mercoledì 13 marzo 2019 - UAAR - A ragion veduta

Scontri di genere in salsa ebraica

Si sa, il rapporto tra le donne e le religioni è sempre stato di amore e odio. Il principio delle pari opportunità tra i generi è troppo giovane per poter essere fatto proprio da culti che affondano le loro radici in un passato remoto, in società che sembra quasi riduttivo definite “patriarcali”, perché semplicemente non era solo questione di chi comanda ma proprio di distanza tra chi comanda, cioè l’uomo, e la donna, collocata a un livello che sta sotto l’uomo e sopra le specie non umane.

 Ciononostante le donne sono spesso le prime a lottare per la conservazione di questa gerarchia fortemente verticale, legittimando di fatto la loro stessa sottomissione. Ma le cose sono fortunatamente in graduale miglioramento, almeno in Occidente.

Proprio dal mondo occidentale trae linfa il movimento che rivendica il diritto per le donne ebraiche di praticare il culto alla pari degli uomini. O meglio, il diritto di poter almeno pregare al Muro del pianto, luogo sacro per gli ebrei ma monopolizzato dagli ortodossi, ovviamente maschi, che non ammettono deroghe sulla subalternità femminile. La questione sembrava essere stata risolta all’inizio del 2016, quando il governo di Netanyahu approvò l’istituzione di una zona mista affiancata alle due gestite dagli ultraortodossi.

In realtà quella zona non fu mai creata, tant’è che dopo un anno intervenne perfino la Corte Suprema israeliana per chiedere conto al governo dei ritardi nella sua attuazione. Ma il governo si trovava tra l’incudine e il martello; l’incudine era la destra interna che lo aveva votato e che premeva per mantenere lo status quo, il martello erano invece i movimenti riformati esteri, soprattutto statunitensi, che garantiscono a Israele soldi e appoggi politici e che pretendono maggiori aperture. Alla fine Netanyahu ha scelto l’incudine, rimangiandosi le promesse. Tuttavia il movimento “Women of the Wall” ha continuato ad andare periodicamente al Muro del pianto per pregare e attirarsi le ire degli ultraortodossi. Di tanto in tanto si è arrivati anche a scontri diretti, come nel maggio del 2013 e nel novembre del 2016.

Quest’anno si è avuta la concomitanza di più ricorrenze: il trentennale di Wotw, il primo giorno del mese ebraico in cui tradizionalmente le donne si riuniscono e la Giornata internazionale della donna. Così l’8 marzo scorso le donne di Wotw sono andate al Muro del pianto per pregare. Ma non è andata bene. Scontri tra uomini ultraortodossi e sostenitori di Wotw da una parte, e ovviamente scontri anche tra donne di Wotw e ultraortodosse, che pare siano state accuratamente fomentate dai loro maestri spirituali.

È triste vedere donne che si scagliano contro donne proprio nella giornata in cui tutto il mondo rivendica i loro diritti. È triste vedere donne che lottano per la perpetuazione di un sistema religioso maschiocentrico che le ritiene di rango inferiore. Ed è difficile comprendere le ragioni che portano molte donne a essere addirittura colonna portante di quel sistema religioso. Un femminismo su base religiosa, fondato su una reinterpretazione della dottrina di riferimento che finisce spesso per essere considerata eretica, non può che essere solo parziale, monco, dal momento che più o meno tutte le religioni operano una distinzione netta tra le prerogative dei generi. Almeno oggi e su questo pianeta. Poi si potrà anche sperare in un futuro diverso, ma da qui a ritenerlo possibile ce ne corre.

Massimo Maiurana

Foto: Simone Ramella/Flickr




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