattita su modelli europei. “Il Saggiatore” di Milano ha di recente pubblicato l’edizione italiana di “Findings”, raccolta di scritti bernsteiniani in origine pubblicati nel 1982. “Scoperte”, questo il titolo italiano dell’opera (472 pagg., 32 euro), è curato dal critico musicale Giovanni Gavazzeni e mostra di essere un libro in grado di svelare molto della grande personalità di Bernstein artista e uomo. I testi contenuti nel volume sono distribuiti in quattro ampie parti che riflettono i diversi periodi della vita del musicista:

La parte prima, “Juvenilia” raccoglie scritti del periodo 1935-1939, la seconda, “Meditazioni postbelliche”, scritti che risalgono agli anni 1946-1957, la terza, pezzi vari, risalenti agli anni in cui Bernstein diresse la New York Philarmonic Orchestra (1959-1967), la quarta e ultima parte (“L’ultima decade”) appunti, articoli, lettere composti negli anni che vanno dal 1969 al 1980. Di notevole interesse, nella parte prima, la tesi di laurea presentata per il conseguimento, presso l’Università di Harvard, della laurea con lode in discipline artistiche.

La quarta parte dell’importante documento (il cui titolo è “L’assimilazione di elementi razziali nella musica americana” ) indaga le influenze fondamentali esercitate dalla musica nera sulla musica americana. “Il più grande influsso razziale sulla musica americana nel suo insieme è stato quello dei negri.”, sostiene Bernstein, che poco dopo aggiunge: “Il jazz nel XX secolo è entrato nella mente e nello spirito dell’America; e se un americano è un creatore sensibile, il jazz sarà diventato parte integrale della sua tavolozza, che ne sia consapevole o meno.”

Non mancano, all’interno del volume, scritti dedicati a personaggi del mondo musicale come Stravinsky, Gershwin, Mahler, De Sabata (celebre direttore d’orchestra italiano e grande conoscitore dei repertori wagneriano e verdiano, quest’ultimo; guidò l’orchestra del Teatro Alla Scala di Milano tra il 1929 e il 1956), Copland, Koussevitzky, Nielsen, poesie e articoli di vario tenore nei quali il grande Maestro americano mette a nudo se stesso proponendo ricordi personali, memorie familiari e racconti di incontri straordinari. Ancora, Bernstein ripercorre alcuni dei momenti più importanti della sua lunga carriera di artista e commenta fatti di cronaca ed eventi cruciali della storia del Novecento. In chiusura di volume un catalogo delle principali composizioni musicali di Bernstein curato da Jack Gottlieb. 

 




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