venerdì 23 novembre 2018 - Antonello Laiso

Sarminia, la leggenda della strega di Benevento

Benevento è stata nella credenza popolare sempre la capitale delle streghe, ln in quel territorio contadino e genuino dove le leggende e le tradizioni hanno un peso, le janare erano la specie piu feroce di quelle streghe.

Esse si riunivano sotto quel noce famoso ancora esistente ed in prossimità del fiume sabato per celebrare le loro malvagità notturne, tra quei falò accesi e quelle vittime sacrificali che spesso erano animali rubati nei campi dei contadini.

Nella provincia di Avellino poi al confine con quel Beneventano le streghe prendevono il nome di "maciare", che erano come le "janare" ma piu dispettose e più adatte a quelle malocchiature che portavano a situazioni negative in particolar modo in amore. Infatti esistevano quelle neutrallizatrici, tra le donne anziane, di quegli effetti malefici delle maciare.

Era uso comune quando si rompevano fidanzamenti o matrimoni dire è stata "la maciara".

Si racconta che agli inizi del '900 in una zona di campagna abbastanza impervia, lì dove quegli alberi dominavano, vi era un rustico, una casa di campagna dove vivevano due sorelline Anna ed Alessia, la loro vita era scandita da quei ritmi caratteristici di quelle zone contadine, allo studio ed all'amore per quegli animali della loro stalla tra cui uno splendido pony.

Le sorelline erano abbastanza grandi da conoscere chi erano le janare, ne erano affascinate e nel contempo quel fascino superava quella forte paura, più volte avevano chiesto alla madre ed ai contadini delle terre attigue di avere spiegazioni su quelle credenze su quelle streghe, su cosa facevano, sulle,loro malvagità ed abitudini, quindi avevano appreso una buona parte di conoscenza di quelle credenze popolari che talvolta si catalizzano in quella realtà diventando un tutt'uno.

Un giorno quel pony scomparve dalla stalla e la disperazione delle due sorelline fu tanta, quel pony era diventato ormai per loro un compagno di giochi ed a nulla valsero le ricerche che furono fatte anche tra i compaesani in quelle campagne.

Allora decisero, pensando che fosse stato rapito dalle streghe, di recarsi la notte seguente all'albero di noce, all'insaputa dei genitori che erano tranquili sapendo che le ragazzine dormivano nella loro stanzetta.

 Cosi tra boschi e campagne la sera seguente s'incamminarono con due torce per farsi luce e per raggiungere il posto maledetto. Si recarono quindi alla foce di quel fiume ovvero, in prossimità di quell'albero di noce li dove la leggenda narra che avvenivano quei riti malefici, quei sabba delle streghe.

Il cammino fu notevole ma la perseveranza delle ragazzine fu premiata e quando incominciarono a vedere dei fuochi e sentire delle urla disumane capirono di essere vicine.

Giunsero quindi a poche decine di metri da quel sabba di malvagità in atto e nel mentre erano intente, nascoste tra gli alberi, a cercare dove fosse il loro pony, furono rapite da Sarminia.

Sarminia era quella più anziana, il suo aspetto incuteva timore finanche da lontano, quei capelli lunghissimi sporchi e impettinabili, quegli occhi che parevano due fiamme accese e quello sguardo cattivo di malvagità fatte, e da fare.

Furono così imprigionate in una gabbia, nel mentre le altre streghe decidevano cosa fare di quelle prede, di sicuro sarebbero state sacrificate la notte seguente in uno di quei sabba infernali sotto quell'albero di noce.

All'alba, le streghe, però, si dovevano ritirare lontano da quella luce, infatti le streghe non potevano vivere alla luce diurna, uscivano solo di notte. Usanza nota era in quei tempi di mettere fuori l'uscio di casa un scopa di baggina ovvero intrecciata di fili di paglia ed un sacchetto di sale a piccolissimi granuli, affinché nel perdere tempo a contare questi, ovvero i granuli ed i fili di paglia, le streghe all'avvicinarsi della luce del giorno scappassero via.

Quando il giorno dopo iniziò a calare l'oscurità, le ragazzine prigioniere erano ben consapevoli di quanto, da lì a poco, sarebbe avvenuto. Con molta difficoltà ed astuzia riuscirono ad aprire quella gabbia che le impriggionava con una forcina che portavano sempre nei loro capelli lunghi, e finalmente riuscirono a scappare.

Quando le janare si accorsero che erano fuggite, le loro urla furono terrificanti, si oscurarono le stelle nel cielo che sovrastava quelle campagne, i lupi iniziarono ad ululare, il cielo si trasformò all'improvviso in un covo di lampi, anche gli uccelli notturni presero il volo da quei luoghi.

Era l'ira delle janare l'ira per la fuga delle due prigioniere. Le urla si ascoltavano anche quando queste erano ormai lontane:

unguento unguento,

siam le streghe di benevento,

supra acqua e supra vento e supra omne maltempo,

vi verremo a prendereeeeeeeeee

domani notte verremo alla vostra abitazione

Si sentì così rimbombare in quell'oscurità e tra quegli alberi che parevano terrificati anche loro, in quelle foglie e quei rami immobili nonostante il forte vento.

Appena arrivarono a casa, le sorelline distrutte, si tuffarono nel letto e senza dormire per la paura incominciaro a studiare un piano diabolico. Prima dell'imbrunire del nuovo giorno, quando era stato profetizzato che sarebbero arrivate le janare a riprenderle, decisero di sistemare fuori all'uscio di casa due scope di baggina e due sacchetti grossi di sale a granuli piccoli.

Al mattino, finalmente col sole, senza aver dormito tutta la notte per la paura, uscirono di casa e trovarono davanti alla porta d'ingresso una quantità notevole di cenere ancora fumante.

Le streghe avevano perso moltissimo tempo a contare i fili di quelle scope ed i granuli di quei sacchetti di sale messi lì per ingannarle, e senza accorgersi del sorgere di quella luce del giorno mortale per loro, finirono incenerite.

Si racconta ancora che da quella cenere seminata in quella terra vennero fuori dieci arbusti fortemente spinosi, mai tolti che mai più sono morti e dopo centinaia di anni sono ancora presenti.

Ma questo..., è un sogno fatto, una leggenda o realtaà? 

 




Lasciare un commento