lunedì 19 giugno 2017 - Clash City Workers

Sciopero trasporti e logistica: una giornata di unione che dobbiamo coltivare

Il trasporto locale di Roma, Firenze e Palermo completamente bloccato. Il porto di Napoli chiuso per tre ore, l’interporto di Bologna paralizzato per tutta la mattina. Alitalia che ha cancellato 170 voli. 

E poi tanti scioperi con altissime adesioni: alla TNT e SDA nel torinese, alla Barilla di Cremona, alla SDA di Genova e alla Ceva di Pavia, blocchi al polo logistico di Carpiano, scioperi e cortei a Padova, picchetti alla Alcar Uno di Modena dove ci sono state cariche molto pesanti per quella che sembra una vera e propria ripicca per la fresca scarcerazione di Aldo Milani, dopo la famosa montatura di qualche mese fa.

Una giornata che era già importante per il messaggio politico di unità che lanciava, con tante sigle del sindacalismo conflittuale (SiCobas, ADLCobas, Cub, Slai Cobas, SGB) che, finalmente, avevano deciso di convergere su questa data nel tentativo di saldare le lotte della logistica, del trasporto pubblico e privato e dei lavoratori Alitalia, a nemmeno due mesi dal coraggioso rifiuto dell’accordo-ricatto proposto da confederali e azienda. Saldare quindi le rivendicazioni dei facchini della logistica che vogliono rinnovare un CCNL migliore, basato sulla piattaforma proposta da Si Cobas e ADL Cobas, con i lavoratori del servizio di trasporto locale pubblico e privato contro le privatizzazioni, per nuove assunzioni, stipendi ed orari più adeguati, nuovi investimenti per sostituire mezzi fatiscenti ed insicuri, ed infine con le rivendicazioni dei lavoratori Alitalia che non vogliono rinunciare al loro lavoro, ma non sono per questo disposti ad accettare nuovi accordi al ribasso sulle loro condizioni.

Ma una giornata che, inutile nasconderlo, ha assunto un valore ancora maggiore per il risultato che si è ottenuto grazie a scioperi molto partecipati e azioni di grande determinazione, confermando che, quando gli obiettivi sono chiari, i lavoratori sono disposti a scioperare e lottare. Scioperi riusciti che ci confermano la strategicità del settore logistica e trasporti che non scopriamo certo oggi, ma che andrà valorizzata costruendo altri momenti perché il risultato di ieri ci dimostra che l’unità di questi lavoratori può avere effetti dirompenti.

Sui giornali e telegiornali, però, di tutto questo avrete sentito molto poco. Tutta la scena se la sono presa Renzi e Delrio con i loro deliranti tweet ed interviste. Renzi ha tirato fuori la solita storia dei “disagi arrecati ai cittadini da una minoranza” e il sempre verde “sciopero del venerdì”. Ora qui ci sfugge qualcosa: se a scioperare è una “esigua minoranza”, come mai il trasporto è rimasto paralizzato? Mistero, magari glielo chiediamo al prossimo #matteorisponde. Ma ancora più divertente è quella del “solito sciopero del venerdì per farsi il week end lungo”: vecchia storia, ma in questo caso è proprio dura da far passare perché molti autisti lavorano anche di sabato e domenica. Però bisogna anche scusarlo: chi si muove con l’auto blindata non può certo conoscere i dettagli del trasporto pubblico. Per questo la prossima volta sarebbe meglio dare la parola ai lavoratori, o anche ai pendolari e cittadini che potrebbero raccontargli i veri problemi dei trasporti che purtroppo ci fanno penare tutti i giorni e non solo durante gli scioperi: treni in perenne ritardo, biglietti sempre più cari, linee locali tagliate, scomparsa di servizi prima economicamente accessibili e funzionanti. 
Ma non è finita qui, Renzi rilancia anche sulla sua cara Firenze, affermando di aver privatizzato Ataf, ma che la gara è stata vinta da un soggetto pubblico, Busitalia, controllata di Trenitalia, e che quindi il servizio è migliorato. Ci sfugge di nuovo qualcosa: Renzi afferma di averla data in gestione ad un ente pubblico, ma allora perché privatizzarla? Perché introdurre un soggetto terzo con i suoi dirigenti, consulenti, presidenti, impiegati da remunerare? In realtà BusItalia, come Trenitalia d’altronde, è una Spa, che deve generare profitto, fare da passacarte (cioè appaltare lavori e pezzi di società ad amici di amici etc.), “gestire reti”, etc.. Lo sanno bene la maggioranza dei pendolari che vedono il servizio smaterializzarsi sotto i loro occhi, mentre viene finanziata solo la Tav, molto più profittevole (e molto meno accessibile a chi meno possiede). Lo sanno bene i fiorentini che vivono in periferia, che non trovano autobus di notte, ma spesso nemmeno di sera, che vivono in una città che non è una metropoli, ma è comunque invasa da un traffico infernale.

Subito dopo la sparata di Renzi, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio ha alzato la cornetta e convocato i giornalisti di fiducia: bisogna mettere le mani su una legge antisciopero, che ne limiti il diritto alle sigle maggiormente rappresentative, perché altrimenti si paralizza il paese per i “capricci” di qualche minoranza. Di nuovo il discorso sulla minoranza che blocca tutto. Ma forse una spiegazione a questo apparente paradosso esiste davvero: probabilmente tra la rappresentanza reale (che determina la riuscita degli scioperi) e la rappresentanza formale (che viene certificata dalle tessere e, nei progetti di Delrio e Renzi, diverrebbe la base per determinare quale sindacato possa indire uno sciopero) c’è una bella distanza. Lo vediamo bene nel settore della logistica dove molte sigle di “minoranza”, come il Si Cobas o l’ADL Cobas, interpretano in molte regioni e settori le istanze della maggioranza dei lavoratori, sono i sindacati più seguiti e più votati, ma non hanno la maggioranza delle tessere perché per questioni burocratiche, per presenza organizzata sul territorio, per i privilegi accordati ai confederali dalla controparte padronale e governativa, avere la tessera di CGIL-CISL-UIL conviene. D’altronde se in molte città lo sciopero ha funzionato, se non sono partiti aerei è perché l’adesione è stata alta, spesso maggioritaria, dunque parlare di “minoranze” non ha senso.

La verità è che Delrio (e Renzi) vorrebbero limitare un diritto di sciopero che in molti settori, tra cui proprio quello dei trasporti, è già fortemente limitato. Di più: lo vorrebbero blindare garantendone il diritto solo ai confederali nonostante, come ammette lo stesso Delrio, “ci sia una tendenza (dei lavoratori) a non identificarsi più nelle sigle ufficiali”. Per portare avanti questo progetto è pronto a riprendere in mano l’iter delle proposte di legge già redatte da Sacconi, Ichino e Damiano, tutta gente che ha molto a cuore la democrazia sui luoghi di lavoro ed il rispetto dei diritti dei lavoratori.

Tanto Renzi, quanto Delrio hanno poi cercato di scaricare la crisi di Alitalia sui lavoratori, rei di “aver scioperato proprio mentre Alitalia sta dando segnali di ripresa”. Siamo davvero all’assurdo: tutte le analisi hanno dimostrato che il costo del lavoro in Alitalia non è causa di una crisi che, invece, è stata provocata scientemente da più di un decennio di mala gestione, col solo scopo di provocarne la privatizzazione e di svenderla al miglior offerente. Questa mala gestione è stata addossata ai lavoratori, sottoposti un mese fa ad un referendum-ricatto: bisognava scegliere tra decurtazioni salariali, aumento della precarietà lavorativa, perdita di diritti, e lo spettro della disoccupazione. Nonostante la paura, i lavoratori hanno deciso di rifiutare il ricatto e rimandare indietro l’accordo siglato dai confederali. Lo hanno fatto ancora una volta a maggioranza, una maggioranza schiacciante. E ieri lo hanno ribadito con uno sciopero molto riuscito. Se Alitalia è così importante per rilanciare il turismo in Italia, allora sarebbe stato meglio non privatizzarla (o ri-nazionalizzarla adesso) e costruire un piano che prevedesse il rilancio della compagnia in un settore così strategico e garantisse occupazione e condizioni di lavoro dignitose a chi in questi anni ha sopportato tutto il peso della crisi. Ma d’altronde non è la prima volta che i ministri renziani si accorgono dell’importanza dei lavoratori per il settore del turismo (l’assemblea sindacale dei lavoratori di Pompei ve la ricordate?), salvo poi fregarsene allegramente quando quegli stessi lavoratori, a parole così strategici per l’economia nazionale, sono costretti a lavorare in condizioni così misere che non possono certo garantire un servizio di qualità.

Tutte queste cavolate ci hanno fatto pensare che abbiamo bisogno di un nostro tigì per far circolare un po' di informazione reale. Quindi eccovi il nostro resoconto della giornata. 

Ora, a scanso di equivoci, lo vogliamo dire con chiarezza: la situazione dei trasporti in Italia è disastrosa. Noi siamo assolutamente d’accordo con Renzi che vuole garantire la mobilità delle persone e Delrio che reclama “il diritto della mamma di muoversi e raggiungere suo figlio alla scuola materna”Ma questo è vero non soltanto per venerdì scorso, perché il nostro diritto alla mobilità ci è costantemente limitato non dagli scioperi, ma dai mezzi pubblici fatiscenti e vecchissimi che ci ritroviamo in praticamente in ogni città italiana ed in particolare nel meridione; dalle privatizzazioni totali o parziali che hanno reso le tariffe sempre più alte e non accessibili a tuttidalla soppressione di moltissimi treni regionali che facevano schifo, ma che almeno consentivano ai tanti pendolari di spostarsi in maniera 'economica' tra casa e lavoro; dalla soppressione dei treni notte a fine 2011 che ha reso complicatissima la vita a tantissimi emigranti che usavano quei treni per tornare dalle loro famiglie; dal blocco delle assunzioni nel pubblico impiego del 2009 che ha ridotto al minimo il numero degli autisti e di conseguenza anche il numero delle corse a disposizione dei cittadini; dal fatto che ancora oggi appena fuori dai centri cittadini muoverti senza auto è praticamente impossibile.

Se vogliamo garantire il diritto alla mobilità la soluzione ci pare piuttosto banale: internalizzare tutti i servizi legati al trasporto pubblico, dagli autisti ai meccanici passando per il servizio di pulizie; investire in mezzi nuovi (quelli sì, moderni!); assumere nuovo personale per evitare che le corse si reggano sugli straordinari (come accade ad esempio a Roma dove il 20% del servizio si basa sugli straordinari); migliorare le condizioni di lavoro nel settore perché queste sono la base per avere un servizio di maggior qualità per gli utenti; incentivare l'utilizzo dei mezzi pubblici attraverso la creazione di infrastrutture come, ad esempio, parcheggi gratuiti vicino alle stazioni principali; mantenere agevolazioni sulle tariffe per chi non ha reddito o ha un reddito basso; costruire linee di trasporto che colleghino la periferia al centro delle città non soltanto negli orari di lavoro ma anche nel restante tempo di vita. Così, secondo noi, si creano città moderne e 'a misura d'uomo' ripensando la mobilità come legata ai bisogni e non al tempo di utilizzo.

Se Renzi e Delrio se la sono tanto presa per il “venerdì nero dei trasporti”, certo non potranno avercela troppo con la CGIL che, dopo il golpe del governo sui voucher (referendum della CGIL cassato, abolizione dei voucher, reintroduzione dei voucher sotto forma di “Presto”), invece di lanciare il necessario sciopero generale contro questa farsa, si è limitata alla ininfluente manifestazione romana di sabato. Discreti numeri con decine di migliaia di persone in piazza anche se per lo più di apparato, direttivi e iscritti, ma ben poco coinvolgimento del resto della società. Una giornata che dimostra una debolezza che va molto al di là dei freddi numeri messi in piazza: una manifestazione debole nei contenuti, completamente schiacciata sulla questione dei voucher, quasi fossero l’unico problema dei lavoratori, rituale nella forma con comizio di venti miseri minuti della Camusso in una piazza in cui non era ancora giunto tutto il corteo. Dal palco, poi, debolissime, al limite della connivenza, le parole della Camusso contro le dichiarazioni anti-sciopero di Delrio e Renzi: “Penso che il tema non sia quello della legge e del diritto di sciopero che va salvaguardato. Il tema è che finalmente il governo si decida a fare la legge sulla rappresentanza". Come a dire: date a noi il monopolio dello sciopero che tanto non ci ricordiamo neanche più come si faccia.

Insomma non è tanto dalla CGIL di sabato che possiamo partire per abolire lo stato di cose presenti, piuttosto dalla conflittualità dello sciopero di trasporti e logistica di venerdì, in cui la convergenza di diversi lavoratori (logistica, trasporti, Alitalia) si è dimostrato fattore molto incisivo. D’altro canto, mancando sponde politiche credibili, molti passaggi saranno ancora necessari per evitare che la giornata resti un fenomeno isolato e per cercare di creare una reale unità che non sia solo un affiancarsi di lotte settoriali, ma che sia in grado di parlare a tutto il resto del mondo del lavoro (e del non lavoro) a partire dalle condizioni di settori, logistica e trasporti, che, insieme al commercio, hanno sperimentato in anteprima un degradamento delle condizioni (privatizzazioni, orari più flessibili, straordinari obbligatori, salari al palo, ambienti e mezzi poco sicuri, blocco delle assunzioni) che oggi sempre più sono estese ad ogni ambito lavorativo.




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